Unione Europea: i primi 30 anni del Comitato delle Regioni
di Mercedes Bresso
Plenaria importante oggi, mercoledì 20 novembre, al Comitato delle Regioni, la più giovane delle istituzioni europee che ha celebrato infatti trent’anni. Per l’occasione a Bruxelles, tutti noi ex presidenti siamo stati invitati a un dibattito di riflessione sui progressi compiuti e sul futuro, insieme ai rappresentanti delle istituzioni più grandi (Metsola, Von der Leyen, Costa) venuti a riaffermare l’importanza della giovane istituzione per connettere meglio i cittadini e l’Europa.
Nato con il trattato di Maastricht, e figlio di un’idea di sviluppo europeo basata sulla regionalizzazione delle politiche e sulla cooperazione dei territori al di là delle frontiere, il Comitato europeo delle Regioni ha rapidamente acquisito un buon prestigio nei rapporti con la Commissione e il Parlamento e contribuito con forza a portare a Bruxelles i cittadini europei e i loro rappresentanti.
Fratello più giovane del Comitato Economico e sociale, che fornisce alle istituzioni europee i pareri sulla legislazione riguardante le imprese, il terzo settore e lavoratori, con il quale stabilisce, volta a volta, rapporti di competizione o di collaborazione, ha ben presto trovato un suo ruolo nella espressione di pareri (obbligatori) su tutte le politiche “regionalizzate” dell’Unione che sono molte: PAC (politica agricola), Politica regionale e di coesione, Fondo Sociale, che insieme rappresentano tra la metà e i due terzi del bilancio europeo, oltre che sulle politiche a gestione diretta dell’UE che abbiano un interesse locale (fondi per la ricerca, innovazione, cultura, aerospazio, interventi per l’ambiente ecc.).
Per queste i complicati bandi europei richiedono spesso un supporto, quando non una diretta partecipazione di Regioni e Enti locali, in obbligatoria cooperazione con imprese ed Enti locali di diversi paesi europei. Così, in qualche modo, i territori sono diventati i veri interlocutori dell’Unione per la maggior parte degli aspetti progettuali e il Comitato li ha aiutati con pareri mirati, ma anche con iniziative a Bruxelles (la European week porta ogni anno a Bruxelles migliaia di Enti locali, consulenti e progettisti a discutere delle politiche europee per i territori).
Ciò è vero anche per le politiche ambientali e per la lotta al cambiamento climatico: la creazione delle Green cities e il patto dei sindaci per l’ambiente dimostrano quanto sia importante il ruolo di enti locali e regioni nel tenere insieme politiche ambientali e politiche sociali. All’epoca della mia Presidenza fummo presenti per la prima volta a Rio +20.
Sono arrivata al Comitato nel '97, due anni dopo la sua istituzione, come rappresentante delle Province e da allora ne ho fatto parte in modo quasi ininterrotto (salvo il 2004 quando entrai al Parlamento europeo, ma l’anno dopo fui eletta Presidente del Piemonte, mi dimisi e tornai al COR) e sono stata membro di numerose Commissioni, Presidente del Gruppo Socialista e dal 2010 Presidente fino al 2012 e poi primo vicepresidente fino al 2014.
In quegli anni abbiamo lavorato a rafforzare il credito della nostra giovane istituzione attraverso intese con la Commissione e il Parlamento, riflettuto su come rendere i nostri pareri più incisivi e organizzare meglio la cosiddetta “governance multilivello“ dell’Unione. Siamo arrivati anche a ipotizzare di diventare la terza Camera: può sembrare una follia, eppure se si considera la rissosità del Consiglio, dove i governi sembrano lavorare esclusivamente nell’interesse dei loro Paesi e non della grande casa comune, forse una Camera delle Regioni potrebbe favorire di più l’integrazione fra i popoli e i territori.
Abbiamo lavorato molto sull’allargamento, sia quello avvenuto nel 2004 con i paesi dell’ex Unione sovietica, sia con quelli della ex Jugoslavia (la Croazia è entrata durante la mia presidenza) aiutandoli ad acquisire le competenze necessarie per sviluppare le capacità progettuali dei loro territori e, per quelli ancora candidati, a prepararsi ai loro futuri compiti.
Ma soprattutto abbiamo contribuito in maniera determinante allo sviluppo di strumenti che consentissero di superare le frontiere integrando con forza le regioni che nel passato erano state le più segnate dalle tante guerre che hanno coinvolto i popoli d’Europa. Due sono gli strumenti ideati con la nostra partecipazione:
iI GECT (gruppo europeo di cooperazione territoriale) che consente la gestione comune di attività a gruppi di regioni frontaliere di paesi diversi; sono le cosiddette euro-regioni, che possono gestire insieme un ospedale al servizio di più regioni ma che possono anche istituire fra loro una cooperazione strutturata su molti temi.
Il Piemonte ad esempio aveva lanciato l’Euro Regione Alpi Mediterraneo, che ha una sede comune a Bruxelles e che se perseguita potrebbe rappresentare una potente area di sviluppo per il sud Europa.
le Strategie Macroregionali, più ampie, che nascono dal principio che un vero progetto di sviluppo deve partire da maxi aree che condividano caratteristiche simili, economiche, territoriali, culturali. In Italia ne sono partite due: la strategia macroregionale alpina, alla quale il Piemonte partecipa purtroppo poco, e la strategia macroregionale Adriatico Ionica, che vuole superare la cortina di ferro che divideva le due sponde dell’Adriatico e avviare una strategia di sviluppo basata su porti, commerci, turismo che rafforzi l’area orientale del Mediterraneo.
I risultati per ora non sono entusiasmanti, perché gli Stati, che sono il vero ostacolo del progetto per una Europa federale, creano mille difficoltà e temono l’affievolirsi delle frontiere, cosa che invece vogliono i territori limitrofi. Bisognerà insistere perché il rischio di nuovi e stupidi nazionalismi è purtroppo di nuovo attuale e non può venire sconfitto che da una forte consapevolezza dei cittadini, in primo luogo quelli che si trovano sulle frontiere, di quanto sia essenziale rendere queste solo delle linee storiche, senza alcun interesse per il futuro.
Buon compleanno dunque al Comitato delle Regioni e a tutti gli enti territoriali d’Europa: dobbiamo contare molto, in questi anni difficili, sulla loro capacità di far meglio conoscere a livello locale il grande progetto di un’Europa “ sempre più unita” come auspicavano i Padri fondatori!
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