Viaggio nell'Italia insolita e misteriosa
Aggiornamento: 6 giorni fa
Il fascino dell’abbazia di Fossacesia e i messaggi di pietra scolpiti sul Portale della Luna
di Ivano Barbiero
Quarantesima tappa [1] di Ivano Barbiero, che da Parma, sede di "Mercanteinfiera", scende la penisola dal versante adriatico per entrare in una terra a lui molto cara, già oggetto di altre visite: l'Abruzzo. Oggi, il viaggiatore ci inoltra nei misteri di Fossacesia, in provincia di Chieti, seimila abitanti, apprezzata località balneare della Costa dei Trabocchi, come sottolineano le guide turistiche e, ciò che più conta per l'ambiente, dal 2004 Bandiera Blu. Ma non è del suo mare che ci parlerà Barbiero, perché la sua attenzione è tutta rivolta alla millenaria abbazia di San Giovanni in Venere in stile gotico romanico, dichiarata negli anni Ottanta del XIX secolo monumento nazionale, e ai suoi segreti che custodisce gelosamente... Tra l'altro, in epoca medioevale, ospitò personaggi illustri destinati a salire sul soglio di Pietro come Federico di Lorena, futuro cardinale e papa con il nome di Stefano IX, papa san Celestino V che vi emise la professione religiosa come oblato, l’abate Desiderio, eletto papa nel 1087 con il nome di Vittore III e Berardo da Pagliara, noto come Berardo da Teramo, eletto vescovo di Teramo nel 1116 e venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Una Stonehenge italiana? La potete trovare Fossacesia, in Abruzzo, nell’abbazia di San Giovanni in Venere, situata su una collina che guarda il mare e dichiarata sin dal 1881 monumento nazionale. Qui, sulla facciata principale, si può ammirare il Portale che ha una curiosa particolarità: durante il solstizio d’estate, la luce del sole al tramonto illumina il presbiterio e la cripta creando un effetto luminoso straordinario. Non si tratta dell’unica nota curiosa; tra le varie figure scolpite su questo millenario edificio sacro si nota anche la presenza del profeta Abacuc ed è collegata al suo ruolo simbolico nel cristianesimo medievale. Infatti, a quell’epoca i portali delle chiese erano progettati anche come strumenti didattici per insegnare le Scritture e i valori cristiani ai fedeli.
La raffigurazione di Abacuc avrebbe così ricordato ai visitatori i temi della misericordia e dell'intervento divino in aiuto dei giusti, valori fondamentali non solo per la comunità religiosa, che richiamavano i temi di fede, speranza e attesa delle redenzione. Secondo una leggenda narrata nel libro di Daniele, Abacuc fu miracolosamente trasportato da un angelo nella fossa dei leoni per portare cibo a Daniele. Questo gesto di carità divina è legato al concetto di provvidenza, altro valore molto caro ai monaci benedettini che vivevano allora nell'abbazia.
San Giovanni in Venere è un esempio straordinario di architettura romanica e gotica ed è un luogo ricco di storia e bellezza con affreschi suggestivi, un chiostro duecentesco, un altare barocco e un giardino incantevole nel vicino complesso monastico. Anche la posizione è molto panoramica: da questa collina a poco più di cento metri sul livello del mare si domina la costa dell’Adriatico con una visuale per diversi chilometri sia a nord che a sud.
Il riferimento alla dea Venere deriva invece da una tradizione che individua un tempio pagano sul luogo dell’attuale complesso. Un secondo riferimento a Venere deriva dal fatto che sotto l’abbazia si trova la cosiddetta fonte che porta il suo nome, una fontana romana che secondo una tradizione, sino a metà del Novecento, le donne che volevano concepire un figlio si recavano ad attingere l’acqua che sgorgava dalla fonte.
Sempre secondo la tradizione, il primo nucleo del monastero andrebbe ricercato in un cellario (piccolo ricovero) per frati benedettini, dotato di una cappella, fatto edificare da un certo frate Martino nel 543.
