Sunshine Act: "una casa di vetro" per la sanità (III parte)
- Giuseppina Viberti ed Emanuele Davide Ruffino
- 6 dic 2022
- Tempo di lettura: 7 min

di Giuseppina Viberti e Emanuele Davide Ruffino
Il ruolo dello Stato: regole e sanzioni
Per cercare di contenere le “tentazioni”, non è raro trovare nella storia soluzioni originali per risolvere il problema: lo storico greco Diodoro Siculo (91 27 a.C.) dice: “Durante le campagne militari e i viaggi all’interno del paese tutti ricevono gratuitamente trattamenti terapeutici: infatti, i medici sono mantenuti a spese pubbliche”, mentre i medici della corte macedone non venivano remunerati, in quanto la corte soddisfaceva, con abbondanza, ogni loro esigenza.
In tempi recenti gli Stati hanno promulgato regole e sanzioni che tutte le strutture e le organizzazioni sanitarie devono far rispettare ai loro dipendenti. In Italia in ogni azienda è presente il “codice di comportamento aziendale” che permette di rendere pubblici le donazioni, i finanziamenti dell’industria e le attività finanziate. Le aziende sanitarie possono farsi finanziare un progetto già definito, ma senza condizionamenti nelle scelte, rispettando i codici etici e le linee guida.
L’approvazione, anche in Italia, di Sunshine Act induce tutte le aziende produttrici e gli operatori sanitari a rispettare il principio di trasparenza nei rapporti tra le imprese produttrici e i soggetti attivi nel settore salute. Gli strumenti introdotti vanno dal registro pubblico telematico, alla possibilità di sanzioni anche di tipo reputazionale.
Effetti e criticità di Sunshine Act sul PNRR
Perché questa legge produca effetti positivi è necessario che la società civile controlli il registro delle transazioni e che i media (organi d’informazione e singoli giornalisti in prima fila) rilevando, senza enfasi scandalistiche, transazioni che potrebbero comportare effetti negativi nella pratica medica.
E’ necessario evitare che la legge venga raggirata trasferendo molte transazioni tra sanitari e industria all’estero in paesi dove la legge non ha effetto. Negli USA è stato rilevato che c’è stata una tendenza negli anni pre pandemia a traferire corsi e congressi finanziati dall’industria in paesi vicini come il Messico (fenomeno ancora marginale nel nostro Paese).
Non si può d’altra parte non ricordare le preoccupazioni sollevate da Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi medici, al convegno di Confindustria, svoltosi a Roma il 12 luglio, “Sunshine Act. Focus sulla trasparenza in sanita”, relative al fatto che con questa legge si rischia di irrigidire i rapporti fra mondo sanitario pubblico e industria anche con alcune ombre sulla libertà di proteggere la propria privacy. Nell’ultimo anno gli investimenti in studi clinici in Italia sono calati del 27%; il rischio, secondo Boggetti, è che questa normativa crei un clima di incertezza e spinga le nostre imprese a portare all’estero gli investimenti in ricerca e sviluppo, perdendo l’occasione che il PNRR sta cercando di offrire al Paese. La trasparenza in sanità deve cioè essere associata ad una semplificazione normativa per consentire a tutti gli attori del sistema di agire in modo chiaro con regole intellegibili, in un percorso virtuoso.
Tutte le imprese iscritte a Confindustria dispositivi medici, con il proprio codice etico, si sono impegnate a introdurre la sponsorizzazione indiretta erogando il proprio contributo per la formazione degli operatori sanitari a soggetti terzi (provider, strutture sanitarie, società scientifiche) senza intervenire nella scelta dei professionisti che ne beneficiano, del programma scientifico e dei relatori. Infine la full transparency obbliga a pubblicare sui siti delle imprese tutti i trasferimenti di valore corrisposti nell’anno a favore del complesso mondo sanitario (provider, strutture sanitarie, società scientifiche) e gli importi versati agli operatori sanitari per consulenze, ricerca, borse di studio o collaborazioni per l’innovazione e l’utilizzo dei dispositivi medici.
