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Giorgio Bertola

Storia del Movimento5Stelle-16 Piattaforma Rousseau: criticità2

di Giorgio Bertola


Sedicesima puntata della storia del Movimento 5 Stelle scritta da Giorgio Bertola, consigliere regionale del Piemonte (Gruppo misto-Europa Verde), uno dei fondatori di quest'esperienza a Torino, le cui vicende entrano a far parte della scena politica italiana nel 2009. In questa puntata, si riprende l'analisi delle criticità della Piattaforma Rousseau.



Altri contributi[1] hanno evidenziato lo scarso numero di votanti sulla piattaforma, soprattutto in occasione di consultazioni importanti come quelle indirizzate a scegliere i candidati per le elezioni nazionali ed europee.


La scarsa partecipazione alle votazioni

Riguardo a questa critica occorre tener ben presenti una serie di aspetti. Va innanzitutto sottolineato che le votazioni più importanti, sia su Rousseau che sulla piattaforma che l’ha preceduta non sono aperte a tutti gli iscritti, ma solo a quelli acquisiti entro un certo termine (di solito tre o sei mesi), per scongiurare eventuali cordate di gruppi organizzati per concentrare il voto su un candidato o su una delle opzioni oggetto della consultazione. Questa limitazione ha ridotto in modo significativo il numero potenziale dei votanti, specie in occasione delle “parlamentarie” del dicembre 2012. Se, da un lato, è giusto dar conto di questa circostanza oggettiva, occorre tuttavia anche paragonarla alle modalità con le quali le altre forze politiche scelgono i candidati alle elezioni, senza peraltro trascurare le criticità delle leggi elettorali per le elezioni politiche in vigore da quando il M5S è stato fondato[2].

Con le sue “parlamentarie” il M5S, pur con tutti i limiti evidenziati, ha di fatto allargato a “molti” la possibilità di operare delle scelte normalmente riservate a “pochi”. In Italia, i sistemi elettorali che si sono succeduti negli ultimi trent’anni[3] prevedono, oltre ai collegi uninominali, delle liste bloccate, che non consentono l’espressione di un voto di preferenza per i candidati. Questa circostanza, associata alla mancanza di una norma che obblighi le forze politiche a procedere con delle primarie interne, ha fatto sì che, salvo poche eccezioni[4], la scelta dei parlamentari della Repubblica ricada interamente sulle segreterie di partito, lasciando agli elettori soltanto la scelta relativa alla forza politica alla quale dare fiducia. Da una parte, quindi, in molti casi, poche decine di clic, ma contrapposti ad un panorama politico che per scelte di pari importanza nella maggior parte dei casi non ha coinvolto alcun iscritto.

Il tema della scarsa partecipazione ad iniziative di democrazia diretta in rete trova inoltre motivazioni di carattere più ampio. La più importante è senza dubbio quella legata al digital divide[5], vale a dire alle disparità nelle possibilità di accesso agli strumenti informatici. Il divario digitale riguarda due livelli diversi, uno legato alle infrastrutture e uno legato alle competenze. Quello legato alle infrastrutture attiene sia alle risorse finanziarie necessarie a possedere un dispositivo informatico, sia all’accesso ad una connessione adeguata[6]. Il secondo aspetto riguarda invece la possibilità di usare gli strumenti digitali e la rete in relazione al livello individuale di scolarizzazione e di alfabetizzazione informatica.

Il digital divide può quindi rappresentare un oggettivo impedimento alla partecipazione alla vita politica online. È inoltre probabile che non tutti gli iscritti ad una piattaforma come Rousseau siano disposti a dedicare il tempo necessario ad informarsi sui candidati o sui temi argomento delle consultazioni, e successivamente ad esprimere il proprio voto. Secondo Giacomini[7], le decisioni prese con strumenti di democrazia diretta, anche digitale, vedono la partecipazione effettiva limitata a chi ha un interesse diretto nella decisione.


