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Una storia torinese: l'ultima fusione di ghisa dei Toret

Luisella Fassino

Aggiornamento: 4 giorni fa

di Luisella Fassino*

All’inizio della mia attività’ professionale di giovane consulente del lavoro, ebbi l’occasione e l’onore di collaborare con la Fonderia Ghisa "La Sociale", una realtà storica attiva in Torino fin dagli anni '50, situata in Via Fossata, in zona Rebaudengo. Era una delle fonderie di ghisa che realizzavano le testine dei Toret, le iconiche fontanelle verdi che impreziosiscono le nostre strade. A quei tempi senza il fax, che era una dotazione tecnologica all’avanguardia per pochi, le comunicazioni avvenivano di persona o tramite posta. Ogni mese il cliente veniva in studio a portare il foglio presenze e a ritirare le buste “paghe” e fu così che conobbi il signor Bodrati, il fondatore della fonderia, un uomo d’altri tempi: le mani callose e la pelle cotta dal calore del forno mostravano i segni del duro lavoro, ma non gli impedivano di esibire un cuore cortese, anche se malcelato dietro quel tipico burbero carattere piemontese.

Dopo la sua scomparsa, fu la moglie a occuparsi delle commissioni, e durante i nostri incontri mensili mi raccontava con orgoglio e passione del loro lavoro. Mi spiegava che la fusione della ghisa era un mestiere faticoso e pericoloso, ma che ogni pezzo aveva una sua unicità. Mi svelò un dettaglio curioso: le loro testine dei Toret erano leggermente più piccole rispetto a quelle delle altre fonderie, tanto da somigliare più a un vitellino che a un toro.

Poi, con il tempo, non vidi più l’anziana signora. La fonderia smise pian piano di lavorare, finché un giorno, inaspettatamente, il figlio si presentò in ufficio. "Abbiamo acceso il forno ancora una volta", mi disse. "Mia mamma, che non c’è più, le aveva promesso una delle nostre testine. Sono venuto a salutarla e a portarle il dono promesso”. Quel gesto, semplice e potentissimo, è rimasto nel mio cuore. Oggi, ogni volta che vedo un Toret, non posso fare a meno di pensare a loro: alla fatica, alla pelle del volto cotta dal calore del forno, alle mani callose e generose, alla dedizione, alla cura di chi ha dato forma a un simbolo della nostra città.

Se un giorno passerete davanti a un Toret, fermatevi un attimo e guardate dietro: quasi certamente troverete impresso il nome della Fonderia "La Sociale", una traccia indelebile del loro lavoro nel cuore della nostra città. E se vi capita di attraversare il Ponte Vittorio Emanuele I, quello che collega Piazza Vittorio alla chiesa della Gran Madre di Dio, osservate i parapetti: anche lì, incisa nella ghisa troverete la stessa scritta. Perché dietro ogni dettaglio che diamo per scontato c’è sempre una storia. E alcune meritano di essere raccontate.



*Consulente del lavoro

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