I pericoli del terzo pagante
L’affermarsi delle assicurazioni, siano esse pubbliche (Inps, Inail e Servizio Sanitario Nazionale) che private, hanno dato origine ad una situazione dove, chi fruisce del servizio, non corrisponde a chi lo paga, né a colui che l’ha ordinato. Mancando un’immediata contrapposizione di interessi, il sistema deve quindi dotarsi di rigorose modalità di funzionamento in grado di scongiurare una crescita incontrollata della spesa, in un quadro di generale deresponsabilizzazione. Tale scenario impone di conciliare gli strumenti propri della cultura aziendale con una programmazione che tuteli gli interessi generali ed un sistema tariffario ancorato ai costi di produzione. Tale situazione, tipica della sanità, può offrire uno schema interpretativo per la risoluzione di alcuni conflitti tipici della nostra società. Il fatto che la maggioranza dei servizi acquisiti non sia pagata direttamente dal soggetto che ne fruisce, dà origine al cosiddetto "terzo pagante" che, oltre a provvedere agli aspetti finanziari, deve offrire maggiore facilità nel recuperare informazioni per garantire la tutela del fruitore stesso, superando così l'asimmetria informativa. Con il meccanismo del terzo pagate, in ambito sanitario, si possono identificare più attori:
- Un soggetto fruitore indotto a richiedere più prestazioni del necessario (venendo a mancare l’effetto di contenimento offerto dal prezzo);
- il servizio sanitario pubblico e i sistemi integrativi, interessati a limitare il consumo specie se ingiustificato (l’OMS ha più volte segnalato eccessi prescritti come, ad esempio, gli antibiotici ai bambini). Essendo però questi soggetti, distanti dal momento prescrittivo/erogativo, rilevano spesso con ritardo le effettive conseguenze;
- il prescrittore che, condizionato più dalle tecniche di medicina difensiva e di professionalità compartecipata, tende ad accentuare le prescrizioni oltre i vantaggi conseguibili.
Il limite dell'azione repressiva e sanzionatoria
Prima di Sunshine Act per stemperare gli effetti del terzo pagante, si è chiamato il cittadino a sopportare, almeno in parte, il costo dei farmaci o di altre prestazioni sanitarie (tramite ticket o altre forme di compartecipazione alla spesa) generando pochi incassi, ma condizionando significativamente l’andamento della spesa. L’adeguamento della domanda all’introduzione dei ticket ha fatto sorgere il dubbio che sia il paziente ad ammalarsi in base alle disposizioni del sistema e non il settore sanitario che interviene in base alle necessità reali. In Inghilterra, il costo per le truffe relative alle prescrizioni farmaceutiche comporta, secondo il Ministro del National Health Service, una spesa di centinaia di milioni di sterline (dato periodicamente aggiornato sul sito www.nhs.uk/).
Il problema, considerate le dimensioni, non può essere affrontato solo in termini ispettivi e repressivi o aumentando le sanzioni. Per gli equilibri generali del sistema è diventato necessario approntare politiche sanitarie che individuino le priorità e che creino una reale contrapposizione di interessi tra chi prescrive e chi sostiene la spesa, salvaguardando l’obiettivo di tutela generalizzata della popolazione.
Il problema diventa ben più complesso, quando si passa ad esaminare aspetti più propriamente clinici: le diversità e le anomalie registrate mettendo a confronto le modalità prescrittive lasciano ipotizzare che sia il paziente ad adeguarsi alle disponibilità del sistema.
Le aspettative dei pazienti
Se s’ipotizza che in un determinato contesto venga attivato un nuovo servizio sanitario, ben presto le potenzialità di questo sarebbero assorbite ed esaurite, indipendentemente dalle condizioni epidemiologiche. Parallelamente, si può rilevare come all’interno dello stesso ospedale reparti simili, che accettano i pazienti in modo del tutto casuale, presentano differenze nella prescrizione dei farmaci, nella richiesta di esami radiologici e di laboratorio (differenza anche per quanto concerne le segnalazioni delle urgenze) e ciò anche se si provvede a sistematizzare il comportamento dei reparti, tramite appositi indici di case mix e di performance.
Le aspettative del paziente e, di conseguenza, i comportamenti che questo assume, causa l’asimmetria informativa, sono spesso indotte dal sistema nel suo complesso: la distorsione di alcune aspettative può anche portare a non accettare le decisioni suggerite da personale professionale esperto e, ad esempio, peregrinare tra più pronto soccorso (per verificare l’esattezza della precedente anamnesi) o il richiedere il cambio del medico di famiglia, se questo non accondiscende alle richieste del paziente stesso.
