Treni in Piemonte: a essere puntuali sono solo i ritardi...
di Rosanna Caraci

Indossano la fascia e salgono sul treno dello scandalo per sottolineare lo strabismo di una politica decisionale assente nelle grandi questioni che decidono gli assetti del futuro piemontese: sono i trenta sindaci della Valle di Susa che ieri, venerdì 28 marzo, hanno deciso di intraprendere un viaggio di protesta dall’Alta valle olimpica fino a Torino, calandosi per un giorno nei panni dei pendolari che ormai sono sfiniti per via di ritardi, di soppressione treni all’ultimo minuto, condizioni e disagi stressanti e inaccettabili considerato anche il costo economico che un abbonamento rappresenta per il bilancio mensile di un individuo o di una famiglia.
La protesta dei sindaci della Valle Susa
Promossa dalle Unioni Montane Valle Susa e Alta Valle Susa, che hanno inviato una richiesta di incontro a Rfi, nella speranza, all’arrivo a Porta Nuova, di ottenere risposte e impegni per il miglioramento del servizio, l’iniziativa ha coinvolto anche i sindaci di Alpignano, Collegno e Grugliasco.
Lo schiaffo è giunto all’arrivo a Torino quando, nonostante la sollecitazione, nessuno di Rfi era ad aspettare le fasce tricolori che, dopo la foto di rito, sono tornate nelle tasche dei rispettivi proprietari amareggiati per la scarsa considerazione di chi sempre più dimostra la presunzione di un potere che si ritiene al di sopra della politica interpretata come qualcosa di secondario.
La mancata accoglienza di Rfi dei sindaci manifestanti, le risposte superficiali di Trenitalia e l’atteggiamento quasi laconico e rinunciatario della Regione Piemonte di fronte a dismissioni e disservizi, prova quanto chi davvero decide sia un potere economico che avrebbe ben poco a cuore lo sviluppo di un territorio ma, molto di più, la logica di mercato e il profitto. Non a caso, il collasso dei trasporti piemontese, dove l’unico l'eccezione del ritardo è diventata regola, sembra non essere compreso se non da chi paga dazio ogni giorno: pendolari, lavoratori e studenti.
Dalle linee internazionali al trasporto locale, le falle sono denunciate quotidianamente, ma la risposta istituzionale, sollecitata da opposizioni politiche che fungono da agguerrite sentinelle territoriali, non è di conforto, perché senza visione e grinta. E’ difficile sentirsi difesi da chi semplicemente prende atto delle decisioni di un potere che sembra ineluttabile e che corre il rischio di far passare sulla testa dei piemontesi anche i vantaggi che si erano ipotizzati con l’Alta velocità. Sarà certo un caso se si è iniziato da qualche tempo a parlare sempre di più di Milano-Lione e non di Torino-Lione, ma il timore è palpabile preoccupazione che desta altre decisioni che corrono, anzi si fermano, sulla linea per Parigi.
Fermata Frecciarossa: beffa per Bardonecchia
Dalla Regione Piemonte prendono atto, spiegando in Commissione trasporti, come la soppressione della fermata di Bardonecchia, dalla linea ad Alta velocità Torino-Parigi, già eliminata e poi reinserita nel 2022, ora sostituita con Oulx, sia definita da Trenitalia una scelta “di mero incoming turistico, soprattutto estero”.
Eppure, è proprio la sindaca di Bardonecchia Chiara Rossetti a sottolineare come la città abbia tutte le carte in regola per continuare a mantenere la fermata del Frecciarossa verso la Francia. Non solo cittadina di confine, ma snodo di sviluppo economico territoriale, ha registrato una crescita di presenze estere del 25 per cento rispetto all'anno precedente. Uno dei dati maggiori tra quelli realizzati dalle località turistiche della regione che non può non essere messo in evidenza sul tavolo strategico delle infrastrutture con Trenitalia che però, considerato lo stato in cui viene lasciata la stazione ferroviaria di Bardonecchia, si teme abbia altri progetti. Il passaggio dei due Frecciarossa da e per Roma, che potrebbe essere mantenuto anche nei fine settimana estivi, riduce la stazione unicamente al traffico nazionale, con la beffa che in caso di richiesta da parte della clientela il servizio potrebbe essere nuovamente valutato.

A Bardonecchia si è scelto negli anni di realizzare una forte integrazione del sistema sciistico con la linea ferroviaria, in virtù del quale oltre il 30 per cento dei turisti sceglie il treno come mezzo di accesso. La linea diretta per la Francia rischia di indebolire le nostre stazioni sciistiche a vantaggio di quelle del versante d’Oltralpe con i cambiamenti climatici più che incipienti, che già stanno fortemente penalizzando gli investimenti del settore.
L'indagine Pendolaria 2025 di Legambiente
Un trasporto su ferro che funziona, con servizi collaterali adeguati, stazioni moderne e accoglienti e collegamenti sul territorio efficienti sono stati da sempre presentati come alternativa a quello su gomma, che fosse merci o passeggeri, locale o internazionale. La “cura del ferro” com’era definita dall’allora ministro dei Trasporti Graziano Del Rio non è al momento in grado di curare la malattia grave dell’inquinamento atmosferico e soprattutto di consentire una facile nuova conversione di paradigma nei confronti dell’atteggiamento dei passeggeri che, demotivati, continuano a preferire l’auto personale al mezzo pubblico che sia su gomma o su ferro. Secondo il report Pendolaria 2025 di Legambiente in Piemonte sono molti i punti critici, sui quali il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, atteso per martedì prossimo a Torino, sarà chiamato a dare risposte soprattutto per ciò che riguarda lo stato di attuazione delle linee metropolitane cittadine.
