Una società basata sugli insulti e gli ammonimenti di Mattarella
Aggiornamento: 25 mag 2023
di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi
Idee poche, ma la capacità di offendere gli altri, sta crescendo in ogni ambito della nostra società. Forse perché “gli altri” sono diventati più cattivi o perché siamo insoddisfatti di noi stessi e sfoghiamo così il nostro nervosismo. Alla base c’è l’inconsapevole curiosità e sostegno ai fatti scabrosi, che deve piacere molto, se trova così ampio spazio sui mass media e sui social. In questo scenario si colloca il richiamo del Capo dello Stato Sergio Mattarella a riflettere sul nostro modo di comunicare, sia a livello individuale (provando a ragionare sulle informazioni e sui modi con cui vengono proposte), sia collettivo, predisponendo meccanismi di informazione attendibile, meno compiacente possibile all’audience che spesso produce effetti indesiderati.
La Rosa dei venti degli insulti
Se provassimo a fare una metanalisi della direzione in cui si sviluppano gli insulti occorrerebbe predisporre una mappa da aggiornare pressoché quotidianamente, una specie di Rosa dei venti che misuri i flussi che, a seconda degli episodi offerti dalla cronaca, si sposta per direzione ed intensità, per seguire l’attenzione del pubblico.
Nel mondo sportivo si deve arrivare ad arrestare i tifosi per eccessi vergognosi (non solo a Madrid, ma su quasi tutti i campi degli sport di squadra, a partire dai confronti tra dilettanti e non più solo contro gli “strabituati” arbitri); i divi dello spettacolo probabilmente lo fanno per attrarre attenzione; gli infettivologi forse perché non avvezzi alla notorietà; in politica gli insulti da sinistra verso destra e viceversa sono spesso i più tumultuosi in tutti i Paesi occidentali, ma negli ultimi tempi la cosa preoccupante è che le frasi e i concetti espressi sono perfettamente sovrapponibili. Se succede una disgrazia si accusa la controparte di non aver previsto i rischi e non avere predisposto risposte efficaci: probabilmente c’è un vademecum per generare immediatamente frasi ad effetto, per screditare l’avversario.
Il diritto e dovere di critica è la base non solo della democrazia, ma del progresso scientifico in quando permette di mettere a confronto idee e soluzioni diverse, ma l’appassionarsi ieraticamente per una soluzione come se fosse un dogma, o semplicemente scatenarsi sul contestare quanto proposto da chi prova a realizzare espedienti o rimedi diversi, non permette di far crescere la società, anzi la blocca su rigidismi che poi la burocrazia rende insuperabili.
In occasione della diretta Rai per l’elezione del presidente USA che vedeva contrapposti Ronald Reagan a Jimmy Carter, nel lontano 1980, vi erano solo commentatori a favore di Carter: non fu una pagina di giornalismo votata all'equilibrio, ma nessuno gridò allo scandalo o ad un pericolo per la democrazia, come avviene oggi per molto meno. Sarebbe un buon esercizio, ogni tanto riprendere i giornali di qualche mese o anno fa e verificare se i titoli altosonanti e la veridicità dei tanti superlativi utilizzati esprimevano realmente la situazione o giocavano sul sensazionalismo.
Emettere sentenze contro qualcuno è invece diventata un’abitudine di chi probabilmente non ricorda l’ammonimento di Giordano Bruno nell’ascoltare la sua sentenza a morte: "Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell'ascoltarla". Il frate ribelle aveva ipotizzato, anticipando la teoria copernicana, un universo infinito e infiniti mondi: idea inaccettabile per l'epoca, ma forse non ancora acquisita neanche nei giorni nostri. Lui finì sul rogo. Oggi l'ingiuria sui social, ma nessuno trema nell’incolpare gli altri, anzi per qualcuno è diventato un mestiere ben retribuito.
La "Storia della colonna infame" del Manzoni
Per le celebrazioni del 150° dalla morte di Alessandro Manzoni, Sergio Mattarella, nel riprendere il saggio "Storia della colonna infame"[1], ha riportato d’attualità il problema di non compiacere alle folle anonime, ma alla tesi manzoniana, la nostra società aggiunge l’aggravante di creare una cultura a buon mercato che alimenta emozioni gradite alle folle, ma di scarso costrutto per un futuro migliore.
L'assecondare la base elettorale o portarla allo sfinimento con mirabolanti promesse è la negazione della democrazia. E ricorda più gli spettacoli al Colosseo, dove l'imperatore di turno girava il pollice come voleva la folla (la morte di un gladiatore, valeva pur bene il consenso della folla!). Mattarella ha affermato, infatti che "la Storia della Colonna infame, ci ammonisce di quanto siano perniciosi gli umori delle folle anonime, i pregiudizi, gli stereotipi; e di quali rischi si corrano quando i detentori del potere, politico, legislativo e giudiziario, si adoperino per ricercarne il consenso a ogni costo". Oggi una popolazione molto più acculturata di quella cui faceva riferimento il Manzoni non dovrebbe "abboccare" alle lusinghe di chi parla solo per accontentare questa bramosia...
Nella realtà sembra che si stia instaurando un circolo molto poco virtuoso dove è importante criticare e diffamare, con precise regie in alcuni casi, per il solo piacere di farlo nella maggioranza degli interventi sui social. Diventa anche difficile proporre degli esempi in quanto qualsiasi osservazione verrebbe immediatamente etichettata in una corrente di critiche presenti nella Rosa dei venti. Non si tratta più di esasperare la contraddizione di termini come fece Pasolini che, con sagacia, coniò i "fascisti dell'antifascismo", intesa come codificazione del fondo brutalmente egoista di una società, nonché dell’amorfa omologazione culturale di un Paese: un potere senza volto, senza simboli politici, ma capace di plasmare le vite e le coscienze. A distanza di oltre quarant’anni, queste intuizioni mantengono intatta la loro forza critica, permettendo di cogliere alcuni dei tratti più profondi dei leoni da tastiera di mezzo mondo.
Il richiamo di Mattarella, proposto sempre con ineccepibile eleganza (dimostrando che si può parlare con stile, proponendo argomenti di alto livello culturale), ai rischi di una “disinformazione organizzata e dei tentativi di sistematica manipolazione della realtà” appare quanto mai appropriata e non va lasciata cadere nel vuoto se non si vuole precipitare in quella descrizione presente nei Promessi sposi: “Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”.
Note
[1] Alessandro Manzoni affronta il rapporto tra le responsabilità del singolo e le credenze e convinzioni personali o collettive del tempo. Tramite un'analisi storica, giuridica e psicologica, l'autore cerca di sottolineare l'errore commesso dai giudici e l'abuso del loro potere, che calpestò ogni forma di buonsenso e di pietà umana, spinti da una convinzione del tutto infondata e da una paura legata alla tremenda condizione del tempo provocata dall’epidemia di peste.
Manzoni rifiutava ogni forma di violenza in quanto sosteneva che non si può realizzare la fratellanza uccidendo il prossimo, questi metodi sanguinari e rivoluzionari avviliscono la dignità umana, invece il cattolicesimo esalta l'uomo che è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. Ciò che è il richiamo costante di Papa Francesco a una "disumanità umana" che si arroga il diritto di uccidere per principio il proprio prossimo.
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