Storia del Movimento5Stelle-20 Democrazia digitale "dall'alto" e "dal basso"
Aggiornamento: 7 giorni fa
di Giorgio Bertola
Ventesima puntata della storia del Movimento 5 Stelle scritta da Giorgio Bertola, consigliere regionale del Piemonte (Gruppo misto-Europa Verde), uno dei fondatori di quest'esperienza a Torino, le cui vicende entrano a far parte della scena politica italiana nel 2009. In questo passaggio l'autore prosegue la riflessione sul concetto di democrazia digitale.
Tornando alla democrazia digitale, dobbiamo innanzitutto sottolineare che essa individua prospettive diverse a seconda che sia collocata nel paradigma della democrazia diretta o in quello della democrazia partecipativa, e non è possibile darne una definizione univoca. Dahlberg[1] individua quattro diverse tipologie di democrazia digitale: liberale-individualista, deliberativa, contro-pubblici e marxista-autonomista. La prima posizione è alla base dell’espressione delle istanza individuali nei processi decisionali della democrazia rappresentativa. A questa posizione appartengono soggetti come Amnesty International e Avaaz.org, oltre a iniziative di e-democracy di tipo istituzionale. La posizione deliberativa è costituita da processi che tendono alla costruzione del consenso razionale nei media digitali, all’interno di una visione habermasiana della sfera pubblica, come nel caso delle assemblee dei cittadini nelle quali vengono prese decisioni, o in quelle supportate da piattaforme. La terza posizione considera i media digitali come luogo di conflitto e non come strumenti di costruzione del consenso. La posizione marxista-autonomista, infine, ritiene che i media digitali siano uno strumento di contropotere, capace di promuovere forme di condivisione di beni comuni alternative al sistema capitalistico. Secondo De Blasio[2], la e-democracy è tale quando le tecnologie digitali coniugano la facilitazione di una partecipazione episodica, legata solo al momento del voto, con una pratica deliberativa continuativa. Nella definizione data da Sorice, la e-democracy «consente il passaggio da una democrazia ‘intermittente’ e a ‘bassa intensità’, in cui la partecipazione politica si concretizza e si esaurisce solo nel momento elettorale, a una democrazia partecipata e capace di impegnare i cittadini»[3].
Applicazioni top-down e bottom-up
Coleman e Blumler[4] individuano due differenti approcci alla democrazia digitale: uno “dall’alto”, che promuove iniziative gestite da istituzioni statali, e uno “dal basso”, espressione di singoli cittadini o di gruppi organizzati che manifestano la volontà di partecipare all’azione politica attraverso Internet. Secondo i due studiosi, le esperienze di democrazia digitale top-down producono una più ampia informazione e un maggiore interesse sui temi trattati, diventando anche momenti educativi per i cittadini, ma comportano il rischio di esiti preconfezionati, frutto della eccessiva proceduralizzazione. Le forme di e-democracy “dal basso”, invece, cercano di giocare un ruolo nelle decisioni delle istituzioni, cercando di influenzarne l’agenda, ma trovano il loro limite proprio nella disconnessione tra esse e le istituzioni. La democrazia è efficace se chi governa a tutti i livelli riesce a rispondere a coloro che afferma di rappresentare, e perché ciò sia possibile è necessaria la presenza di canali di discorso comune tra la sfera politica ufficiale e quella informale.
Quanto alle applicazioni pratiche, possiamo citare alcuni esempi di democrazia digitale, sia per la forma top-down, che per quella bottom-up. Nella prima tipologia rientrano esperienze come quella del bilancio partecipativo del Comune di Parigi, proposta nel 2014 dalla Sindaca Anne Hidalgo, utilizzando le piattaforme di e-democracy Paris Petitions e Idée Paris[5]; in Italia 35 Comuni e due Province hanno adottato questo strumento[6].
Il progetto Airesis
Altro esempio importante a livello comunitario è quello della European Citizens’ Initiative[7], una piattaforma che consente ai cittadini europei di formulare proposte di legge e petizioni raccogliendo firme online. La piattaforma è stata lanciata a seguito del Trattato di Lisbona; non prevede spazi di deliberazione e di discussione online, ma influenza l’agenda del Parlamento europeo e rappresenta uno strumento di proposta.
A livello nazionale, oltre all’esempio già dibattuto rappresentato da Rousseau[8], come esempio “dal basso” possiamo citare il progetto Airesis[9], che nasce come piattaforma per la democrazia partecipativa, ma che talvolta è stata usato anche come piattaforma di voto in pratiche di democrazia diretta. Si tratta di un sistema adottato in modo autonomo anche da alcuni gruppi del M5S, prima dell’arrivo di Rousseau[10].
Nelle esperienze dei movimenti sociali, tuttavia, lo sviluppo di forme di democrazia partecipativa attraverso l’utilizzo di piattaforme digitali si è talvolta affiancato al rifiuto della delega e della rappresentanza, con episodi nei quali la narrazione sulla democrazia diretta ha coperto forme di leadership paternalistiche[11]. Secondo De Blasio[12], lo studio sui movimenti può comunque contribuire a far emergere il ruolo della democrazia digitale, soprattutto quella di tipo partecipativo-deliberativa, nello sviluppo di discorsi politici anche in spazi attraversati da persone normalmente poco interessate alla politica, col rischio, tuttavia, di un “partecipazionismo” superficiale, un attivismo da tastiera (o clicktivism) limitato al gesto del voto.
Note
[1] Dahlberg, Lincoln, Re-constructing digital democracy: An outline of four “positions”, New media & society 13.6, 2011, pp. 855-872, citato in De Blasio, ivi, pp. 37-38.
[2] De Blasio, op. cit., p. 41.
[3] Sorice, Michele, I media e la democrazia, Vol. 1, Roma, Carocci Editore spa, 2014, pp. 159-160, citato in De Blasio, op. cit, p. 43.
[4] Coleman, Stephen e Blumler, Jay G., The Internet and democratic citizenship: Theory, practice and policy, Cambridge University Press, 2009, citato in De Blasio, ivi, p. 93.
[5] De Blasio, op. cit., p. 99.
[6] https://www.polyas.it/news/democrazia-oggi/bilancio-partecipativo-comuni, consultato il 18 febbraio 2023.
[7] De Blasio, op. cit., p. 100, https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/149/iniziativa-dei-cittadini-europei, consultato il 29 gennaio 2023.
[8] Cfr. cap. 2, par. 2.2, ma ci torneremo anche nella prossima sezione.
[9] De Blasio, op. cit., p. 114, https://www.airesis.it/, consultato il 29 gennaio 2023.
[10] L’utilizzo di piattaforme alternative rispetto a quelle ufficiali del M5S non è mai stato tollerato da parte dei suoi vertici.
[11] Elemento già evidenziato nel caso del M5S, cfr. cap. 2, par. 2.1.
[12] De Blasio, op. cit., p. 67.
Precedenti puntate in:
https://www.laportadivetro.com/post/storia-del-movimento5stelle-7-la-morte-di-gianroberto-casaleggio
https://www.laportadivetro.com/post/storia-del-movimento5stelle-10-il-governo-conte-i-entra-in-crisi
https://www.laportadivetro.com/post/storia-del-movimento5stelle-14-piattaforma-rousseau-e-l-eredità-di-gianroberto-casaleggio;
https://www.laportadivetro.com/post/storia-del-movimento5stelle-15-piattaforma-rousseau-criticità;
Comments