Viaggio nell'Italia insolita e misteriosa.
Girolamo Segato, l'Indiana Jones di Belluno
di Ivano Barbiero
Diciottesima tappa nell'Italia "insolita e misteriosa" di Ivano Barbiero[1]. In questa puntata, il nostro instancabile viaggiatore spazia dal Veneto a Firenze e alle Piramidi, ma il racconto più che su luoghi si sofferma sulle vicende di un curioso ed estroverso personaggio del XIX secolo, per alcuni versi persino diabolico nella perseveranza con cui si avventura nel mistero: Girolamo Segato, eclettico scienziato e naturalista, preparatore anatomico, esploratore, geografo, egittologo, cartografo del XIX secolo.
Nella Basilica di Santa Croce, a Firenze, incuriosisce un piccolo sarcofago che ha un’iscrizione molto particolare: “Qui giace disfatto Girolamo Segato, che vedrebbesi intero pietrificato, se l’arte sua non periva con lui. Fu gloria insolita dell’umana sapienza, esempio di infelicità non insolito”. Questa iscrizione, abbastanza sibillina per i profani, racchiude l’essenza di un personaggio, che ha avuto una vita multiforme e travagliata, a cui forse fu negata maggior fama. Ma andiamo per ordine.
Le prime spedizioni in Egitto
Girolamo Segato è annoverato ormai tra i “Bellunesi illustri “. Nacque il 13 giugno 1792, terzo di tredici figli, nell'ex Certosa di San Marco, a Vedana (presso San Gottardo di Sospirolo, nella foto in basso) dove i suoi genitori, Benedetto e Giustina Lante di Belluno, conducevano un'azienda agricola per conto dei patrizi Erizzo, la famiglia nobile del luogo.
Sin da piccolo si dimostrò poco socievole e riflessivo, ma comunque vivace ed esuberante. A diretto contatto con la natura apprese i primi rudimenti di scienze dal parroco di Sospirolo, don Antonio Biagini. Dopo un breve periodo come contabile, a Treviso, tornò a studiare nel liceo di Belluno.
Nel 1818 iniziò a partecipare a diverse spedizioni archeologiche in Egitto dove cominciò a interessarsi alle tecniche di mummificazione.
La svolta alla sua vita, ed il termine del suo continuo girovagare alla ricerca di un lavoro stabile e duraturo, arrivò attraverso un giro di conoscenze ideali.
La sua fortuna fu quella di conoscere il triestino Annibale De Rossetti che in Egitto aveva vasti interessi commerciali, oltre al fatto di essere al Cairo, il console di Austria e Russia.
Così il 14 ottobre di quell’anno Segato salpò con destinazione Alessandria d’Egitto. Da quella città, risalendo il fiume Nilo, arrivò al Cairo dove De Rossetti gli fece gli onori di casa presentandogli anche un personaggio destinato a segnare la storia: Giovan Battista Belzoni. noto anche come Il Grande Belzoni. Costui era un esploratore, ingegnere e pioniere dell’archeologia, considerato una delle figure di primo piano dell’egittologia mondiale.
Fatta questa ulteriore conoscenza, lo scienziato e naturalista bellunese poté partecipare a diverse spedizioni, lavorando alla progettazione di canali, descrivendo molti degli antichi monumenti, redigendo diverse carte geografiche. Incuriosito dall’antica civiltà egiziana, Segato partecipò anche a diversi scavi archeologici.
Le cronache dell’epoca raccontano che si fece calare anche in un pozzo dentro la grande piramide a gradoni di Saqqara e ne riuscì dopo tre giorni completamente stremato. Fu inoltre il primo a farne un rilevamento completo. Da alcune fonti risulta che il museo egizio di Berlino fu fondato proprio con il materiale che Segato spedì in Germania nel 1821.
Come era abbastanza usuale tra i viaggiatori, il nostro Indiana Jones dell’epoca lasciò il suo nome graffito sui monumenti che visitò. Un esempio è sul tempio di Dundur, che attualmente è esposto al Metropolitan Museum di New York. Purtroppo, fu perduta la maggior parte del materiale scaturita dagli studi da lui intrapresi.
Pietrificatore per necessità
Sempre in quegli anni, Girolamo Segato si dedicò a diversi studi, potendo utilizzare come base il laboratorio farmaceutico di De Rossetti. Riuscì così a esaminare l’antico modo di realizzare i papiri e la composizione chimica dei colori dei dipinti murali del passato. Soprattutto fu affascinato dalla composizione chimica di alcuni cadaveri di uomini e animali trovati durante gli scavi; questi non erano mummificati, ma addirittura “pietrificati”.
