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Ivano Barbiero

Viaggio nell'Italia insolita e misteriosa

"La Ninna", prima clinica europea dei ricci: ovvero, quando l’amore può fare tutto

 

di Ivano Barbiero


Anno nuovo, mete nuove per il nostro instancabile viaggiatore. Ma ciò che più conta per Ivano Barbiero è porsi sempre alla ricerca di luoghi e sentieri con cui conquistare la curiosità dei suoi e nostri lettori.[1]

Ed oggi si riparte dal Piemonte, dalla provincia Granda, dal paese di Novello, meno di mille anime nel cuore delle Langhe, noto nel mondo per la sua produzione di vini pregiati, dal Barolo al Dolcetto e Barbera.

Ma non è di vini o vendemmie che ci parlerà Barbiero, bensì di piccoli e dolcissimi animaletti, i ricci. E non fatevi scappare le solite allusioni...


”Salvate un riccio, salverete il pianeta”. È una frase che può apparire utopistica, se non fosse che, chi la pronuncia ha un credo e una profonda convinzione in ciò che afferma che lo porterebbe addirittura a smuovere le montagne. È in effetti, chi fa questa affermazione è Massimo Vacchetta, medico veterinario fossanese di 57 anni; nel 2014 ha aperto a Novello, nel Cuneese, in una dimora settecentesca arroccata su un antico bastione, il primo Centro di Recupero Ricci, intitolato “La Ninna”, un ricovero e ambulatorio che col passare degli anni è diventata anche la prima clinica europea per la cura, il recupero e la tutela di questi animaletti dal corpo rotondo e compatto, ricoperto da aculei, che sono in realtà peli modificati.

Gli aculei servono come difesa contro i predatori, ma non sono velenosi. Quando si sentono minacciati, si arrotolano su sé stessi, creando una sfera. Questa strategia di difesa è molto efficace contro i carnivori come cani, gatti e volpi.

Animali buffi e simpatici che creano immediata simpatia, così come la storia di questo medico che ha dell’incredibile, ma è assolutamente reale. Basti dire che il primo libro che Massimo ha scritto assieme ad Antonella Tomaselli sul suo incontro con un piccolo insettivoro, chiamato la Ninna, (“15 grammi di felicità”, edito da Sperling & Kupfer) ha venduto più di 200mila copie ed è stato tradotto in 15 lingue. Sono seguiti altri libri: “Cuore di riccio”, “Qualcosa di bello” e il libro per ragazzi “Ninna. Il piccolo riccio con un grande cuore”, che ha ottenuto il primo premio al concorso letterario “Scelto da noi”. Un successo analogo dovrebbe ripetersi ora con il suo ultimo volume, “75 grammi di felicità. Come un grande veterinario può salvarti la vita!”, storia a fumetti editata dalle edizioni Il Pennino, uscita da soli due mesi e scritta stavolta assieme alla disegnatrice Roberta Morucci.

In questo caso la vicenda viene vista con gli occhi del piccolo riccio. Il volume ha in anteprima un disegno di Bruno Bozzetto e una dedica a tutto tondo di Brian May, leggendario chitarrista dei Queen, altro grande appassionato dei ricci, poiché nella sua tenuta, ubicata nella Contea del Surrey inglese, ha fondato il rifugio “Amazing Grace” che cura e reinserisce in natura questi animaletti in difficoltà. E non è tutto, anche l’attrice francese Brigitte Bardot, altra animalista convinta, ha inviato in questi giorni a Massimo Vacchetta una lettera di plauso per questa nuova pubblicazione, incoraggiandolo nella sua opera di salvezza di questi mammiferi che sono a rischio di estinzione.





Come è stato possibile che un piccolo riccio Le abbia cambiato la vita?

