Un 2025 da vivere per non essere sottomessi
Aggiornamento: 1 giorno fa
"Abbiamo lasciato alle spalle un Annus horribilis, un altro anno da dimenticare, in cui le cose che dividono hanno prevalso su quelle che uniscono. Sarà per questo che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha evitato di tracciare bilanci dettagliati e ha guardato con decisione al futuro nel suo messaggio di fine d'anno a reti unificate".
Cominciammo così, il 1° gennaio del 2024, la lettera di augurio ai tanti che seguono, e sono davvero numerosi, la Porta di Vetro e ai collaboratori del sito che con grande abnegazione e a titolo gratuito, propongono e raccolgono proposte, dialogano e scrivono.
A distanza di dodici mesi, guardando alle nostre spalle, è davvero difficile sottrarsi all'angosciante sensazione che il pendolo del tempo si sia fermato, radicalizzando ulteriormente il fosco presente di ieri. Ma non così. Le parole scandite dal Presidente della Repubblica nel tradizionale messaggio di fine d'anno e i pensieri di Papa Francesco nel Te Deum in piazza San Pietro, riflettono ancora una volta la speranza che non tutto possa essere deciso dall'alto, che le donne e gli uomini di questo mondo martoriato dalle guerre possano ritornare ad essere padroni del proprio destino e non a cedere il proprio destino nelle mani di pochi padroni.
Nella giornata mondiale di oggi, che fu istituita nel dicembre del 1967 da un altro grande pontefice, Giovanni Battista Montini, Paolo VI, che la volle per esprimere il suo alto e deciso no alla guerra in Vietnam, l'inizio del nuovo anno deve far prevalere in tutti noi lo spirito fratellanza, senza il quale, la speranza corre il rischio di avere vita breve. Non a caso, il presidente Sergio Mattarella ha punteggiato che "la pace grida la sua urgenza e deve essere giusta e attenta al rispetto dei diritti umani, mai sottomissione".
Vero, non possiamo sottometterci. Non lo possiamo fare davanti al regime clericale dell'Iran che ha imprigionato con futili accuse la giornalista italiana Cecilia Sala, detenuta dal 19 dicembre nel famigerato carcere di Evin. E non ci possiamo sottomettere ad accettare che i giornalisti paghino con la libertà e spesso anche con la vita il coraggio di fare bene il proprio mestiere. Nel 2024 sono oltre cento i reporter morti per seguire i conflitti, metà soltanto a Gaza, e sono oltre 550 quelli attualmente in carcere nei diversi continenti.
"Liberazione", come parola chiave. Liberazione di Cecilia Sala e di tutti i giornalisti ingiustamente trattenuti dietro le sbarre, è dunque la parola da gridare forte nel mondo con una postura che non deve lasciare dubbi sulla nostra resistenza di continuare a reclamare giustizia.
La stessa giustizia che gli italiani chiedono per un mondo del lavoro che offra maggiori sicurezze. Sicurezza nel senso letterale ed estensivo del termine. Perché se è inaccettabile la morte sui luoghi di lavoro (ieri altri due infortuni mortali) è altrettanto inaccettabile la precarietà dell'occupazione e l'impunità per chi dall'oggi al domani mette migliaia di lavoratori, e con essi le loro famiglie, in mezzo a una strada; così come è vergognoso continuare a lasciare mano libera alle grandi corporation di fare il bello e il cattivo tempo con la vita degli altri.
Soprattutto il "cattivo tempo", quello che si deve contrastare per non sottometterci all'ineluttabilità del cambiamento climatico e dell'inquinamento che stravolgono vita e salute. Clima e inquinamento, due "variabili" che danno l'impressione di infastidire i più potenti (e miopi) Capi di Stato e i loro sempre ricchi, anzi ricchissimi famigli e consigliori, prigionieri di compulsive promesse immaginifiche al popolo nel segno del consumismo più sfrenato. Promesse che verranno sì mantenute per il desiderio dei consumatori, meno, molto meno per il reale benessere dei cittadini deprivato di investimenti per l'istruzione, la salute e, appunto, per migliorare l'ambiente. Eppure, puntualmente, a quelle promesse ci si crede e ci si casca, aumentando così il tasso individuale di servilismo su cui si regge il Potere. Servilismo, malattia infantile del consumismo.
Che fare? Reagire. Partecipare. Non sottomettersi alle lusinghe della politica e chiederne il rinnovamento. Non cedere all'idea che esista un unico ordine e sistema mondiali che garantiscano la libertà conquistata, lo stato di diritto e andare oltre le colonne d'Ercole proprio per contrastare in primis autocrati e dittatori, ma anche chi si fa scudo della parola democrazia per svuotarla nella prassi quotidiana della sua applicazione. A cominciare dalla redistribuzione della ricchezza. Del resto, o si reagisce o si è destinati alla sottomissione, perché non esistono altri pianeti verso cui emigrare, magari con il teletrasporto. Una fantasia che l'umanità non si può permettere.
Buon 2025 a tutti.
La Porta di Vetro
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