Trichet – Trump 3 a 0, ma la partita è truccata e vince chi perde
Aggiornamento: 28 dic 2022
di Pietro Terna
Una coincidenza che fa riflettere. Il presidente della Banca Centrale Europea, in carica al momento dell’esplosione della crisi del 2008, Jean-Claude Trichet (ne fu presidente dal 2003 al 2011, dopo essere stato Governatore della Banca di Francia), rilascia una importante intervista a Il Sole 24 Ore del 3 ottobre 2019 sui nodi strutturali della nostra economia, e su come porvi rimedio. Contemporaneamente Donald Trump, che non devo spiegare chi è, ci prende a mazzate, noi e l’Europa, e anche la WTO ci mette del suo. Ma andiamo con ordine. Trichet. Devo ammettere che ho una particolare predilezione per il personaggio perché, in un’importante occasione pubblica al termine del mandato alla BCE, riconobbe che è necessaria una rivoluzione nei modelli economici, citando positivamente quelli di cui mi occupo io. Nell’intervista affronta, tra gli altri, i temi del commercio internazionale, del cambiamento nella direzione della spesa pubblica, del valore della “firma” italiana, per lo Stato e non solo. Nel commercio internazionale, denuncia il grave pericolo che deriva dai dazi per chi esporta manufatti e strumenti come l’Italia, quindi per la produzione industriale. In questi giorni l’attenzione sembra concentrarsi su prodotti certo nobili come il parmigiano o il pecorino romano prodotto in Sardegna, elementi importanti del made in Italy, ma … sembra che ci si dimentichi di tutto il resto.
A http://atlas.cd.harvard.edu/countries/111/export si trova la mappa del nostro complesso sistema di export, qui riportato nella figura. Le piccole icone in basso indicano il significato dei colori. Andando all’indirizzo indicato si trovano gli approfondimenti.
Con il suggerimento del cambiamento di direzione della spesa pubblica, Trichet indica la necessità di indirizzare gli interventi verso i settori a più elevato potenziale di crescita. Timidamente il governo sta varando provvedimenti verso i settori ad alta rilevanza ambientale e ciò è positivo, ma la ricetta dell’ex presidente BCE dovrebbe essere una linea guida costante, molto più operativa della sempre proclamata e altrettanto precaria spending review. Infine, il valore della “firma” dell’Italia da perseguire per la emissione dei titoli a copertura del debito pubblico e per la riduzione del divario tra i tassi pagati dal nostro sistema e quelli, nulli o negativi a lungo termine, del debito tedesco. Qualche passo è stato fatto, ma occorre agire con la massima determinazione, perché il risultato vale “due finanziarie”, senza effetti diretti o indiretti su nessuno, anzi con ricadute altrettanto positive a lungo termine. Su tutto è piombato il macigno delle nuove scelte sui dazi da parte di Trump, accompagnate dal verdetto della WTO, l’organizzazione mondiale per il commercio, secondo cui gli Stati Uniti potranno imporre dazi sui prodotti provenienti dall’Europa per un ammontare annuo fino a 7,5 miliardi di dollari, quasi sette miliardi di euro. Preoccupante la giustificazione: si tratterebbe di una compensazione per gli aiuti illegali concessi al consorzio aeronautico Airbus. Così Trump esulta due volte, per i dazi e per l’aiuto surrettiziamente dato a Boeing, nei cui confronti sono però attese altre sanzioni. L’economia di mercato è grandemente giustificata dall’azione di personaggi positivi come Trichet, ma ancor più messa in forse dal comportamento di decisori affetti da delirio di onnipotenza come Trump. Nel giudizio di un economista come chi scrive, nella partita delle regole Trichet batterebbe Trump 3 a 0, ma … la partita è truccata e lo è per i troppi aspetti che rendono fragile il capitalismo. Un esempio è proprio Boeing che, con la scelta di mettere in circolazione l’insicuro 737 Max ha gravemente violato il patto di fiducia che deve esistere tra il produttore e gli utilizzatori di un bene così complesso qual è un mega aeroplano. Chi ritiene esagerata l’affermazione, legga dal New York Times del 2 ottobre 2019 la denuncia “Boeing 737 Max Safety System Was Vetoed, Engineer Says”.[1] Un esempio, forse ancora più forte per la sua generalità, viene dall’Economist del 5 ottobre 2019, che titola “The stockmarket is now run by computers, algorithms and passive managers” e sottotitola “Such a development raises questions about the function of markets, how companies are governed and financial stability”, dove il problema non sta negli algoritmi, ma nella passività dei manager, tanto grave da minare alla base la funzione dei mercati. Gratitudine quindi a Trichet e a Draghi, lodatissimo nell’intervista, ma grande preoccupazione per il momento storico che stiamo attraversando.
@PietroTerna
[1] “Sul sistema di massima sicurezza del Boeing 737 è stato posto il veto, dice l’ingegnere”, a https://www.nytimes.com/2019/10/02/business/boeing-737-max-crashes.html
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