“Lavoravo nel settore degli animali da reddito - spiega Vacchetta - ma non ero soddisfatto, così ho deciso di abbandonare la precedente redditiva occupazione per dedicarmi completamente nella mia missione a fianco di queste creature piccole e indifese. Grazie alla collaborazione con Remigio Luciano, un uomo straordinario che ha dedicato tutta la sua vita al soccorso della fauna selvatica, ho cominciato a fare pratica presso il suo studio, sinché un giorno mi ha affidato il suo centro medico perché doveva andare in ferie. Ed è stato in quel periodo, intorno al 2014, che c’è stato il mio incontro con la Ninna, una riccia cucciola malata. Quando penso a lei capisco che non è mai andata via, mi è rimasta nel cuore e ovunque ora sia la sento sempre dentro di me. L’anno che abbiamo trascorso insieme è stato davvero uno dei tempi più significativi e felici della mia esistenza. Mi ha fatto provare sentimenti ed emozioni che fino a quel momento non avevo mai provato. Mi ha risollevato da una lunga paralisi dell’anima, mi ha restituito alla vita”.

Così è nato il Centro di Recupero Ricci La Ninna e in breve tempo la casa del medico veterinario si è trasformata nel rifugio e nella salvezza di molti di questi animaletti in difficoltà. Contrariamente ad ogni aspettativa, il primo anno sono stati recuperati più di quaranta esemplari, spingendo Massimo Vacchetta a ristrutturare due stanze per accoglierli. L’anno successivo il numero dei recuperi è raddoppiato, portando il veterinario a cercare sostegno economico e volontari. Per condividere la sua avventura, Massimo ha scritto il libro intitolato “25 grammi di felicità”, utilizzando allo stesso tempo i social media e ottenendo in breve un sorprendente successo. Questa notorietà non solo gli ha portato aiuti, ma anche un incremento dei casi da trattare. Di conseguenza ha deciso di ristrutturare il magazzino e la vecchia stalla al pianterreno della sua proprietà, trasformando la sua casa in un ambulatorio a tutti gli effetti. Negli anni successivi il centro si è dotato delle attrezzature necessarie per la diagnosi, tra cui un ecografo e un apparecchio radiologico digitale, un microscopio. Sono stati inoltre allestiti un tavolo operatorio ergonomico e un erogatore per anestesia gassosa, mentre il personale stipendiato è aumentato a quattro unità.

Nel 2021 un documentario intitolato “Il soccorritore dei ricci in Piemonte”, girato presso la clinica di Massimo da Arte TV, la televisione nazionale tedesca, ha vinto il prestigioso Nature Film Festival, conferendo alla sua missione un respiro internazionale. Volontari da tutta Europa hanno iniziato confluire al Centro, grazie anche alla traduzione del suo libro, e con un grande concerto di beneficenza, nel 2022, il veterinario ed i suoi collaboratori sono riusciti a raccogliere i fondi necessari per acquistare tre apparecchiature per gli esami del sangue, permettendo alla clinica di compiere un significativo passo avanti nelle capacità diagnostiche, portando a sette, i dipendenti stipendiati. La Ninna si avvia quindi a diventare un vero e proprio ospedale specializzato nello studio delle patologie dei ricci e nella ricerca di nuove cure.

Nel 2023 è nata una collaborazione tra il Centro e il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino, finalizzata allo studio delle cause di mortalità dei ricci, correlate alla crisi ambientale e climatica. In breve tempo altri cinque atenei, tra cui uno svizzero e uno olandese, hanno aderito al progetto, rivelando un forte interesse da parte dei ricercatori.

Attualmente nella clinica ci sono otto incubatrici e altre se ne attendono mentre gli “ospiti” in cura sono più di trecento, ognuno in una propria gabbia, perché i ricci sono animali solitari per natura e notturni, non formano gruppi e cercano altri simili solo quando si tratta di riprodursi.

L’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali da parte dell’uomo - dice ancora Vacchetta - sta conducendo i ricci e molte altre specie selvatiche verso l’estinzione. Attualmente il dieci per cento del territorio italiano è cementificato. La biodiversità è un bene essenziale per gli ecosistemi che supportano la sopravvivenza stessa della razza umana. Per questo motivo, il riccio può considerarsi una vera sentinella dello stato di salute dell’ambiente”. 