Ammalatosi, nel 1823, fece ritorno in patria, dapprima a Livorno, poi a Firenze dove gli fu comunicato che tutto il suo materiale rimasto al Cairo (collezioni scientifiche e archeologiche, diario compreso) era andato distrutto in un incendio. Senza darsi per vinto con il materiale che aveva ancora a disposizione si dedicò ai lavori cartografici e alla loro pubblicazione, ma questa purtroppo, non fu un’esperienza redditizia. Decise allora di applicarsi allo studio sulla pietrificazione. Applicando il metodo scientifico e a forza di tentativi falliti riuscì a mettere a punto una tecnica particolare, in parte uguale alla mummificazione, ma alla fine diversa poiché consisteva in una metodologia impropriamente chiamata pietrificazione. Dopo tante prove ed estenuanti tentativi, Girolamo Segato era riuscito a ricreare il fenomeno che lo aveva sbalordito anni prima in Egitto. Un procedimento che consentiva di conservare i colori originali dei tessuti trattati, che mantenevano anche la loro consistenza ed elasticità. Fatto sbalorditivo: tutti i tessuti sono tuttora perfettamente conservati, capelli e terminazioni nervose incluse. Unica eccezione gli occhi, che per ovvie ragioni, sono stati sostituiti con delle sfere di vetro. Segato iniziò dapprima con insetti e piccoli animali, poi allargò gli esperimenti ai tessuti umani, aiutato dagli studenti dell’ospedale di Santa Maria Novella che gli procuravano i campioni. Si calcola che abbia lasciato in eredità più di 200 reperti mineralizzati.
Il ricercatore applicò il suo ritrovato a decine di preparati, soprattutto parti di anatomia umana. Ancora oggi presso l'Università degli studi di Firenze si possono trovare numerosi reperti pietrificati. La sua smania di sperimentazione lo spinse a volte oltre i limiti del buon senso comune.
Un esempio tra tutti è il tavolino da tè esposto al museo di Anatomia Patologica dell’Università di Firenze, dove oltre alle pregiate rifiniture e agli intarsi vi sono 200 parti anatomiche pietrificate e incastonate nel legno a formare una tarsia geometrica.
Anche presso la Reggia di Caserta, negli appartamenti storici, precisamente nella Sala dell’Estate, è esposto il piano di un tavolo che è stato realizzato con la stessa tecnica, incastrando numerosi reperti umani.
Invidie e maldicenze
Non fu sempre gloria la sua, anzi. Proprio per la sua stravaganza, nonostante l’ambiente scientifico guardasse a lui con ammirazione e rispetto, le persone comuni cominciarono a etichettarlo come un mitomane e uno stregone. Segato, infatti, venne ostacolato dalla società dell’epoca; si sparse addirittura la voce che avesse appreso le sue conoscenze dalla magia egiziana.
Per sua fortuna venne difeso da Papa Gregorio XVI, Mauro Cappellari, che era suo concittadino.
Si favoleggiava inoltre che l’egittologo bellunese avesse pietrificato addirittura il pene di Napoleone. Questo perché la salma dell’eroe corso fu trovata senza quella parte anatomica. La storia, vera, racconta invece che questa parte è custodita in uno scrigno da un cittadino americano residente nel New Jersey che l’ha ricevuta in eredità dal padre, un urologo che a sua volta lo aveva acquistato in un’asta a Parigi per 3mila dollari. Dopo la morte di Bonaparte il suo pene fu asportato e imbalsamato dal dottor Francois Carlo Antommarchi, francese di origini italiane, suo ultimo medico, che ne eseguì l’autopsia di fronte a 17 testimoni nel 1821.
Nonostante ciò, e a dispetto della gran fama acquisita dal Segato, il Granduca di Toscana, rifiutò di finanziare le sue ricerche. Il ricercatore veneto era andato da lui offrendogli un tavolo di carne pietrificata, sperando di ricevere aiuti economici per i suoi studi. Si dice che il Granduca rimase esterrefatto da quel dono, per certi versi anche macabro, e negò al Segato anche la possibilità di utilizzare i corpi dei cadaveri per i suoi successivi esperimenti di pietrificazione.
Un giorno il suo laboratorio fu oggetto di un ennesimo tentativo di scasso: la sua scoperta, è indubbio faceva gola a molti. Esasperato da questi continui tentativi di carpire il suo segreto, prese la decisione di distruggere tutti i suoi documenti.
Girolamo Segato morì in seguito a una polmonite, nel 1836, il 3 febbraio, a soli 44 anni, portandosi nella tomba i suoi segreti e la sua tecnica di pietrificazione che a tutt’oggi resta ancora un mistero. Quello che resta della sua opera, e che non è andato distrutto dopo l’alluvione del 1966, è conservato nel Museo del Dipartimento di Anatomia, Istologia e Medicina Legale dell’Università degli Studi di Firenze. Il Museo attualmente non è visitabile, ma c’è il sito con tutte le immagini degli esperimenti condotti da Segato.[2]
Presso il Liceo Galileo Galilei di Belluno, nella sezione scientifica distaccata del Museo Civico, è custodito tuttora altro materiale interessante, tra cui una testa mummificata di giovane donna, donato nel centenario della morte dai signori Andrea e Giacomo Segato.
Infine, alla Certosa di Vedana si trova una lapide collocata dal municipio di Belluno, nella ricorrenza del centenario, che lo ricorda come “uno dei più animosi investigatori delle antichità egiziane, cartografo, chimico, naturalista, contese alla corruzione i tessuti animali, contristato, non domo dell’avversa fortuna”.
Note
[1] In:
https://www.laportadivetro.com/post/viaggio-nell-italia-insolita-e-misteriosa https://www.laportadivetro.com/post/viaggio-nell-italia-insolita-e-misteriosa-2
La visione non è consigliabile alle persone sensibili.
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