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Torino, "l'ombra" di Giugurta sul Todays Festival...

Aggiornamento: 23 ago

di Aida dell'Oglio*


Il programma è intenso: una cinquantina di eventi, tra concerti rock, folk, pop, da oggi, 23 agosto al 2 settembre per il Todays Festival, sette dei quali al Parco della Confluenza di Torino. Cioè giorni di "movida" e musica in una delle zone di ripopolamento della fauna acquatica e terrestre più interessanti, e più preziose del nostro territorio, uno scrigno di biodiversità, come è definita. Ma nessuna paura... il sindaco Stefano Lorusso ha tranquillizzato gli ambientalisti: "Tutte le norme saranno rispettate".

Peccato che soltanto nel giugno scorso - motivo per cui non tutti gli ambientalisti si sentono tranquilli - un consigliere comunale, nella storica Sala dell'orologio, in una delle sedute in cui si sarebbe dovuto decidere la scelta del luogo idoneo dove far svolgere la serie di concerti previsti a Torino dopo ferragosto, avesse dichiarato: “E' ora di smettere di considerare alcune zone - si parlava del Parco della Confluenza - tali da proteggere sotto una cupola di cristallo”. In tal modo, interpretando il sentire dei più: non c'è nulla di tanto sacro da non poter essere sacrificato al Dio denaro. In quel medesimo contesto, c'è chi ha affermato che la fauna stanziale del Parco della Confluenza, potrà spostarsi fino alla conclusione della manifestazione musicale, per poi tornare a nidificare nei luoghi da cui il frastuono e l'affollamento di migliaia di persone, l'avrà fatta fuggire... 

Chissà perché in quel momento mi sono ricordata di Giugurta e delle Storie di Livio. Accadde che il berbero e re di Numidia, uscendo da Roma, dopo essere stato condannato dai magistrati del Foro, esclamò il famoso apoftegma: O urbem venalem et mature perituram si emptorem invenerit, ossia "Oh città venale e destinata a perire presto, se avrà trovato un compratore". In effetti, da un anno a questa parte, mi vado interrogando sulle oscure motivazioni delle scempio che si sta perpetrando un po' dappertutto, ma , riferendoci a casa nostra, in tante zone di Torino. Al di là delle valutazioni discutibili sugli alberi "malati" e dunque a rischio crollo..., ancora di recente, alcuni violenti acquazzoni hanno fornito la giustificazione ad interventi di abbattimenti. In realtà, la cultura scientifica ci informa che anche lo sradicamento di poderose querce, in visibile ottimo stato di salute, (vedi corso Brianza) trova la sua piena giustificazione nella superficialità con la quale nel passato si è pensato di piantare alberi laddove fino al mese prima c'era stata una discarica di macerie. E' ancora possibile osservare lo sviluppo del tutto orizzontale delle radici, mescolate a mattoni e macerie di asfalto e cemento.

Un esempio arriva anche dall'albero sradicato dalla collera del natura a Mirafiori sud, in via Angelo Fortunato Formiggini (si veda foto a lato). Eppure, anziché interrogarsi sulle ragioni del cambiamento climatico, si scambia causa per effetto e si punta diritto alla semplificazione, a sostenere che "se a causa del temporale sono caduti una cinquantina di alberi, avevamo ragione [noi amministratori pubblici n.d.r.] a voler abbattere gli aceri di Corso Belgio”.

Ma che cosa sta accadendo? C'è, infatti, da restare attoniti di fronte alle immagini che giungono da Roma, da Genova (ieri l'abbattimento di numerosi pini), da Gallarate, dalla Sicilia, da ogni parte d'Italia, dove centinaia di alberi sono già stati abbattuti ed altre operazioni di abbattimento sono previste sui viali e nei parchi cittadini. Eppure, se rimaniamo nello stretto ambito torinese, in udienza d'appello, il 31 luglio, tre giudici  si sono pronunciati a favore dei ricorrenti  che, da quindici mesi circa, si stanno battendo, anche per vie legali, per salvare l'alberata di aceri negundo di corso Belgio. Una sentenza che arriva dopo mesi di presidio contrassegnate da manifestazioni pacifiche, assemblee a cielo aperto per informare i cittadini e assemblee del Comitato, a cadenza settimanale, per fare costantemente il punto della situazione e monitorare anche gli eventi relativi al verde in molte altre città d'Italia. Tutto ciò per dare corso al principale fondamento costitutivo, quello per il quale centinaia di migliaia di persone si sono battute e su cui, in Italia, è nata la nostra Costituzione repubblicana: la partecipazione.

Ora, al di là anche delle contraddittorietà delle sentenze, in particolare sulla ripartizione delle spese, la magistratura ha fissato un principio chiaro: le amministrazioni pubbliche non possono danneggiare la salute dei cittadini con progetti di cosiddetta “riqualificazione”. Infatti, è stato riconosciuto lo stretto legame tra la salute dei cittadini e la presenza degli alberi, sottolineando come la rimozione degli stessi configuri un danno. L'Ordinanza del 31 luglio riconosce il diritto dei cittadini ad opporsi alle scelte della pubblica amministrazione, facendo valere le loro ragioni e costringendo il Comune a rivedere completamente i propri progetti. Certo l'ideale, per noi ricorrenti, sarebbe stato che venisse dichiarata  anche la necessità di tutelare i diritti degli alberi. Ma questo passo, molto importante, richiede una maturità che la nostra società, nel suo complesso, non dimostra ancora di avere raggiunto.

Il punto centrale della vertenza rimane, infatti , una diversa visione del mondo. Quella della pubblica amministrazione è la visione, arcaica ormai, che pone l'essere umano al centro della natura, “misura di tutte le cose”, al punto che può ignorare il diritto di vivere di tutti gli altri organismi, animali e vegetali. Anche nel passato le voci più accorte della cultura universale, hanno proclamato l'unicità delle forme viventi e oggi questo tipo di sensibilità si sta sviluppando, aiutata anche dalle moderne acquisizioni scientifiche, che ci hanno permesso di comprendere ampiamente il linguaggio degli animali e di monitorare la capacità delle piante di esprimere “sentimenti”.

Ma la nostra società, nel suo complesso, non appare ancora pronta a recepire nozioni che comportano una “rivoluzione” nel modo di concepire se stessi e l'Universo, di cui non siamo che una infinitesima parte. Per questo, il processo, inesorabile, procede tra molti violenti sussulti e, ad oggi, è ancora possibile distruggere, impunemente, piante ed animali che nessuna normativa protegge in modo efficace. E, ritornando al nostro "microcosmo" torinese, temiamo che da parte pubblica non vi sia più lo sguardo lungimirante del bene comune, ma soltanto la prospettiva economica.

Ma, duemila anni dopo dal processo a Giugurta, stavolta la Giustizia non ha condannato i ricorrenti e ha stabilito che erronee sono le tesi del Comune di Torino. Insomma, le premesse sono più che incoraggianti per continuare a lottare per difendere gli aceri negundo che appartengono a tutti i cittadini.


*Comitato "Salviamo gli alberi di Corso Belgio"

 

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