La scarsa possibilità di iniziative “dal basso”

L’ultimo aspetto critico sul quale intendiamo soffermarci è quello relativo alla tipologia delle votazioni effettuate su Rousseau. Se, infatti, da un lato la piattaforma ha l’obiettivo dichiarato di realizzare l’ideale di democrazia diretta in rete di Gianroberto Casaleggio, non si può fare a meno di rilevare come tutte le votazioni abbiano origine “dall’alto”. Non sono infatti presenti procedure che permettano agli iscritti al M5S di proporre dei quesiti da mettere al voto sulla piattaforma, nonostante una delle basi della democrazia diretta sia proprio la possibilità per i cittadini di proporre quesiti referendari. L’elemento di iniziativa “dal basso” più forte all’interno di Rousseau è quello rappresentato dalla sezione Lex Iscritti, che permette di elaborare proposte di legge che hanno la possibilità, se rientranti tra le più votate, di essere depositate in Parlamento dai rappresentanti del M5S.

Un elemento certamente non sufficiente a realizzare appieno gli ideali di democrazia diretta da sempre portati avanti dal M5S. Altri spunti critici riguardo alla tipologia delle votazioni sono quelli relativi alle caratteristiche dei quesiti; è stato infatti rilevato come sovente non venga riservata una pari attenzione a tutte le opzioni[8], oltre alla totale assenza di spazi di riflessione. Spesso, inoltre, accade che votazioni su importanti modifiche alle regole interne del M5S, come quella che ha introdotto il “mandato zero[9]” vengano precedute da massicce campagne di comunicazione su Facebook da parte degli esponenti di spicco del M5S, condizionando di fatto il voto degli iscritti.

Lo squilibrio negli spazi riservati alle varie opzioni da scegliere, la mancanza di luoghi di discussione e di confronto, e il chiaro posizionamento di figure influenti su una delle opzioni contribuiscono a indirizzare fortemente il voto, lasciando ben poco spazio al dissenso. Rousseau è uno strumento importante, ma non viene usato per consentire agli iscritti al M5S di determinare la politica del M5S, con decisioni prese a seguito di un processo dialogico; è bensì il mezzo attraverso il quale raccogliere il consenso su decisioni già prese. L’ideale di democrazia diretta in rete del M5S, da realizzarsi attraverso la piattaforma Rousseau, è quindi progressivamente andato incontro ad una deriva plebiscitaria, iniziata con Di Maio, ma che, come vedremo più avanti, si è rafforzata con la leadership di Conte e il divorzio tra il M5S e Rousseau.

 

Note


[1] Mosca, Lorenzo, Problemi e limiti del modello organizzativo «cybercratico» nell'esperienza del Movimento 5 Stelle, Ragion pratica 1, 2015: 37-52, p. 44.

[2] Cfr. anche cap. I, par. 1.3.

[3] A partire dal cosiddetto “Mattarellum”, legge elettorale approvata nel 1993. Fino ad allora, e a partire dalle prime elezioni repubblicane, il sistema elettorale prevedeva listini plurinominali con la possibilità di esprimere delle preferenze.

[4] Il Partito Democratico per le elezioni politiche del 2013 ha effettuato delle primarie con seggi “fisici”, ma solo per una parte dei candidati, e senza rinunciare a “paracadutare” candidati in collegi sicuri, sebbene lontani dalle regioni di residenza.

[5] Se ne parla in Giacomini, Gabriele, Potere digitale, Milano, Meltemi editore, 2018, pp. 207-209.

[6] Il M5S considera fondamentale la copertura totale del territorio nazionale con la connessione a banda larga, cfr. par. 1.

[7] Giacomini, Gabriele, Da Rousseau a rousseau. it. L’ideale della democrazia diretta (attraverso il digitale) e la sua (im) praticabilità, Biblioteca della libertà 227, 2020, p. 27.

[8] Mosca, Lorenzo, Problemi e limiti del modello organizzativo “cybercratico” nell'esperienza del Movimento 5 Stelle, Ragion pratica 1, 2015: 37-52, p. 46. Il riferimento citato riguarda una votazione avvenuta sulla piattaforma precedente a Rousseau, ma la considerazione è valida anche per molte consultazioni successive.

[9] Con l’introduzione del “mandato zero” il numero massimo di mandati elettivi consentiti nel M5S passa da due a tre, ma solo per coloro i quali hanno effettuato il primo mandato in un Consiglio comunale. Su questo cfr. anche cap. I, par. 1.3.



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