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Rocco Lentini

Un libro per voi: "Casignana, una strage impunita"

di Rocco Lentini*


Nel solco delle iniziative editoriali per il Centenario della Marcia su Roma, una vasta produzione editoriale che tende a “fare i conti” scientifici con il regime fascista in Italia. per il Centenario dell’avvento del fascismo si inserisce anche il volume di Gaetano Errigo "Casignana. Una strage impunita"[1]. Un libro tra gli altri, se non fosse che l’autore, attraverso una copiosa documentazione archivistica mai esplorata, mette in luce aspetti inediti sulle origini del movimento e rilancia l’importanza della prospettiva del fascismo in periferia. La narrazione di un biennio rosso responsabile di avere suscitato lo squadrismo di reazione con l’assalto alla proprietà privata viene rivista da Errigo nella convinzione che l’ondata di manifestazioni, che culmina nell’occupazione delle fabbriche, estendendosi anche nelle campagne e rappresentando in maniera paradigmatica il rapporto spontaneismo/organizzazione della classe operaia e contadina determini uno dei momenti di più aspri dello scontro di classe.

Sedi delle organizzazioni operaie e contadine, Camere del Lavoro e redazioni di giornali assaltate e bruciate, case del popolo saccheggiate, deputati e rappresentanti dei lavoratori colpiti, contadini massacrati dai carabinieri, “forze dell’ordine”, che sparano e uccidono. Tuttavia, sostiene Errigo, “caratteri” altri emergono nel comune di Casignana in provincia di Reggio Calabria, meno di un migliaio di abitanti, la cui storia affonda nelle viscere della Magna Grecia e dell’Impero romano.


Il cedimento dello Stato al Fascismo

Casignana è il luogo dove, per la prima volta in Calabria e tra i primi in Italia, alla vigilia della marcia su Roma le squadre fasciste agirono organizzate in collaborazione con la forza statale in tutte le sue articolazioni: il segno di un cedimento dello Stato e di subalternità al fascismo. L’eccidio di Casignana, il 21 settembre del 1922, si consumò all’interno di una cornice dentro la quale le lotte per la terra e le agitazioni contadine subirono l’attacco unitario della borghesia agraria e latifondista, dello squadrismo fascista e degli apparati dello Stato che scagliarono l’offensiva contro i contadini e il movimento cooperativo con l’obiettivo di ripristinare “l’ordine politico violato” dal movimento socialista. Un connubio violento, ante marcia, intravisto nei primi giorni di settembre del ’20 durante l’assalto alla Camera del Lavoro di Pola, sul quale insiste l’autore con una corposa mole di documenti e coeve testimonianze inedite scandagliate con perizia nel centenario della strage.

A Casignana fascisti e carabinieri, con il sostegno e la direzione del prefetto di Reggio Calabria, del sottoprefetto di Gerace e del vicecommissario di pubblica sicurezza, aprirono il fuoco contro i braccianti della “Cooperativa Garibaldi” assegnataria, in base al decreto Visocchi, della foresta Callistro di proprietà del principe Carafa di Roccella. Scelsero accuratamente il terreno dell’imboscata, “i Cruci”, nel punto in cui la mulattiera, dopo la discesa da Renella, formava una strettoia sovrastata dalla costa della Nefrara. I cespugli di nafra offrivano mimetizzazione ai fascisti e ai tiratori scelti nascosti dietro le siepi di fichi d’India e le armacere che fiancheggiavano la strada. Quando il corteo inerme, pacifico ed ignaro si recava alla Foresta, fascisti e carabinieri spararono all’impazzata ferendo e uccidendo uomini e donne.


La carneficina del 21 settembre 1922

È merito del giovane studioso avere riportato alla luce, nel centenario dell’avvento del fascismo, il dimenticato eccidio di Casignana del 21 settembre del 1922. Quel giorno fascisti, carabinieri e dipendenti dei Carafa uccisero l’assessore socialista Pasquale Micchia e due contadini, Rosario Micò e Girolamo Panetta, mentre il sindaco, Francesco Ceravolo, rimase gravemente ferito. Una carneficina che fermò con il piombo l’amministrazione di Casignana e l’organizzazione socialista della Calabria. Dodici giorni dopo l’eccidio, il 4 ottobre 1922, all’inaugurazione del fascio di Casignana partecipò Giuseppe Bottai che subì un dubbio e mai

chiarito attentato: furono sparati dei colpi di arma da fuoco, e una fucilata ferì al braccio un fascista al seguito. Fu l’occasione della ritorsione: gli squadristi devastarono la casa del presidente della cooperativa Garibaldi, Giuseppe Naim, i carabinieri arrestarono una decina di antifascisti, la tomba dell’assessore socialista Pasquale Micchia fu profanata e il suo corpo dato in pasto ai cani.

Errigo nel ricostruire gli avvenimenti indugia sul “carattere” della comunità di Casignana, le debolezze dello Stato e delle Istituzioni, la determinazione con la quale è stata ideata, progettata e costruita la strage, rendendoci un quadro inedito che la colloca come prima grande strage di Stato perpetrata a danno dei lavoratori italiani.

Quello che avvenne in quel comune non appartiene solo a Casignana, alla Calabria, ma alla storia di un periodo buio del Paese: sgombrate le terre del principe, ucciso il vicesindaco, ferito gravemente il sindaco, rimossa con le armi l’amministrazione socialista, arrestati gli antifascisti più determinati, mentre lo Stato abdica, in un clima di violenza, qui come altrove, i suoi poteri di difesa e di autoconservazione, il fascismo è in “marcia”.


* Commissione didattica istituto nazionale Ferruccio Parri


Note

[1] Gaetano Errigo, Casignana. Una strage impunita, Istituto Arcuri, Cittanova, 

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