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Storia del Movimento5Stelle-8 Da movimento a partito di governo


di Giorgio Bertola


Ottava puntata della storia del Movimento 5 Stelle scritta da Giorgio Bertola, consigliere regionale del Piemonte (Gruppo misto-Europa Verde), uno dei fondatori di quest'esperienza politica a Torino le cui vicende entrano a far parte della scena politica italiana nel 2009. Gli appuntamenti ogni martedì e venerdì della settimana.


Nel 2017 il M5S si prepara per le nuove elezioni politiche, dopo gli anni di opposizione in Parlamento. La “non associazione” senza organi intermedi delle origini[1] ha da tempo lasciato spazio a una struttura leggera con organismi resi necessari sia da obblighi di legge che dalle esigenze di una forza politica nazionale con una forte presenza nelle istituzioni. Dal punto di vista dell’organizzazione, oltre al già citato “direttorio”, si registra una crescente presenza di organi intermedi[2]. Grillo la chiama “struttura di coordinamento”[3], basata su rappresentanti del M5S nelle istituzioni che svolgono funzioni importanti come occuparsi delle varie sezioni della piattaforma Rousseau e del supporto ai comuni. Il M5S si dota inoltre di uno Statuto e di un Codice Etico, e vengono codificati organismi come il Comitato d’Appello (in seguito di Garanzia) e il Collegio dei Probiviri, a vigilare sul rispetto dei doveri degli iscritti.

La legge elettorale prevede l’indicazione di un nome per il Presidente del Consiglio dei Ministri; tale previsione era presente sia per le elezioni del 2013, per le quali vigeva il famigerato “Porcellum”[4], sia per quelle successive, che vedranno l’applicazione della Legge Rosato, o “Rosatellum”[5]. Se nel 2013 questione era stata risolta indicando Beppe Grillo (che comunque si sarebbe sempre autodefinito Garante), in vista delle politiche del 2018 si procede con delle primarie online. A spuntarla è Luigi Di Maio, unico candidato di punta, con una maggioranza schiacciante[6].

Lo Statuto denomina la nuova figura “capo politico” e ne definisce le prerogative; resta in carica per cinque anni e può essere eletto per un massimo di due mandati, come tutti gli altri rappresentanti del M5S. Non può, tuttavia, essere sfiduciato, se non attraverso una delibera assunta dal Garante o dal Comitato di Garanzia a maggioranza assoluta, successivamente ratificata con una votazione online degli iscritti. Il 5 novembre del 2017 si tengono le elezioni regionali in Sicilia. A vincere è il candidato del centrodestra Nello Musumeci, ma il M5S, con il 26,67%, è la lista più votata[7].

Il 1° marzo 2018 Luigi Di Maio, con una convention a Roma, presenta la squadra di governo da proporre al Presidente della Repubblica in caso di vittoria alle elezioni[8]. Il gruppo è composto da esponenti di lungo corso del M5S e da figure prese dalla società civile, tra questi anche Giuseppe Conte, che viene proposto per il dicastero della Pubblica Amministrazione. Alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 il M5S è la prima forza politica a livello nazionale, con più del 32% dei consensi. Come già avvenuto nel 2013, il risultato del voto non conferisce la maggioranza assoluta a nessuna delle coalizioni, e si apre una lunga fase di stallo. Il M5S, con 227 seggi alla Camera e 111 al Senato è l’ago della bilancia.

Il dibattito politico, dapprima, si incentra sulla possibilità di un accordo tra M5S e PD, non sgradito al Quirinale e alternativo ad un governo istituzionale o a un ritorno alle urne. Il PD, tuttavia, sulla questione è spaccato, e l’ipotesi di un governo giallo-rosso tramonta definitivamente quando Matteo Renzi, ospite della trasmissione Che tempo che fa, la liquida come “impossibile”[9]. Renzi non è più segretario dei democratici, ma ha ancora saldamente in mano la maggioranza nel partito, e la sua presa di posizione fa naufragare la trattativa. A quel punto, riprende quota l’ipotesi di un governo M5S-Lega, che pochi giorni dopo il voto era stata accantonata per via del veto deciso delle altre componenti della coalizione di centrodestra, che chiedevano lealtà a Salvini[10]. Luigi Di Maio, per sedare le polemiche interne e tenere compatto il M5S si fa forte di quanto dichiarato prima del voto, ovvero della disponibilità a formare un governo con chi si fosse reso disponibile a sottoscrivere un contratto sulla base di un programma. Un esecutivo sulla falsariga della Grosse Koalition tedesca[11].

Dopo una lunga trattativa, l’accordo arriva per mezzo di un contratto di governo tra M5S e Lega, che propongono al Presidente della Repubblica il nominativo del professore universitario di diritto Giuseppe Conte come Premier. Il M5S sottopone il documento, denominato Contratto per il Governo del Cambiamento, al voto degli iscritti, che il 18 maggio lo approveranno con oltre il 94% dei 44.796 voti espressi sulla piattaforma Rousseau[12]. È la prima volta che una forza politica subordina il sostegno a un governo al consenso dei suoi iscritti. (continua)


Note


[1] Cfr. pararafo 1.2.

[2] Biancalana, Cecilia e Piccio, Daniela R., L’organizzazione del MoVimento 5 stelle: continuità o cambiamento?, 2018: 435-462, p.460.

[4] Legge 270 del 21 dicembre 2005, che prevedeva un sistema proporzionale con premio di maggioranza e liste bloccate, in seguito dichiarata parzialmente incostituzionale.

[5] Legge 165 del 3 novembre 2018, che prevede un sistema elettorale misto proporzionale e maggioritario.



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