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Vita e morte a Montecassino Croci polacche sul colle 593

Aggiornamento: 26 ago

di Vice



[...] Papaveri rossi a Montecassino.

Invece della rugiada bevvero sangue polacco.

Su quei papaveri avanzava il soldato e periva.

Ma l'ira era più forte della morte.

Passeranno gli anni, i secoli svaniranno.

Resteranno le tracce dei giorni passati.

E solo i papaveri a Montecassino

saranno più rossi perché cresceranno dal sangue polacco.[1]



Nel Museo Memoriale del 2° Corpo d'Armata Polacco di Montecassino la storia precede quello che fu il sacrificio di molti, giovani e meno giovani caduti in battaglia in nome del proprio popolo schiacciato dalla furia nazista. Una mostra permanente racconta, infatti, l'odissea dei combattenti polacchi per assicurarsi accanto alle truppe angloamericane un posto dignitoso nella Seconda guerra mondiale: non soltanto sconfitti, dopo l'invasione del 1° settembre 1939. Fu così che il 1° settembre del 1945, settantanove anni fa, il cimitero che raccoglie le spoglie dei 1052 soldati polacchi caduti per la conquista di Montecassino nel maggio del 1944, fu consacrato e aperto alla memoria.[2]

L'estate diventa propizia per il ricordo, anche se la canicola e il sole a picco mette a dura prova. Una gentile signora accoglie i visitatori nella stanza circolare che da piccole grandi cose - nastrini, divise, elmetti, armi, immagini fotografiche e non inserite nelle teche - riflette l'enorme sacrificio attraverso cui passa una gamma straordinaria di sentimenti dell'identità nazionale polacca dal conflitto bellico alla caduta del Muro di Berlino nel 1989.

L'essere polacco nella Seconda guerra mondiale e l'essere polacco oggi assume così una duplice valenza che si ricompone nella salita verso Montecassino, nel ricordo del terribile e glorioso evento bellico. Ed è un qualcosa che per i cittadini polacchi abbraccia ben più della battaglia stessa, perché se con la memoria da un lato ci si immerge nel riscatto di nazione, si riemerge dall'altro nella libertà individuale, guardando alle deportazioni in Siberia da cui paradossalmente prese le mosse negli anni Quaranta la formazione dell'esercito polacco al comando del generale Anders.

Le croci dei combattenti polacchi si incontrano al fondo di un lungo viale che conduce a una grande terrazza semicircolare, al centro della quale è disegnata in pietra scura la croce della Virtuti Militari, la più alta decorazione militare polacca, la cui iscrizione recita in polacco: Przechodniu Powiedz Polsce Zesmy Polegli Wierni W Jei Sluzbie (Passante dì alla Polonia che siamo caduti fedeli al suo servizio). Disposte su dieci terrazzamenti, le tombe hanno incisi il nome del reparto d'appartenenza e le date di nascita e di morte. Tra essi, tanti giovani, uno non ancora diciottenne.

Allineate su due file, sull'ala destra del mausoleo che guarda l'obelisco che sorge sul monte "593", diciotto stelle di David accolgono le spoglie di altrettanti militari polacchi di origine ebraica. Insieme con i suoi uomini, riposa anche il generale Wladyslaw Albert Anders, morto in esilio a Londra, le cui ceneri sono custodite dal 23 maggio del 1970. Ma la memoria delle battaglie di Monte Cassino non è liscia come i marmi che risplendono nella Valle della Morte che ospita il cimitero, luogo d'ascolto tra l'abbazia e il colle 593, come è indicato dalle guide, in cui l'anelito di pace si confonde nella complessità della vita.

Qui nell'inverno del 1944 "uomini contro" si avvitarono in uno degli scontri più sanguinosi della II guerra mondiale. L'area di Cassino, con il monte dell'Abbazia, costituiva uno dei capisaldi dalla Linea Gustav, che si estendeva dal mar Tirreno al mar Adriatico, su cui si imperniava la strategia del maresciallo tedesco Kesselring per frenare l'avanzata anglo-americana, con cui combatteva anche il I Raggruppamento motorizzato italiano del ricostituito Regio Esercito che si comportò con onore nel dicembre del 1943 nel primo scontro in cui fu impegnato con la V Armata del generale americano Clark, la battaglia di Monte Lungo, nel Casertano. Ma da gennaio a maggio 1944, la Wermacht, per nulla rassegnata alla sconfitta e comandata da abili ed esperti ufficiali, inchiodò le divisioni alleate, rafforzate da truppe indiane e neozelandesi, e inferse loro perdite elevatissime; imprecisato fu il numero di vittime tra la popolazione civile.

