Von der Leyen oscura il Regolamento di Dublino
Aggiornamento: 16 mar 2023
di Davide Rigallo
Sulla politica migratoria, il discorso pronunciato ieri al Parlamento europeo dalla Presidente Ursula von der Leyen per la fiducia alla sua Commissione è significativo più per quanto non dice che per quanto afferma. L’assenza di riferimenti alla riforma del Regolamento di Dublino e l’enfasi messa sul rafforzamento delle frontiere esterne per il buon funzionamento del sistema Schengen suonano come spie di un indirizzo che si è rafforzato sotterraneamente nei mesi intercorsi tra la sua designazione a Presidente e il momento della fiducia alla sua squadra. Mesi che hanno visto emergere tutte le difficoltà nella formazione dell’esecutivo, complici crisi di governo nazionali (quella italiana), designazioni poco felici (quella di Sylvie Goulard, poi respinta dal Parlamento europeo il 10 ottobre), scelte di compromesso, più che di mediazione, per la gestione di aree chiave per la politica europea. Non è un caso che due aree fondamentali e “divisive” per la politica dell’Ue, come quella economica e quella migratoria, siano state ripartite tra Commissari di diversa famiglia politica: la prima tra Valdis Dombrovskis, conservatore, e Paolo Gentiloni, PSE; la seconda tra l’ex portavoce di Juncker Margaritis Schinas, PPE, e la socialdemocratica Ylva Johansson. Scelte che, a prima vista, rimandano a logiche di “equilibrio”, necessarie per la stessa esistenza della Commissione alla luce dei numeri dell’Eurocamera, ma che, a una più approfondita considerazione, si traducono in un quadro di valori sostanzialmente conservatori, con concessioni – indotte e limitate – a particolari politiche progressiste.
Nel 17 pagine del discorso di Ursula von der Leyen troviamo riferimenti a strategie variamente riconducibili all’area progressista (il Green Deal, il progetto di salario minimo equo per i lavoratori dell’Unione, la parità tra uomini e donne a tutti i livelli), accanto a forti riferimenti identitari e valoriali, come quelli della difesa dei valori europei o della sicurezza nella politica interna e estera. Una tensione dialettica tra opposti che non sappiamo ancora quali risultati potrà effettivamente dare, ma che induce a sospettare una subordinazione delle politiche progressiste a quelle delle forze conservatrici. In questo senso, la politica migratoria europea sarà uno dei banchi di prova decisivi.
Le omissioni sulla politica migratoria del discorso di ieri segnano uno scarto evidente rispetto alle priorità affermate a luglio, dove la riforma di Dublino figurava ai primi posti. Se è presto per parlare di un cambiamento, di sicuro sembra di intravvedere una propensione verso le strategie sostenute dalle forze più conservatrici della maggioranza, comprese quelle che ammettono venature nazionaliste (pensiamo a Orban). Dobbiamo rafforzare le frontiere esterne per poter tornare a uno spazio Schengen di libera circolazione pienamente funzionante, ha dichiarato la Presidente von der Leyen, mettendo in evidenza il punto vero su cui si gioca la partita migratoria. Accoglienza, integrazione, cittadinanza non hanno invece praticamente trovato spazio nella lettura del programma. Un’espunzione che non risponde soltanto alla volontà di togliere dal piatto argomenti ritenuti divisivi, ma sa di vera e propria scelta di campo. Una scelta di campo che dovrebbe mettere alla prova le forze progressiste del Parlamento europeo e interrogarle seriamente, dopo la fiducia accordata ieri, sulla loro compatibilità con questo orientamento politico della Commissione.
(1) Il testo integrale del discorso è consultabile al link
https://ec.europa.eu/italy/sites/italy/files/img/news/discorso_al_parlamento_europeo_di_ursula_von_der_leyen.pdf?fbclid=IwAR3knFqF5a1v5DZb_ZoUFOtzVE8RSEerV47-CznE5IR0wh9lGXQ9dnsHdtk
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