Questi avrebbe fatto demolire il tempio pagano, ormai abbandonato e fatiscente, compresa la statua di Venere, per costruirvi il cellario. La chiesa sarebbe stata intitolata dapprima a San Benedetto, e poi a San Giovanni Battista nell'XI secolo. Verso l’anno 1015 è documentata la prima espansione del monastero. I Conti di Chieti, Trasmondo I e Trasmondo II, fecero ampliare il cellario, trasformandolo in un'abbazia cassinese; donarono agli abati vasti terreni e diritti di pedaggio sul vicino Portus Veneri.
Se la Chiesa, benché spogliata di tele e sculture, è in gran parte simile a quella antica, il monastero attuale è solo una piccola parte di quello che doveva essere intorno al 1200. Nel periodo di maggior splendore la comunità benedettina era composta da un centinaio di monaci che si dedicavano alla preghiera, allo studio, all’insegnamento e al lavoro, aiutati in quest’ultimo compito dai conversi.
Era una struttura dotata di aule studio, laboratori, una grande biblioteca, un ricco archivio (i cui testi sono ora custoditi a Roma), locali per gli amanuensi, due chiostri, un forno, un ambulatorio, delle stalle, un ricovero per i pellegrini ed altro ancora. Nel suo massimo splendore l’abbazia possedeva terreni in Abruzzo, nelle Marche, nelle Puglie in Romagna e in Dalmazia ed era anche proprietaria di un’ottantina di castelli, un centinaio di chiese, delle saline alla foce del vicino fiume Sangro e di alcuni porti.
Tra i tanti illustri personaggi che vissero nell’abbazia, vengono ricordati Federico di Lorena, futuro cardinale e papa con il nome di Stefano IX, san Berardo, eletto vescovo di Teramo nel 1116, papa san Celestino V che vi emise la professione religiosa come oblato, l’abate Desiderio, eletto papa nel 1087 con il nome di Vittore III.
L’imponente portale della Luna o “degli Uomini”, del 1230, narra con le sue figure l’Infanzia e la prima maturità di san Giovanni Battista. Il rilievo è sovrastato da due pavoni che si abbeverano ad un’anfora. Seguono le sculture di Giovanni e i Farisei, l’Annuncio alla Vergine e la Visitazione, l’imposizione del nome e la circoncisione del Battista, l’Annuncio dell’Angelo a Zaccaria, mentre in basso è raffigurato Daniele nella fossa dei leoni con in alto Abacuc trasportato per i capelli da un angelo. Il profeta è realizzato secondo alcuni schemi dell’arte pagana: è al centro in atto di preghiera mentre due leoni sono posti lateralmente con i musi rivolti verso l’uomo. Da notare che i musi e le criniere sono molto arrotondate e presentano i tratti caratteristici di queste belve nell’arte romanica.
Secondo molti studiosi vi sarebbe una connessione tra i rilievi dell’abbazia e quelli presenti sulla facciata di San Zeno a Verona, dove il portale è stato affiancato da due ante figurate con una ricca decorazione plastica.
La cripta invece pare sia il rimasuglio dell’abbazia originaria mentre il più antico dei cinque affreschi sembra risalire al XII secolo. Dentro un’ellissi verticale è raffigurata l’immagine di Cristo che benedice con una mano e con l’altra regge il Vangelo. È affiancato da San Giovanni Battista sulla sinistra e san Benedetto alla sua destra. Ai suoi piedi si trova un monaco, Provenzanus. Sulla destra si vede ancora la figura della Vergine seduta col Bambino; ai piedi l’Arcangelo Michele e San Nicola di Bari. In basso si trova raffigurato anche il monaco Agostino.
San Giovanni in Venere era provvisto anche di un punto di difesa, il villaggio di Rocca San Giovanni, poco distante da Fossacesia, edificato proprio a guardia dell'abbazia. Alcune gallerie sotterranee hanno indotto a ipotizzare che, nei momenti di minaccia bellica per l'incolumità della comunità benedettina fossacesiana, vi fosse un percorso sotterraneo di almeno cinque chilometri che dall'abbazia portasse direttamente alla Rocca Però con i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, molte parti del cunicolo sono crollate.
Dal 1954, dopo ripetuti inviti del vescovo di Chieti, nell’abbazia si sono insediati i Padri Passionisti che hanno ricostruito dalle fondamenta la casa religiosa e restituito splendore e decoro all’intero complesso.
Note
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