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Mirella Bazzarone

Un ricordo di Ugo Pecchioli

di Mirella Bazzarone


Il 14 gennaio del 1925, un mercoledì, nasceva a Torino Ugo Pecchioli, comandante partigiano di una brigata garibaldina, dirigente politico e senatore del Pci. Cento anni fa, domani. Caso singolare vuole che dall'altra parte del mondo, nella capitale del Giappone, Tokio, in quello stesso giorno veniva alla luce uno dei più affascinanti scrittori del Novecento, Yukio Mishima, nazionalista, morto suicida il 25 novembre del 1970 con l'antico rituale del seppuku, dopo un "romantico" e fallito tentativo di colpo di stato. Appare evidente la siderale distanza ideologica tra i due, eppure non si può non cogliere una straordinaria consonanza di coraggio, forse il tratto distintivo di quella generazione la cui trama si è affidata a valore identici, come amore di patria, onore, libertà, interpretati però in campi opposti, e nel caso del nazionalismo nel segno dell'abiezione.

Ugo Pecchioli, appena diciottenne, non ebbe dubbi da che parte schierarsi e che direzione imprimere a quei valori. Dall'8 settembre del 1943, intese l'amore di patria, l'onore e la libertà come riscatto dal fascismo, prendendo i sentieri di montagna, da cui discese con il 25 aprile 1945, il giorno della Liberazione. Se ne è andato il 13 ottobre del 1996, una domenica. E il suo ricordo, a cento anni dalla nascita, passa proprio dal suo ultimo giorno con una sorta di flash back affidato, in due distinti articoli, alla memoria di Mirella Bazzarone, figlia di un amico e compagno di lotta di Ugo Pecchioli, e di Rocco Larizza, che ne prese il posto sullo scanno senatoriale. Domani, 14 gennaio, pubblicheremo una biografia di Ugo Pecchioli.

La notizia della scomparsa di Ugo ci giunse tramite la Federazione del PDS di Ivrea, era il 13 ottobre del 1996. Luciano Lenzetti, all'epoca responsabile dell’organizzazione del partito, nell’informarci del triste evento mi disse che i figli di Pecchioli, Laura e Vanni, avevano avanzato il desiderio che le ceneri del loro padre venissero tumulate nel cimitero di Alpette. Investiti da tale inattesa responsabilità, ma orgogliosi del fatto che ciò avvenisse, ci mettemmo subito in movimento richiedendo al sindaco la disponibilità di una celletta adiacente a quella di mio padre, Renato Bazzarone.

Il sindaco Marino Ceretto Castigliano diede le opportune direttive e si mise a disposizione per l’organizzazione di una cerimonia che tutti sentivamo necessaria il giorno della tumulazione. Questa avvenne il 20 ottobre 1996, una settimana dopo la scomparsa, a cui era seguita la cerimonia ufficiale e solenne a Roma, davanti al Senato della Repubblica e la cremazione.

Lenzetti si occupò di organizzare le presenze di partito e di quelle istituzionali; il presidente provinciale dell’Anpi, Cattaneo, si preoccupò di organizzare la presenza dell’associazione partigiani. Noi ci occupammo dell’aspetto logistico: l’accoglienza dell’urna, la lapide, le formalità della cerimonia funebre. In prima fila ci fu Adriana, segretaria della sezione, partigiana, amica di Ugo Pecchioli.

L’urna del compagno Ugo giunse da Roma la sera prima, su un’auto funebre. Dovemmo andare incontro all’autista dell’Astra perché c’era una fitta nebbia e lui era incerto sull’itinerario da seguire. Ad accoglierla c’erano tante compagne, tanti compagni, partigiani della 77^ Brigata Garibaldi e non solo, tanti alpettesi, il primo cittadino.

Le ceneri vennero portate in una sala della scuola, adibita a camera ardente, l’urna adagiata su un tavolo coperto da un drappo rosso. Rimanemmo a vegliare un paio d’ore, raccontando qualche aneddoto sul comandante partigiano, rammentando ricordi personali, ricostruendo il suo legame con Alpette. Mettemmo a punto l’organizzazione dell’indomani, poi chiudemmo il portone d’ingresso del Municipio, lasciando la luce accesa. Intanto la nebbia si era diradata e il cielo si ammantò di milioni di stelle. Ugo Pecchioli, il compagno senatore, il Comandante partigiano, l’amico era su con noi.

