Terzo Polo e l'effetto Todde
Aggiornamento: 29 feb
di Giancarlo Rapetti*
Alessandra Todde è il nuovo Presidente della Regione Sardegna. Questo è l’unico dato certo. Per tutto il resto, vale la libera interpretazione. Renato Soru ha ottenuto 63 mila voti su 750 mila votanti: molto poco se si considera che si tratta di un imprenditore di successo, già Presidente della Regione ed Europarlamentare. E’ stato stritolato nella tenaglia della legge elettorale, che spinge l’elettore a scelte di schieramento, finalizzate non a sostenere il candidato prescelto, ma a non far vincere l’avversario di turno. Questa situazione si ripete ogni volta che il Terzo Polo, o qualcosa di simile, si affaccia autonomamente sulla scena. Lasciando da parte la Sardegna, sono state date di questi insuccessi molte spiegazioni.
La prima è l’incompatibilità tra i due campioni, Renzi e Calenda, con i relativi errori, di comunicazione ma soprattutto politici. Spiegazione convincente, ma non esaustiva. L’altra è che il “centro” è popolato di troppi generali senza soldati, teste fini ma che preferiscono le loro elaborazioni alla pratica della realtà. Spiegazione non sbagliata, ma molto parziale. Un’altra è che il pubblico, ai tempi della fretta, dei social e della distrazione, vuole una politica semplice e schematica; non vuole studiare, pensare, riflettere. Lo schema bipolare si presta molto meglio, aiutato dalle leggi elettorali ipermaggioritarie. Questa spiegazione coglie certamente un punto importante.
La più diffusa è quella che sostiene che, essendo la destra un blocco unito, pur nelle sue contraddizioni interne, tutto ciò che non è destra si deve unire per batterla. Il più simpatico sostenitore di questa linea è Bersani (“dove finisce la sinistra comincia la destra”); il più autorevole è Prodi (“se si vuole vincere bisogna unirsi, se si vuole perdere si può stare divisi”). Sembra ovvio, piace ai commentatori, eppure, ahimè, non spiega due cose essenziali: unire chi e per fare che cosa. L’asino casca sull’uovo di Colombo. Tra l’altro Prodi vinse due volte le elezioni e per due volte fu battuto dalla sua maggioranza, costruita per vincere.
Si può avanzare un dubbio, che il fallimento del Terzo Polo derivi dal fatto che è stato costruito su di una premessa sbagliata e contingente: non si è ricordato che i contenuti del progetto di cui i terzopolisti sono sostenitori erano già stati alla base della fondazione di un altro partito. L’idea di società basata sul lavoro e la conoscenza, libera nei costumi e nell’economia per promuovere la creazione di ricchezza attraverso il mercato e la concorrenza, e amministrata da una mano pubblica non invasiva, ma efficace nel garantire a tutti sanità, istruzione, sicurezza e assistenza sociale, questa idea di società era alla base del progetto fondativo del Partito Democratico. Il progetto si è appannato, si è perso per strada, ma il fatto che arrivi qualcuno a dire “ci riprovo io, senza il PD”, al netto di tutti gli errori di percorso, non si è rivelato convincente.
Quindi sì, forse è vero che i poli, per definizione, possono essere solo due, ma la composizione dei poli va definita in base agli obiettivi, al progetto politico che si vuole perseguire. Domanda: quota 100, il reddito di cittadinanza, la riduzione del ruolo del Parlamento cominciata con il taglio dei parlamentari, il Superbonus/contributo del 110%, la nazionalizzazione di Ilva e Alitalia fanno parte del progetto del campo progressista o centro sinistra, comunque lo si chiami, o no?
Se sì, ci si può associare agli entusiasmi per la vittoria del “campo largo” in Sardegna. Proseguendo una deriva masochista che ha colto il PD dall’agosto 2019 e che non ha una spiegazione razionale. Per paura di Salvini, il PD ha salvato dall’estinzione il MoVimento 5 stelle, e si è messo a fare il gregario delle peggiori cose. Nel merito, l’agenda del governo giallorosso è stata dettata al 100% dai grillini, il PD ha fatto il lavoro umile del portatore d’acqua; nelle alleanze locali, la coalizione giallorossa ha presentato candidati grillini dove poteva vincere e candidati PD dove la sconfitta era probabile.
Cesare preferiva essere primo in un villaggio che secondo a Roma, il PD sceglie di essere qualche volta secondo, dando per scontato di non essere mai primo. Eppure le ragioni fondative di quel partito ci sono ancora tutte. Vanno rafforzate ed allargate, per essere più inclusive delle istanze di tanta parte della maggioranza silenziosa. Il Fronte Repubblicano non può non comprendere il PD, e, al contrario, non può comprendere il MoVimento 5 stelle, che, in uno schema bipolare, fa largamente parte dello schieramento avverso. Non solo perché ha fatto un governo con la Lega, o perché ne condivide la posizione in politica europea ed estera, ma proprio per l’agenda iperpopulista che finora ha imposto al PD. Naturalmente gli schieramenti in politica possono essere a geometria variabile: per fermare la deriva plebiscitaria del premierato forte, qualunque alleanza va bene. Ma sulla maggior parte dei temi, quelli che toccano la sensibilità quotidiana dei comuni cittadini, se l’elettore dovrà scegliere tra Conte e Meloni, è lecito ritenere che l’oroscopo di Meloni sarà molto fortunato.
*Componente della Assemblea Nazionale di Azione
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