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Stefano E. Rossi

Unicredit "mangia" Bpm: sistema bancario sempre più vorace, a vantaggio di chi?

Aggiornamento: 2 giorni fa

di Stefano E. Rossi


Lunedì scorso giunge agli azionisti, con un tonfo in Borsa del titolo Unicredit, la notizia dell'offerta ostile per l’acquisizione del Banco Bpm: una OPS – Offerta Pubblica di Scambio. Da subito, viene avversata con affrettate dichiarazioni di prima mano da parte dei vertici aziendali sotto scacco. Poi, il giorno successivo, viene perentoriamente rigettata dal Consiglio di Amministrazione di Bpm, convocato con malcelata ansia per analizzare le condizioni imposte dalla proposta.

Il primo pensiero che prende forma è che un robusto bastone sia stato infilato tra le ruote dei piani del Governo, che vede sfumare la possibilità di fare cassa, attraverso la cessione di nuove tranche di partecipazione pubblica in MPS. Leggendo tra le righe, infatti, si allontana la prospettiva dello Stato di completare la dismissione del rimanente 11,7% della Banca Senese. L’ultima assegnazione, che risale solo a una decina di giorni fa, riguardava il terzo lotto, pari al 15,2% del capitale, che frutterà la somma di 1,1 miliardi di euro. Ora il Tesoro si trova spiazzato, poiché contava di poter replicare agevolmente la stessa operazione con analoghe modalità.


La strategia internazionale di Orcel

Tant’è vero che le reazioni politiche non si sono fatte attendere, sia per tempestività, che per energia, come si è visto dopo che Andrea Orcel, da tre anni e mezzo alla guida Unicredit, ha espresso il più netto disinteresse a proseguire nel connubio con Montepaschi.

La posizione del manager (profumatamente pagato), in conformità con il suo ambizioso progetto industriale, risponde a inevitabili strategie di respiro internazionale e segna un singolare smarcamento dalle interferenze nazionali di una parte della finanza istituzionale italiana. Questo parrebbe portare la banca a giocare una partita più autonoma e alleggerita dai prossimi schemi politico-finanziari, anche quando fossero tesi ad ipotesi di salvataggio o a sostegno delle privatizzazioni.

Unicredit è ora impegnata su molteplici linee di rafforzamento competitivo e acquisizioni. Fra tutti, in Germania, spicca un investimento da realizzare interamente con proprie disponibilità di bilancio: un'operazione di mercato per accrescere il peso in Commerzbank dall’attuale 9% al 30%, conseguendone il controllo. Il piano di questa acquisizione graduale passa anche dall’esercizio di opzioni per il 12%, che Unicredit ha già a mani proprie. L’impianto dell’operazione è già stato benedetto dal Governo tedesco, da BCE e dalla Commissione Europea, ma recisamente avversato da larghe fette della politica teutonica, dall’opinione pubblica e, non ultimo, dalle forze sindacali. Ovviamente, anche l’alta dirigenza Commerzbank sta studiando idonee mosse difensive.


Un quadro intricato

Infine, vediamo come adesso, si è pure aperto il fronte italiano, con il lancio di un’Offerta Pubblica di Scambio su Bpm. L’O.P.S. consiste nella proposta, fatta in questo caso da Unicredit, di scambiare le proprie azioni con quelle della società da incorporare, che generalmente sono in possesso di investitori frazionati. L’adesione è volontaria e, con il buon esito di una sostituzione totale, si arriverà al delisting, cioè alla cancellazione dal listino di Borsa del titolo Bpm. Unicredit ha già previsto e deliberato l’incremento del 13,9% del proprio capitale sociale, per poter emettere nuove azioni da destinare allo scambio.

Questa operazione permetterebbe al Gruppo ad acquisire anche un ambìto e, al momento, mancante tassello: quello di Anima SGR, Società di Gestione del Risparmio. Su di essa, Bpm aveva lanciato un’Offerta Pubblica di Acquisto appena venti giorni fa. È efficace l’immagine del pesce che, mentre ne mangia uno più piccolo, viene ingoiato da uno più grande.

Il quadro è di quelli più intricati e, quindi, prima di appenderlo alla parete, ci vorrà del tempo per guardare i soggetti raffigurati e capire qual è il sopra e qual è il sotto.

Una morale è però certa: nel nome dell’efficienza e della maggiore competitività nei mercati globali, si procede senza indugio sulla rotta del gigantismo in poco più che in una pozza d’acqua, incuranti dei riflessi sul territorio e sulle persone. Ci saranno, come le volte precedenti, consistenti tagli all’occupazione, mutilazioni alla distribuzione capillare degli sportelli e una minore disponibilità di accesso al credito, per gli investimenti e per i consumi, il cosiddetto credit-crunch. In sintesi, il modo peggiore per accompagnare le politiche anti cicliche da adottare in presenza di un’economia stagnante.

Insomma, togliendo di mezzo un altro concorrente, Bpm, e con lui le rinnovate ambizioni di un solido terzo polo bancario in Italia, potrebbe andare a finire che ci perdono tutti.

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