Ucraina: l'Europa paga ma non decide, contraddizioni della guerra per procura
di Michele Corrado*
Un salto nel passato: dopo il Secondo conflitto mondiale, terminato tragicamente per l’Italia, sebbene il Paese abbia ricevuto il titolo di cobelligerante per la guerra partigiana e la partecipazione di reparti militari del Regio Esercito a fianco degli alleati, la percezione delle operazioni militari, insieme con il collegato a tali situazioni, ha avuto un rifiuto epidermico.
Con la partecipazione alla Nato, all'Alleanza Atlantica fondata il 4 aprile del 1949, e l’appalto della sicurezza internazionale agli Stati Uniti, si è vissuto per quasi trent’anni in una sorta di limbo, dove tutto ciò che aveva rapporti con il concetto di “guerra”, esisteva ma non ci riguardava. Con l’operazione in Libano dei primi anni ‘80, che ebbe al comando il generale Franco Angioni, si scoprì una nuova strada: l'utilizzo delle Forze Armate per operazioni militari di “pace”.
Con questa nuova possibilità di impiego, dove non si guerreggiava, ma si faceva peacekiping (sancito anche dottrinalmente dalla Nato), si condussero numerose missioni di “operazioni militari diverse dalla guerra”, ed “operazioni militari di supporto alla pace”.
Venne poi il periodo della lotta al terrorismo internazionale inaugurato dagli americani a seguito dell’abbattimento nel 2001 delle Torri gemelle, con l’inizio degli interventi in Afghanistan e poi contro l’Isis in Iraq e Siria. Il periodo si concluse con l’abbandono degli americani dell’Afghanistan nel 2021 ed il conseguente ridimensionamento della Nato, orfana del nemico storico, il Patto di Varsavia, e la manifesta inadeguatezza - nonostante le spese stellari - a contenere il fenomeno talebano.
Queste operazioni dimostrarono che tali interventi non risolvevano le crisi locali, ma provocavano dipendenza da quelle forme d’impiego denominate “conflitti a bassa intensità”, caratterizzate, in sostanza, da perdite limitatissime e spese sostenibili sul lungo periodo e, non secondariamente, la sensazione diffusa di una coscienza appagata dal "rifiuto" dell'immobilismo. a staticità.
Il 24 febbraio del 2022, si è aperto il baratro dell'Ucraina che ha messo in moto le lancette dell'orologio all'indietro di oltre ottant’anni; un periodo storicamente lunghissimo, ma per quanto riguarda la percezione della Guerra, quella vera, un lampo!
Improvvisamente tutto il percorso che aveva portato, con l’eccezione della grave crisi jugoslava, a determinare la fine delle operazioni militari sul suolo europeo è stato superato. E con stupore e rassegnazione ci si è ritrovati “sudditi” (nel reale senso militare del termine) degli Stati Uniti in un conflitto contro il nemico di sempre, anch'esso uscito vincitore nella Seconda Guerra Mondiale, ieri l'Urss del Pcus, il partito comunista dell'Unione Sovietica, oggi la Russia del gruppo di potere che si rapporta al Presidente Vladimir Putin.
La Nato, l’organizzazione militare più complessa ed efficiente dai tempi delle Legioni dell’Impero Romano, sta dimostrando tutta la sua vitalità in un momento dove, complice la Brexit, la catena di comando e controllo Nato vede il Comandante americano ed il vice inglese (incarichi permanenti non a rotazione), non appartenenti a nazioni europee su un’area di operazioni un tempo denominata AttU (Atlantic to the Ural), che riflette il più tradizionale degli scenari della Guerra Fredda, un altro elemento non secondario per comprendere lo svolgersi degli avvenimenti.
Pertanto in un conflitto in corso nell’Europa centrale che coinvolge direttamente i Paesi occidentali del continente, attraverso un’organizzazione politico-militare complessa, i diretti interessati non esprimono - nel rispetto dello Statuto - alcuna figura di comando di vertice al suo interno. Si è inoltre, legittimamente, concordato di aumentare i contributi economici dei singoli Stati all’Alleanza per consentire di sostenere il momento di crisi (dopo anni di tagli di bilancio e contribuzioni), sempre sotto la spinta anglo/americana. Per converso, non si comprende quanto questo sia stato spiegato esaurientemente all'opinione pubblica. Un terzo elemento non secondario.
In tutto questo contesto, sempre fermamente decisi a sostenere l’Ucraina, noi europei ci ritroviamo come negli anni Quaranta del secolo scorso, con la guerra in casa, quella vera, sostenuta in parte economicamente, ma privi di voce in capitolo nelle scelte strategico-militari (quelle che contano), agli ordini di Comandanti americani ed inglesi. Quarto elemento non secondario.
Che che cosa si deve sperare? Che americani e inglesi siano capaci di condurre positivamente la guerra per procura, rassegnandoci a pagare, partecipare e commentare, ma non a decidere. Quinto elemento non secondario, ma che potrebbe essere messo in discussione, almeno sul piano diplomatico, se nell'opinione pubblica dovesse prevalere l'idea che si può anche non decidere in guerra, ma l'opzione non riguarda la ricerca della Pace.
*Col. in Ausiliaria Esercito Italiano
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