UE: più domande che certezze dalla nuova Commissione
Aggiornamento: 1 giorno fa
di Mercedes Bresso
Alla fine non c’è stato nessun colpo di scena: com'era ampiamente prevedibile[1] la Commissione Europea è stata votata, dopo un accordo fra i tre gruppi pro-europei e in particolare grazie al dialogo fra socialisti e popolari. Dall’accordo si sono ritirati i Verdi, sia PPE che S&D hanno perso dei pezzi nel voto e si sono aggiunti quelli italiani dei Conservatori.
Un risultato certo non soddisfacente che sconta una difficoltà tipica della condizione istituzionale dell’UE: il fatto che poiché ogni Paese membro ha diritto a un Commissario, laddove c’è un governo di destra si indicherà un Commissario di destra e questo non è evitabile. Logicamente i parlamentari di quel paese voteranno il loro Commissario e quindi tutta la Commissione, anche se non fanno parte della maggioranza politica che ne ha eletto la Presidente e definito il Programma di legislatura. Questa volta, ritiratisi i Verdi dalla maggioranza, il programma è stato approvato da PPE, Renew e S&D e contiene elementi di grande interesse tra cui l’impegno a continuare con il Green Deal e a cambiare i trattati in direzione di un’Unione sempre più stretta, secondo la formula di rito.
Paradossalmente una Commissione con un vicepresidente di un partito anti europeo e con una maggioranza di commissari PPE, parte con un programma politico quasi federalista. Che cosa produrrà tutto ciò non è facile da prevedere, perché è tipico di Ursula von der Leyen prendere impegni di grande rilevanza e poi di doversi adattare a rinviarne la realizzazione. Tutto questo permette comunque di capire come i commenti che hanno dato per avvenuto un cambio o allargamento della maggioranza non abbiano considerato la complessità del funzionamento dell’Unione.
Che cosa realmente succederà, se gli impegni presi nel programma di legislatura saranno mantenuti, come concretamente voteranno i parlamentari sui testi più importanti, si vedrà nella concreta evoluzione della legislatura, tenuto conto anche dei governi, molti dei quali sono coalizioni di centro destra e quindi del fatto che i negoziati con il Consiglio (l’altro legislatore) potrebbero essere non semplici. È lì purtroppo che il peso di ministri di destra italiani potrebbe essere maggiore.
E anche per quanto riguarda le posizioni politiche del Consiglio Europeo, quello dei capi di Stato e di governo, le due situazioni più drammatiche, Francia e Germania, non fanno certo ben sperare in una spinta verso un’Unione più forte in politica estera e difesa, oltre che su una più strategica politica industriale e ambientale.
Il confronto con l’America di Trump e la Russia di Putin, rischia di vederci ancora una volta deboli e divisi, in un momento in cui a livello mondiale le pulsioni contro il mondo Occidentale sono sempre più forti e richiederebbero un’Europa forte e decisa, orgogliosa dei propri valori e capace di prendere la leadership per realizzarli e difenderli.
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