Unifil in Libano: dietro i rischi l'inefficacia delle missioni Onu
Aggiornamento: 6 ago 2024
di Michele Corrado*
L’United Nations Interim Force In Lebanon è un contingente multinazionale militare con compiti di interposizione. È in atto dal 1978, più volte rimodulato ed appartiene a quel tipo di Operazioni Militari, non di guerra, che sono state lanciate ripetutamente a seguito di risoluzioni ONU per tentare di risolvere situazioni conflittuali sia interne ad uno stato sovrano, sia interstatali.
Sembrava che questo tipo di operazioni potessero essere un passaggio intermedio fra le Operazioni di guerra guerreggiata tradizionali ed un successivo ideale stato di assenza di Operazioni Militari tradizionali che si sarebbero poi trasformate in semplici interventi di “polizia internazionale” sotto controllo ONU.
Venivano e sono ancora definite Peace Keeping Operations (PKO), e Military Operation Other Than War (MOOTW).
Molto si è investito e sviluppato anche dottrinalmente (non solo a livello Nato), dagli anni ottanta del secolo scorso in avanti, per poi constatare che tali Operazioni, generalmente, non risolvevano situazioni conflittuali e creavano dipendenza, nel senso che perduravano nel tempo senza arrivare all’auspicato risultato finale.
Si è inoltre compreso che l’ONU non era in grado di gestire Operazioni Militari nel senso voluto perché non possiede truppe proprie e nessuno Stato ritiene opportuno addestrare, equipaggiare e mantenere a numero un qualsiasi contingente militare da “regalare” alle Nazioni Uniti.
Tali missioni non dovevano contemplare reali Operazioni di Guerra (a meno di quelle etichettate come Peace Enforcing, tipo quella in Somalia dei primi anni novanta), ed avevano lo scopo di risolvere controversie armate in modo “soft” e controllato in modo da riuscire a “decongestionare” le situazioni per riportare il tutto alla normalità.
Purtroppo, la realtà ha dimostrato che tale tipologia di intenti non ha conseguito i risultati sperati. Con il ritiro dei vari contingenti dall’Afghanistan si chiuso nel peggiore dei modi il ciclo delle Operazioni Militari di Pace e con lo scoppio della guerra in Ucraina si è compresa l’inutilità di tali Operazioni.
Ora per quanto attiene ad UNIFIL, ci si è ricordati che tale Missione (Risoluzione ONU 1701), è dislocata al centro di un’area che potrebbe essere travolta da una vera guerra guerreggiata dove le caratteristiche della missione a lei affidata e la tipologia di truppe ed equipaggiamenti non le consentirebbero di affrontare la situazione che si sta delineando.
La caratteristica principale delle Missioni di Pace risiede nella mancanza di perdite. A differenza delle Operazioni di Guerra, le PKO debbono svolgersi nella massima sicurezza del personale partecipante. Queste condizioni non sono più garantite nell’area assegnata ad UNIFIL e non solo per il contingente italiano ma per tutti quelli partecipanti.
Di solito, in caso di mutamento drastico del contesto operativo, le truppe si trincerano all’interno delle varie basi e sospendono tutte le loro attività. Nel caso non si ritenga che si possano ricreare le condizioni idonee al proseguo della Missione l’ONU deve dichiarare terminata l’esigenza ed i vari Paesi, con o senza copertura ONU, debbono organizzare una operazione di ritiro delle truppe del tipo di quella organizzata in Somalia, denominata UNOSOM 3, che permise il recupero di tutti i partecipanti dei vari Contingenti militari.
Pertanto, se le condizioni nell’area precipitassero (da un punto di vista della sicurezza del personale della Missione, sia civile che militare), solo in seguito ad una decisione ONU di chiusura della Missione, si andrebbe alla organizzazione e condotta di una operazione di recupero. Nel mentre, i componenti e le strutture UNIFIL potrebbero essere oggetto di qualsiasi tipo di atto ostile (voluto o meno).
*Col. (Aus.) Esercito Italiano
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