Ucraina: nuovi scenari militari per le tasche dell'Occidente
Aggiornamento: 14 giu 2024
di Michele Corrado
A seguito delle dichiarazioni del Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg, che alcuni interpretano come il canto del cigno dell'ex primo ministro norvegese, si viene a delineare una decisiva evoluzione nel coinvolgimento dell’Alleanza nella condotta delle operazioni in Ucraina. Tali nuovi intendimenti determineranno ripercussioni significative nei confronti dei Paesi contributori. Nello specifico, si è deciso di ricalibrare l’obiettivo strategico-militare dell’Ucraina, accogliendo le richieste del presidente Zelensky, abbassandola dalla piena riconquista dei territori ad un logoramento prolungato delle Forze Russe, tendente ad una cristallizzazione delle posizioni sul campo allo stato attuale.
Vi è poi l’intendimento di protrarre nel tempo lo sforzo militare di supporto all’Ucraina per i prossimi anni, in ragione di una disponibilità di 40 miliardi di euro per anno, in modo da consentire quel logoramento continuo delle capacità offensive russe finalizzato all’apertura di negoziati. Negoziati che proprio oggi Putin ha sostanziato chiedendo lo "sgombero" delle quattro province unilateralmente annesse con i referendum da Mosca... Si è anche riconosciuto che senza una qualche forma di superiorità aerea gli ucraini non potranno che collassare. Si è quindi deciso l’ampliamento del programma di impiego degli F16 che verrebbero dislocati in Paesi Nato limitrofi, come la Romania e la Polonia. Questi velivoli partirebbero da quelle basi per poi fare uno scalo su un aeroporto ucraino e poi decollare nuovamente per ingaggiare obiettivi (militari), anche all’interno dei confini russi. Questo consentirebbe di poter dire che questi assetti partono per le missioni dal territorio ucraino, anche se verrebbero riforniti e manutenzionati in aerobasi Nato. Confidando nella “comprensione” del Cremlino a non voler attaccare queste basi di prima partenza in territorio dell'Alleanza Atlantica.
Vi è poi il problema della incostanza dei flussi di materiale che favorisce la Russia a riprendere l’iniziativa, vista l’impossibilità degli ucraini di disporre di una alimentazione tecnico-logistica costante (si veda il problema del munizionamento da 155 mm per obice, drammaticamente carente), che verrebbe superata dalla continua disponibilità dei fondi garantiti dai Paesi Nato e non solo dagli Usa.
Tutto questo sta a significare che le operazioni militari in Ucraina andranno avanti ancora per un certo numero di anni, che si ritiene che non possa vincere il confronto in termini classici (la riconquista dei territori occupati dai russi, compresa la Crimea, almeno nel breve periodo), che gli europei dovranno impegnarsi molto oltre la soglia del due per cento del Pil se si vuole che l’Ucraina non tracolli ed allo stesso tempo costruire un capacità militare di deterrenza credibile (che ora non si ha).
Il problema fondamentale risiede sempre nella mancanza di una adeguata capacità da parte ucraina della disponibilità di assetti aerei in grado di sostenere sia le truppe a contatto, sia di battere obiettivi oltre le linee di contatto e contemporaneamente di garantire sicurezza almeno in determinate zone del suo spazio aereo. La decisione di non dislocare permanentemente i futuri F16 su aerobasi ucraine prende atto della loro incapacità in tale contesto.
Finché i cieli ucraini saranno nella disponibilità russa, gli sforzi che si potranno ottenere via terra non potranno essere valorizzati. Come si è ribadito più volte, nelle attuali operazioni militari se non si possiede l’accoppiata forze corazzate-forze aeree agenti in termini di interdipendenza, i risultati finali non potranno consentire il raggiungimento degli obiettivi pianificati (almeno sui terreni di tipo ucraino). Aggiungendo che le unità corazzate ucraine del livello di Brigata, dopo il deludente impiego nella scorsa estate, sono ancora in ricostituzione.
In questo quadro sconfortante, anche per noi europei, l’attuale asse anglo-americano (Sunak-Biden) che governa la Nato ha deciso un cambio di prospettiva (dal tutto e subito al parziale ed in un futuro imprecisato), puntando sull'ipotesi di impossibilità della Russia a sostenere uno sforzo bellico, come quello appena prodotto, ancora per un certo numero di anni. Impossibilità naturalmente tutta da dimostrare, dal momento che le evoluzioni in un teatro bellico complesso non si possono escludere a priori. Alla stessa stregua, non si può escludere l'allargamento del conflitto medesimo.
Per questa prospettiva di “logoramento” costante e continuo è necessario che i Paesi europei entrino in una nuova dimensione nella gestione del sistema difesa che garantisca una “deterrenza attiva” che si concretizza con l’espressione di capacità offensive sostenibili nel medio periodo; in altri termini, si tratta di un ritorno ai tempi della guerra fredda (con l’aggiunta di tutte quelle forme di guerra “ibrida” che andiamo scoprendo di giorno in giorno), con l’aggiunta di un progresso tecnologico che potrebbe essere dirompente. Se non devastante.
*Col. (aus.) Esercito Italiano
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