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Un libro per voi: "Il coraggio dell’indignazione". Il sacrificio dei militari italiani internati

La Porta di Vetro

Aggiornamento: 2 giorni fa

Oggi, 19 febbraio, alle 18, presso lo Spazio Incontri del Polo del 900, presentazione del libro "Il coraggio dell'indignazione" di Andrea Parodi,[1] edito da Bollati Boringhieri, che indaga il capitolo degli IMI - Internati Militari Italiani - soffermandosi in particolare sulla situazione degli ufficiali. Dopo l'introduzione di Alberto Sinigaglia, presidente del Polo del '900, insieme con l'autore, ne parleranno Paolo Borgna, presidente Istoreto e Marco Brunazzi, presidente Fondazione Salvemini.


«Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta.

Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».

Sono le 19,42 dell'8 settembre 1943, quando dal microfono dell'EIAR il maresciallo Pietro Badoglio alza ufficialmente bandiera bianca. La resa di Cassibile, firmata dal generale Castellano cinque giorni prima, entra nelle pagine di storia e nella carne degli italiani.

Le Forze armate che da settimane assistono al progressivo controllo sul territorio assunto dalla Wermacht sono confuse, in assenza di ordini chiari. Il Paese, stordito, avverte che non esiste più una guida. Lo Stato si è dissolto. L'apparato burocratico è imploso. Come scriveranno negli anni successivi, chi prima, chi dopo, storici, giuristi, politologici, gli italiani vedono da molto vicino la "morte della patria". Che non è soltanto una metafora. Le forze armate, abbandonate, sono costrette ad affidarsi a scelte personali strappate alla paura per abbracciare il coraggio e con esso il fucile. Ne derivano pagine gloriose, ma episodiche, di chi si oppone ai tedeschi pronti a disarmare le truppe italiane. A Porta San Paolo e in altre zone di Roma reagiscono la Divisione Granatieri di Sardegna, i Lancieri di Montebello, il Genova Cavalleria, Guardie Pai, reparti di Bersaglieri e Allievi carabinieri, cui si uniscono centinaia di civili. La difesa della libertà e il diritto all'onore costa la vita a 1.167 militari, 13 decorati con Medaglia d'oro al Valor Militare, e 27 con Medaglia d'argento al Valor Militare.

Nel nord d'Italia, sono i militari della IV armata di rientro dalla Francia a contrastare i tedeschi. Nelle zone occupate, la resistenza all'ineludibile fonde pathos ed ethos a Cefalonia, isola greca dell'Egeo, dove la Divisione Acqui respinge l'ultimatum dell'ex alleato. Ma nel complesso, come ricorda Andrea Parodi, circa due milioni di soldati italiani sono lasciati alla fluttuazione delle emozioni e all'incertezza del destino: è il "tutti a casa" che nelle mani dei tedeschi li vede cambiare status nell'arco di pochi giorni: il 9 settembre, Berlino li considera "prigionieri di guerra", ma il 20 settembre la denominazione cambia in Italienische Militär-Internierte, Internati Militari Italiani, IMI, una sigla inedita, inventata, che sfugge a ogni possibile convenzione internazionale, a partire dalla Convenzione di Ginevra.

Di quei due milioni la metà riesce in qualche modo a fuggire, mentre l’altra metà viene disarmata dai nazisti. In 800mila sono catturati e viene loro chiesto di scegliere se «optare» per la collaborazione col Terzo Reich o venire imprigionati. L’esito è inequivocabile: 700mila dicono no e si trovano internati nei campi di concentramento tedeschi.

Di questi eroi misconosciuti della nuova Italia che deve ancora nascere dalle ceneri del fascismo, fa parte un nucleo di 44 uomini, protagonisti dell’episodio di Unterlüss, su cui indaga Parodi nel libro. Dopo che 214 ufficiali si rifiutano di obbedire agli ordini della Gestapo, infatti, i tedeschi ne scelgono 21 per una decimazione dimostrativa. Ma in 44 si fanno avanti e chiedono di essere fucilati al loro posto. È un atto estremo, di coraggio e indignazione, un «no» urlato agli aguzzini che, sorpresi da una simile determinazione, ne sospendono l’esecuzione. E' una delle tante albe della nuova Italia.


Note

[1] Andrea Parodi, laureato in Storia contemporanea, lavora all’Archivio Storico della Città di Torino. Grazie alle ricerche sui 44 di Unterlüss l’UNUCI, Unione nazionale ufficiali in congedo d’Italia, di Milano gli ha conferito, nel 2017, il premio Paladino delle Memorie per «il lavoro di restituzione alla memoria collettiva di una pagina di storia che sarebbe altrimenti andata perduta».

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