Un libro per voi: "Santuari à répit" di Fiorella Mattioli Carcano
a cura di Marco Travaglini
Santuari à répit. Il rito del ritorno alla vita o doppia morte nei luoghi santi delle Alpi, scritto da Fiorella Mattioli Carcano e pubblicato da Priuli & Verlucca, è un libro frutto di una originale e impegnativa ricerca sui santuari mariani “del ritorno alla vita”. Fiorella Mattioli Carcano, intellettuale colta e impegnata sugli studi relativi alla religione popolare, al culto mariano e ai Sacri Monti, con questo libro indaga e riflette su un rito, quello del “respiro” o della “piuma”, che veniva praticato sulle Alpi quando un bambino moriva prima del battesimo. Al fine di salvare la sua anima dal limbo se ne portava il corpicino in una chiesa del “répit”, quasi sempre dei luoghi di culto mariani dove si pregava per ottenere una breve resurrezione che consentisse di battezzarlo. Un’usanza che si perde nella notte dei tempi, molto diffusa nel Seicento, un secolo complicato dove alla cultura barocca e alla nascita del pensiero scientifico moderno si sovrapposero l’epoca della peste, delle guerre e della Controriforma.
Dai territori alpini della Francia alla Svizzera, dai confini del Tirolo alle Alpi occidentali, questo rito si rendeva necessario per dare ai piccoli defunti “la salvezza dell’anima”, impedendo che il decesso prima del battesimo li condannasse al limbo e alla sepoltura in terra sconsacrata. Nel suo Santuari à répit (con la prefazione di Annibale Salsa, noto antropologo e già presidente nazionale del Club alpino italiano ) Fiorella Mattioli Carcano riassume l’intera storia utilizzando le fonti storiografiche su questi santuari, descrivendo lo svolgimento del rito, i luoghi dove avveniva e l’atteggiamento tenuto dalla chiesa. Nel “rito della piuma” il piccolo defunto veniva steso su un altare dedicato alla Madonna alla presenza di un medico o di un’ostetrica che potesse attestarne il ritorno alla vita, seppure per un breve istante: da un sospiro (répit) che facesse vibrare una piuma posta fra le labbra o da un rossore delle guance.
In quell’attimo fuggente, il “resuscitato” veniva battezzato dal prete per ri-morire immediatamente dopo. Alla presenza di un notaio veniva redatto l’atto pubblico utile alla sepoltura in terra consacrata. I santuari del ritorno alla vita sono piuttosto rari in Italia ma le Alpi occidentali ne annoverano diversi, soprattutto nei territori colonizzati dalle popolazioni Walser a ridosso del Monte Rosa, tra la Valsesia e l’Ossola. Il bel saggio dell’autrice specializzata in storia del Cristianesimo e collaboratrice delle università di Montpellier, Torino, Urbino e del Piemonte orientale, oltre a esplorare questo rito sotto tutti i punti di vista, offre un censimento dei santuari destinati al “répit” sull’arco alpino piemontese, dalle alpi Marittime alla Val Susa, dalle valli aostane alle alpi Pennine e Lepontine, con un intero capitolo dedicato ai luoghi di culto della Diocesi di Novara, una delle più vaste d’Italia.
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