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Fausto Fantò

Valore dell'hospice e principi del fine vita



di Fausto Fantò


Ogni giorno persone muoiono, sole, senza la vicinanza di una persona cara al proprio capezzale. E durante la pandemia da Covid-19, in tante, troppe occasioni, non si è potuto fare altrimenti, ma in qualunque caso non dovrebbe mai venire meno un gesto d'umanità per chi soffre. In questa direzione, una risposta arriva dagli hospice. Il primo in Piemonte fu realizzato nel gennaio del 1999 dall'Ordine Mauriziano (presidente Emilia Clara Bergoglio, direttore generale Gian Paolo Zanetta) all'ospedale di Lanzo Torinese. La struttura successivamente passata nel 2003 all'Asl 6 per le note vicende del commissariamento dell'Ordine (in Anna Paschero, Dal “Grande broglio” del Mauriziano al fallimento di una stagione politica https://www.laportadivetro.org/wp-content/uploads/2022/08/model_pas5-1.pdf; Vice, Caso Mauriziano: era tutto maledettamente vero



Il nuovo hospice del Cottolongo a Chieri



Da quel lontano 1999, la rete di assistenza si è sviluppata, ampliata di pari passo a una maggiore consapevolezza dei bisogni dei cittadini in rapporto al progressivo invecchiamento della popolazione. In questo contesto, domani 2 settembre, alla rete piemontese si aggiungerà l'Hospice Cottolengo di Chieri (nella foto in alto e in quelle inserite nell'articolo ). La struttura, che sorge in via Balbo 16, sarà inaugurata domani mattina alla presenza del vescovo di Torino monsignor Roberto Repole, del presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e di don Carmine Arice, Padre Generale della Piccola Casa della Divina Provvidenza.



Ma che cosa sono gli hospice, qual è la loro dimensione ottimale e a quale bisogno rispondono? Tendenzialmente gli hospice sono strutture sanitarie di piccole dimensioni (10-20 posti letto) caratterizzate da un’atmosfera familiare e comunitaria, volta a consentire interventi e ad offrire forme di assistenza continuativa difficilmente praticabili a soggetti cui è stato diagnosticato un periodo di vita estremamente limitato (pochi giorni). Tuttavia, l’hospice, come interpretato dalla cultura anglosassone dove è stato elaborato, non deve essere visto solo come luogo della “morte buona”, piuttosto come un luogo attrezzato e con personale preparato a offrire situazioni accettabili a chi versa in gravissime condizioni (in particolare ai malati terminali).


L'alternativa agli ospedali


La risposta offerta dall’hospice colma una lacuna degli ospedali, proiettati a risolvere problemi di salute in acuto e non sempre adeguati a gestire situazioni in cui il soggetto necessita quasi esclusivamente di cure palliative e di un qualificato supporto psicologico, sia per il malato, sia per i suoi familiari, costretti a vivere un’esperienza dolorosa e scioccante. Ultimo ma non meno importante, particolare attenzione va prestata agli operatori coinvolti che possono cadere facilmente nella sindrome di burn out.



Non di rado, infatti, gli operatori sanitari che vi prestano la loro opera (anche se sarebbe più corretto parlare di missione) vengono assaliti da frustrazione, stanchezza, difficoltà di resistere alla tensione, con inevitabile desiderio di fuga. A resistere sono pochi e tra questi molti sono religiosi che così adempiono in pieno al loro voto di servire il prossimo. Non deve quindi stupire che proprio dal Cottolengo nasca un’iniziativa di cui la nostra società ha un disperato bisogno.


Una riflessione sul fine vita


L’argomento non è piacevole, ma non lo si può evitare. Se all’uomo non è data la facoltà di scegliere il tipo di morte (tranne nel caso, eticamente inaccettabile, del suicidio), si possono individuare alcune forme di libertà concesse all’individuo su come avvicinarsi all'ultimo viaggio terrestre.



Da anni si parla del testamento biologico (Living Will) quale possibilità di manifestare le proprie volontà sulle cure che una persona dichiara di volere, qualora si ritrovi in una situazione in cui non sia più in grado d’intendere e di volere.

La logica del <i>living will</I> nasce da una serie di presupposti:

– ogni persona adulta ha un fondamentale diritto al controllo delle decisioni che riguardano la somministrazione delle cure mediche nei propri confronti;

– la moderna tecnologia medica ha reso possibile il prolungamento artificiale della vita umana oltre i limiti naturali e ciò potrebbe comportare la perdita di dignità;

– l’incertezza esistente in campo sia medico che giuridico su queste decisioni.

Detto questo, rimane un argomento delicato, che trascende anche le proprie convinzioni etiche, filosofiche, religiose, e non affidabile unicamente al piano legale o giuridico. Occorre avere consapevolezza che non tutte le situazioni possono essere previste in anticipo e una soluzione legale o burocratica appare quanto mai limitata.

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