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Gaetano Errigo

Un libro per voi: "L’Università indigesta", un altro pezzo di società stravolto

di Gaetano Errigo


Una nuova pubblicazione fa luce su un argomento, forse ancora poco indagato, ma fondamentale nello sviluppo della società: i mutamenti apportati, negli ultimi decenni, al mondo accademico. Si tratta dell’ultimo libro del sociologo Francesco Maria Pezzulli, “L’università indigesta. Professori e studenti nell’accademia neoliberale”, da poco edito  da Machina Libro, del gruppo editoriale DeriveApprodi, per cui l’autore cura la sezione Sudcomune della rivista Machina.

Pezzulli, componente del collettivo Effimera, ricercatore indipendente, che ha insegnato alla Sapienza e in atto svolge attività di inchiesta con il Laboratorio “Transizioni” dell’Università Roma Tre, nel suo volume affronta l’argomento attraverso un excursus storico sulle riforme che hanno interessato l’università, dagli anni Sessanta ad oggi, analizzando sia i decreti legge che i loro effetti, ma senza trascurare il movimento studentesco e le proteste messe in atto per contrastare gli “aggiustamenti” apportati dalla classe politica, di volta in volta coi vari governi, all’organizzazione amministrativa, economica e didattica degli atenei italiani.

Cosa ne sia venuto fuori, dopo le diverse riforme al mondo accademico, è un altro importante aspetto analizzato nel volume. L’università è stata declassata da "Tempio del sapere" ad "Agenzia formativa" subordinata alla produzione economica, secondo i canoni dettati dal neurocapitalismo, ovvero dalla nuova tendenza dei poteri finanziari a sussumere valore da ogni aspetto della vita, persino dalla formazione, per indirizzarlo nei meccanismi produttivi e, in seguito, monetizzarlo a proprio vantaggio. È in questo contesto, quindi, che si tagliano i fondi pubblici alle università, incentivandole ad ottenere contributi dai privati e ad elevare la tassazione agli studenti, mentre i corsi di laurea si sdoppiano e l’obbiettivo della ricerca si sposta dal soddisfacimento della curiosità dello studio per il sapere al soddisfacimento delle esigenze della produzione.

Un libro di denuncia, quindi, che non manca di analizzare l’evoluzione della figura dei protagonisti del mondo accademico: i docenti e i discenti. I primi sono costretti a detrarre tempo dai propri studi e dalla didattica per impantanarsi in una serie di pratiche amministrative di autovalutazione, dovendosi preoccupare più di giustificare il loro operato alla burocrazia che alla qualità dell’insegnamento. I secondi, invece, si ritrovano presso una agenzia formativa costosa, dove l’obiettivo non è più quello di imparare, ma di assolvere il debito formativo, nel più breve tempo possibile, attraverso l’acquisizione di crediti da ottenere con le sessioni di esami e con attività esterne da certificare, generando in loro, non di rado, ansie e attacchi di panico che, in maniera sempre più crescente, sfociano in disturbi patologici.

Ad impreziosire il lavoro di Francesco Maria Pezzulli, la prefazione e la postfazione di due valenti docenti di materie economiche e sociologiche, Carlo Vercellone e Federico Chicchi, i quali, tra le tante cose, sostengono la necessità di ricreare l’università facendone una istituzione autonoma, dal privato e dallo Stato, e il cui obiettivo sia quello di formare e incentivare lo spirito critico in ogni individuo.

 

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