Dal dopoguerra ad oggi, in Italia, i chilometri di autostrade sono aumentati di oltre 6.500. Da inizio secolo, invece, sono avvenute chiusure di linee per più di 1.700 km. In queste linee, il servizio è da pullman o, nei peggiori casi, scomparso. Il paradosso italiano è che in questo inizio di secolo sono state costruite nuove linee ad Alta velocità per complessivi 1.213 chilometri - lungo direttrici dove la domanda è fortissima, ma dove esistevano già dai 2 ai 4 binari -, mentre nel frattempo sono molti di più i chilometri dismessi, in territori rimasti senza collegamenti ferroviari. Le linee sospese o chiuse in Piemonte pesano sulla quotidianità di vent’anni di trasporto in regione. Sono state chiuse la Tortona-Novi Ligure (chiusura 2012, 19 km), la Alessandria-Ovada (chiusura 2012, 34 km) la Castagnole delle Lanze-Nizza-Alessandria (chiusura 2012, 45 km), la Chivasso-Asti (chiusura 2011, 52 km) la Asti-Casale Monferrato (chiusura 2012, 45 km) la Vercelli-Casale Monferrato (chiusura 2013, 19,2 km) la Bra-Cavallermaggiore (chiusura: 2020, 12,9 km), la Torre Pellice-Pinerolo (chiusura 2012, 17 km), la Saluzzo-Cuneo-Mondovì, chiusa nel 2012, ancora la Ceva-Ormea, sempre nel 2012, coi suoi 36 km, la Arona-Santhià (chiusura 2012, 65 km), la Varallo Sesia-Romagnano Sesia (chiusura 2014, 25 km).
L'incognita della metropolitana a Torino
In totale, si stima che siano stati chiusi oltre 200 km di linee ferroviarie in Piemonte dal 2000 ad oggi. La chiusura di queste linee ha avuto significative ripercussioni sul movimento dei passeggeri. Ad esempio, la sospensione della linea Pinerolo-Torre Pellice ha costretto molti pendolari a utilizzare l'automobile, aumentando il traffico e l'inquinamento nella Pianura Padana. Inoltre, sempre il rapporto di Legambiente evidenzia che linee come la Pinerolo-Torino-Chivasso e la Torino-Cuneo-Ventimiglia/Nizza sono diventate simboli del declino ferroviario, caratterizzate da ritardi, soppressioni di corse e materiale rotabile obsoleto, rendendo il servizio inaffidabile per i viaggiatori. Questi disservizi hanno portato a un aumento dell'uso di mezzi privati, con conseguente incremento del traffico stradale e delle emissioni inquinanti, oltre a disagi per i pendolari che affrontano tempi di percorrenza più lunghi e meno prevedibili.
In assenza però di una forte integrazione del trasporto pubblico su ferro e su gomma e del biglietto unico integrato sarà difficile sostenere economicamente le riattivazioni. Il rinnovo dei contratti di servizio a livello regionale e metropolitano offre un’occasione importante per integrare servizio, tariffe e abbonamenti.
Ancora secondo Pendolaria 2025, a Torino la rete tranviaria rimane a standard novecenteschi e non sono previste operazioni di reale potenziamento, come vere corsie segregate, la separazione funzionale dalla rete bus per evitare gli incolonnamenti, la riduzione delle fermate; anche il progetto di prolungamento della linea 15 a Grugliasco sembra tramontato; allo stesso tempo, mancano 26 milioni di euro per completare il prolungamento della linea 1 a Cascine Vica, cantiere in corso, in ritardo e che rischia di non finire mai; inoltre mancano 145 milioni per i nuovi treni metro, senza i quali sarà impossibile mantenere il livello di servizio attuale, e sono un punto interrogativo gli 800 milioni per costruire appena il primo pezzettino della linea 2 della metropolitana, che continua a essere troppo lontana nel tempo e troppo limitata nell’estensione per bastare da sola a cambiare la mobilità; infine, non esiste ancora un finanziamento completo sia per la realizzazione che per l’esercizio: a oggi, costruire la metro 2 vorrebbe dire non avere i soldi per gestirla.
A fronte di questi numeri e dei chiari di luna evidenti e confermati dalla non risposta alla protesta dei sindaci sul treno miracolosamente e beffardamente partito e arrivato in orario, viene da pensare che la politica per l’abbattimento dell’inquinamento stia inesorabilmente correndo su un binario morto.
All'inizio della lettura ho mentalmente lodato la protesta dei sindaci della val di Susa, rispetto al silenzio rassegnato della valle di Lanzo. La totale indifferenza delle istituzioni, mi ha invece confermato l'impotenza dei più deboli, di chi paga, con le tasse in primis, e con l'acquisto dei biglietti.
Un articolo sulle difficoltà di accesso alle valli di Lanzo, un tempo meta turistica ed oggi sempre più isolate, non farebbe che confermare quanto denunciato dalla Val di Susa.