L’indomani la giornata si presentò fredda, ma radiosa. Davanti al Monumento posizionammo una pedana da cattedra, coperta da un tappeto che qualcuno aveva portato da casa e su di essa un tavolo con l’immancabile drappo rosso. Dietro al tavolo, di fronte al pubblico, un grande manifesto in bianco e nero con l’effige di Pecchioli e il logo del PDS, il partito erede del PCI alla cui costituzione egli aveva partecipato.

La piazza si riempì di una folta presenza: mischiati tra di loro semplici cittadini e uomini e donne delle istituzioni, soprattutto locali. Tra i tanti, ricordo la presenza di Diego Novelli. Tante bandiere dell’Anpi a testimoniare il lutto di tutte le sezioni del Canavese, di parecchie sezioni di Torino, il Medagliere dell’Anpi provinciale di Torino.

Un mormorio rispettoso si fece silenzio quando giunsero la moglie Luciana, i due figli, i nipoti, il genero, la nuora. Persone, queste, che noi francamente non avevamo conosciuto prima di allora. Forse nessuno di loro si aspettava niente di più della tumulazione, ma nessuno di noi voleva affidare Ugo alla sua ultima destinazione senza porgergli il saluto di quella Terra e di quelle Genti. L’urna venne infine portata sulla piazza Titala, intitolata al Comandante Partigiano della 77^ Brigata Garibaldi Battista Goglio; quella piazza dalla quale Pecchioli si era rivolto tantissime volte alla gente in dialogo con i vecchi compagni di lotta, parlando di antifascismo e di Resistenza, mai di politica di parte.

Luciano Lenzetti gestì la cerimonia e gli interventi, citando il nome di tutti gli intervenuti istituzionali e leggendo i numerosi messaggi pervenuti al Comune. Il primo discorso, di saluto e di rimpianto, fu quello del Sindaco Ceretto Castigliano, commovente e amichevole, che parlò a nome di tutta la popolazione di Alpette.

In seguito ci fu un toccante discorso del comandante Franco Berlanda “Grigia” che con Pecchioli aveva condiviso le intense settimane del ritorno dalla Svizzera per unirsi alla lotta Partigiana in Val D’Aosta e nel Canavese. Discorso denso di ricordi, carico di affetto.

Poi parlai io. Ugo era un amico di mio padre, insieme avevano combattuto in montagna, rischiando molte volte di morire; il ritorno alla vita civile non aveva sciolto quel legame che anzi si era fatto maturo con la comune militanza nel Partito Comunista e nell’Anpi. Pecchioli veniva tutti gli anni ad Alpette, soprattutto in occasione della Commemorazione della Battaglia di Ceresole Reale e in memoria di Titala, che nel corso di quegli scontri perse la vita. Si trattava di un grande e gioioso raduno di compagni e compagne della loro Brigata, cui si univano i “Maquis”, i partigiani francesi d’oltre confine. Ugo si fermava uno o due giorni, ospite dei soci del SITA, occupando quella che era “la stanza di Pecchioli”.

Con mio padre, lui aveva stretto un patto: “Quando uno dei due sarebbe morto, l’altro ne avrebbe tenuto l’orazione funebre”. Così avvenne quando “Bill”, morì undici anni prima. In quell’occasione Ugo pubblicò sull’Unità un lungo e profondo articolo su mio padre. Ugo fu presente quando a mio padre fu intitolato il salone della Federazione del PCI di Ivrea. Venne qui ad Alpette a presentare il suo libro di memorie “Tra misteri e verità” e si sentì accolto e non giudicato per la scelta di avere partecipato, coraggiosamente, al Congresso di Alleanza Nazionale a Fiuggi, azione che gli costò feroci, ingenerose e insolenti critiche.

Sul palchetto salirono poi Aurora Tesio, in rappresentanza della Provincia e della sua Presidente Mercedes Bresso; il presidente provinciale dell’Anpi, comandante Gino Cattaneo; il capogruppo del PdS in Regione, Fiorenzo Grijuela, l'ex sindacalista dell'Olivetti, che due anni dopo sarebbe diventato sindaco di Ivrea.

A dare il segno di semplicità e di corale partecipazione fu una studentessa di Alpette, Sara, che tra la commozione di tutte e di tutti lesse una poesia che parlava della montagna. Infine, ci recammo al Cimitero, dove l’urna venne tumulata in un loculo adiacente a quello di Bill. Domani, 14 gennaio 2025, a cento anni dalla sua nascita, Ugo riceverà i nostri fiori freschi e il nostro pensiero.

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