Occorre sottolineare il fatto che non è il paziente che determina la cultura sanitaria e, di conseguenza, il suo comportamento, ma il sistema educativo e i mass media. L’azione di questi soggetti ha accresciuto, in molti casi, il livello culturale, ispirando comportamenti virtuosi, in altri generando apprensioni, paure e comportamenti inopportuni. Il paziente si adegua o, più esattamente, si adagia a quelle che sono le aspettative del sistema: non è solo un assunto economico per cui risulta spesso essere l’offerta che crea la domanda, ma un problema ancor più generale di rapporti tra pazienti e sistema sanitario.
Pratiche terapeutiche ed effetto placebo
L’effetto placebo rileva, in un ambito terapeutico, quante forze possono entrare in gioco nel determinare il processo di cura. Si è dimostrato come la suggestione sia in grado di attenuare o accentuare il dolore. Infatti, la percezione del dolore, e più in generale del bisogno sanitario, presenta molte componenti. L’effetto placebo (che si basa principalmente sulla forte fiducia nei confronti della terapia) ha la potenzialità di attenuare, in molti pazienti, la sofferenza. Nella medicina popolare, l’effetto placebo, ha costituito inconsapevolmente un importante riferimento, basando la propria affermazione sulla suggestionabilità dei pazienti, resa ulteriormente sensibile dall’apparato tecnico-rituale che in alcuni casi accompagnava la pratica terapeutica.
In tale contesto, il processo di specializzazione, ha ulteriormente aumentato le distanze tra individuo e sistema: perdendo di vista il paziente nel suo complesso per focalizzare l’attenzione sulla malattia, diventa naturale per il singolo professionista proporre ed erogare le prestazioni che maggiormente conosce e di cui possiede la tecnica. Se tale atteggiamento è inevitabile nei centri di alta specializzazione, dove viene direttamente richiesto di concentrare le risorse per la cura di una o poche fattispecie, maggiormente preoccupante è se questo atteggiamento si verifica anche in quelle strutture che, per loro missione, dovrebbero prendersi carico il soggetto nel suo essere persona.
Bisogni soggettive e condizionamenti del sistema
Queste riflessioni si ripropongono anche per i cosiddetti ricoveri residenziali, allorché al modificarsi di una norma o di un indirizzo di un organo sovraordinato, nel volgere di poco tempo le strutture tendono ad adeguarsi velocemente (e a far adeguare i pazienti). Questi comportamenti risultano maggiormente incontrollabili laddove il soggetto (l’anziano, l’handicappato) è portatore di diverse necessità, difficili da ricondurre ad un'unica forma di contratto assistenziale, obbligando il sistema a sostituirsi al singolo.
Di che cosa ha bisogno un soggetto, richiede invece una risposta che deve essere contestualizzata con l’evolversi del quadro clinico del soggetto, mentre il sistema tende ad adottare soluzioni in funzione delle proprie disponibilità: i reparti di medicina generale o di pneumologia che ricoverano quasi esclusivamente pazienti anziani e che presentano degenze molto lunghe, per esempio, non risponde ai bisogni del paziente, ma alle disponibilità del sistema.
Spesso si sono registrati anche improvvisi cambi d’intensità di attenzione (valutabile in termini di erogazioni di cure): classico è il passaggio da un ambiente ospedaliero, dove l’assistenza è massima, al domicilio del paziente stesso dove l’assistenza è inferiore o nulla. Alla dicotomia "mantenere ricoverato/dimettere il soggetto", si sono affiancate soluzioni alternative dettate sia da scelte consapevoli che da stati di necessità. Il fenomeno delle badanti ha registrato una crescita esponenziale e così, mentre il sistema si dibatte su quali operazioni deve svolgere una categoria professionale al posto di un’altra la realtà ha sviluppato soluzioni alternative scarsamente monitorate e per queste ragioni l’introduzione del Sunshine Act può costituire un fattore di razionalizzazione.
I precedenti articoli in
https://www.laportadivetro.com/post/sunshine-act-una-casa-di-vetro-per-la-sanità-i-parte
https://www.laportadivetro.com/post/sunshine-act-una-casa-di-vetro-per-la-sanità-iiparte
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