Le truppe alleate erano andate all'attacco di Cassino nell'ultima decade di gennaio per sostenere lo sbarco ad Anzio, che nelle sue prime fasi aveva sorpreso il fedmaresciallo tedesco Kesselring. Ma l'attacco si rivelò infruttuoso, mentre il contrattacco tedesco sulla costa di Anzio sfruttava le incertezze dei comandi alleati. Nelle sue memorie, il primo ministro britannico, dà una versione dei preparativi per bombardare la secolare Abbazia quasi edulcorata: "Il comandante d'armata, generale Mark Clark (americano ndr), chiese a malincuore (e ottenne) il permesso di bombardare l'Abbazia al generale Alexander (britannico ndr), che accettò di assumersi tale responsabilità. [...] Furono lasciate cadere sull'Abbazia oltre 450 tonnellate di bombe... [ma] il risultato non fu quello sperato".

Intanto, cominciava l'offensiva sulla città di Cassino, respinto dai mezzi corazzati tedeschi con il concorso del maltempo, il fango della "winter line" che le truppe americane scoprono con grande stupore. Un mese dopo, il 15 marzo, si consumava la terza battaglia di Cassino, con epicentro la città, su cui venne riversata una valanga di bombe (mille tonnellate) e di proiettili (1200 tonnellate) che la trasformarono in un ammasso di macerie, funzionale però alla capacità di resistenza e di combattimento del nemico, della 1a divisione tedesca di paracadutisti, "la migliore unità di tutto l'esercito germanico", secondo Churchill. L'Abbazia ne uscì distrutta.

Cassino cade il 18 maggio, epilogo della quarta battaglia che vede protagonista la V Divisione di fanteria polacca "Kresova" del 2° Corpo d'armata polacco, inquadrato nell'Ottava armata britannica. Devastazione e rovine è tutto ciò che resta della città e del monastero benedettino. La sera di due giorni prima, gli ufficiali del 16° battaglione della V Divisione avevano dato l'ordine di assalto per conquistare la Cresta del Fantasma e nelle ore successive Colle Sant'Angelo, mentre la 2a Brigata Fucilieri dei Carpazi aveva come obiettivo quota 593 (Monte Calvario) e Masseria Albaneta.

Ma l'insieme degli obiettivi era un unicum di carattere politico e morale, di cui il generale Anders era fiero ambasciatore e portavoce: il riscatto dell’intera Polonia alla mercè della Germania. E furono proprio i polacchi a issare su Montecassino la loro bandiera, mentre i tedeschi operavano i primi sganciamenti verso nord. La strada verso Roma, che sarebbe stata liberata il 4 giugno, era spianata.





Note

Czerwone maki na Monte Cassino (Papaveri rossi su Montecassino) è una delle più note canzoni di guerra polacche. Venne composta nel maggio 1944 in Italia, durante la battaglia di Montecassino. La melodia della canzone fu composta sulle pendici di Montecassino nella notte tra il 17 e il 18 maggio 1944 da Alfred Schütz, compositore, attore e membro del Teatro militare polacco di stanza a Campobasso all'ombra di Monte Cassino. Le due strofe iniziali furono scritte all'epoca da Feliks Konarski (noto con lo pseudonimo di "Ref-Ren", cioè refrain), poeta, cantautore e soldato del Secondo corpo polacco comandato dal maggiore generale Władysław Anders. La terza strofa venne scritta pochi giorni dopo. Riguardo al terzo verso della canzone, Konarski scrisse nelle sue memorie: "La prima volta che abbiamo cantato i Papaveri rossi su Monte Cassino, abbiamo pianto tutti. I soldati hanno pianto con noi. I papaveri rossi, che sbocciavano nella notte, divennero un altro simbolo di coraggio e sacrificio, un tributo ai vivi, che per amore della libertà morirono per la libertà delle persone." La quarta e ultima strofa venne scritta un quarto di secolo dopo, nel 1969, per commemorare il 25º anniversario della battaglia di Montecassino. Per tale motivo, quest'ultima strofa è la meno conosciuta e talvolta viene omessa. In Czerwone maki na Monte Cassino - Wikipedia


[2] Il cimitero militare polacco è uno dei quattro esistenti nel nostro Paese, insieme con quello di Bologna, che ha dato sepoltura a 1432 caduti, Loreto in provincia di Ancona (1081 caduti) e Casamassima in provincia di Bari, il primo ad aver accolto le salme di 429 soldati polacchi morti in Italia.







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