È dunque importante mettere a disposizione della scienza i dati raccolti dal suo centro che in dieci anni di attività ha ospitato oltre tremila esemplari con una media di oltre quattrocento animali curati e ricollocati in natura, ogni anno.

Non basta ancora: Massimo Vacchetta ha in mente di cercare centomila famiglie in Italia che abbiano ville o appezzamenti di terreno idonei per dare loro tre quattro esemplari di ricci salvati da morte certa e reimmetterli così nel loro habitat ideale, prati, cespugli e piccoli boschi. Questi luoghi di transizione dovranno avere acqua, cibo, foglie; gli animali saranno portati dapprima dentro delle gabbiette che verranno aperte per farli ambientare e successivamente potranno tornare in piena libertà. C’è da giurare che anche stavolta il veterinario piemontese riuscirà nel suo intento. Chi si sente di aderire può inviare una mail al seguente indirizzo: maxvacchetta@live.it

Nel frattempo, è uno spettacolo osservare con quanto amore, lui e i suoi dipendenti, collaboratori e volontari, si prendono cura dei ricci. Ognuno di questi esemplari ha un nome proprio (Paloma, Alexa, Tails, Bastianino, Nepal, George, Monet, Salomon, Sinner, Mina, Piero), ma le “coccole”, chiamiamole così, sono riservate solo a quelli che non potranno tornare in libertà, perché malati o con handicap gravi agli arti, al muso o altre parti del corpo.

Si addomesticano - dice Vacchetta - ma è meglio non cambiare le loro abitudini perché una volta rimessi in libertà potrebbero avere problemi di ambientamento e sopravvivenza. non pensate di trattare un riccio come fosse un animale da compagnia, sono animali selvatici, non potete trattenerli o confinarli nel vostro giardino, lasciate che vivano liberi. Sono onnivori e si nutrono principalmente di insetti come coleotteri, scarafaggi, lombrichi e altri invertebrati. Tuttavia, non disdegnano anche frutta, bacche, funghi e piccoli vertebrati. In caso di necessità, i ricci possono mangiare anche uova di uccelli o piccoli mammiferi.

Tantissimi ricci che ci portano, non solo dal Piemonte, risultano avvelenati per colpa dei pesticidi, erbicidi, colle o veleni per i topi o preparati per uccidere le lumache, oppure sono rimasti vittime di decespugliatori o travolti dalle auto. Non abbandonate plastica o lattine in giro, si possono trasformare per i ricci in trappole mortali. Non toccate mai il nido di un riccio, se vi capita di scoprirne uno, soprattutto se si tratta di una mamma con i piccoli. Se la spaventate o prendete in mano uno dei cuccioli, trasmettendo il vostro odore, potrebbe fuggire o abbandonarli. Ci sono poi i problemi legati al letargo, o non ci vanno proprio oppure si risvegliano in pieno inverno”.

I ricci di terra vanno in letargo durante i mesi più freddi, da novembre fino a marzo. La temperatura corporea si abbassa e il loro metabolismo rallenta notevolmente, consentendo loro di sopravvivere senza mangiare per lunghi periodi. Prima di entrare in letargo si nutrono abbondantemente per accumulare riserve di grasso.  Se il letargo è interrotto e se l’animale non ha accumulato abbastanza riserve può diventare vulnerabile fino alla morte. Diverse organizzazioni e studi scientifici hanno sollevato preoccupazioni riguardo la loro conservazione, a causa dei vari fattori che minacciano la loro sopravvivenza. L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (una delle organizzazioni internazionali leader nella conservazione della biodiversità), ha classificato il riccio di terra come “vulnerabile” nella sua Lista Rossa delle specie minacciate. Questo significa che è un animale a rischio di estinzione a causa di fattori come la perdita dell'habitat, l'inquinamento, le malattie e il traffico stradale.


Note

https://www.laportadivetro.com/post/viaggio-nell-italia-insolita-e-misteriosa-24;

https://www.laportadivetro.com/post/viaggio-nell-italia-insolita-e-misteriosa-23;

https://www.laportadivetro.com/post/viaggio-nell-italia-insolita-e-misteriosa-21;


 

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