SETTIMANA FINANZIARIA Usa, l'inflazione ora corre...
di Stefano E. Rossi

Jerome Powell, capo della FED, aveva ragione. Seduto sulla prestigiosa sedia dell’autorità monetaria americana, giorno dopo giorno sempre più scomoda, sin dalla settimana scorsa vedeva già quello che oggi è di dominio pubblico. L’inflazione Usa sta rialzando la testa. E allora, aveva fatto bene a dichiarare che non c’era fretta di toccare i tassi d’interesse, nonostante sapesse benissimo che questo avrebbe suscitato le ire del Presidente.
Il Dollaro si sta rafforzando su Sterlina e Yen e verso l’Euro si mantiene dapprima stabile, poi perde qualcosa. La moneta europea si è apprezzata negli ultimi giorni, dopo un minimo stagionale sul Dollaro di 1,0212, registrato a inizio mese. Con l’attuale rimbalzo a 1,0515 emerge la maggior consapevolezza delle potenzialità di reazione, sia politiche, sia in termini di economia industriale e dei consumi. A favore dell’Euro, che ha raggiunto in serata il valore massimo da inizio anno, giovano anche le prospettive di sospensione dell’aggressione russa all’Ucraina, una guerra troppo vicina per non influire sulla stabilità economico-valutaria dell’intera area.
Da alcuni giorni, in fase d’apertura, il clima che si respira nelle Borse europee pare sereno, quasi piatto. L’immagine è quella di uno specchio lacustre, appena disturbato dal lontano rumore d’una cascata, dalla quale ci si vuole tenere a distanza. Quando qui è mattina, Trump dorme. Quindi, è ancora lontana l’eco delle sue improvvide dichiarazioni quotidiane, distorsive delle più consolidate relazioni economiche e commerciali Usa-Ue. Poi, nel pomeriggio e ancor più in serata, il rumore sale. Allora le Borse europee prendono ad animarsi di emotività ancora acerbe, che non sempre giungeranno a piena maturazione entro l’orario di chiusura del mercato. Rincorrere i tempi e i modi in cui quell’energia si sprigionerà sui mercati globali, anche oggi, è materia dei cronisti delle dirette online, ai quali lasciamo volentieri il divertimento.
I dati macroeconomici
Usa: l’inflazione, come ricordato, ha sorpreso tutti salendo al +3,0% annuo, +0,5% mensile. Le attese puntavano a un suo raffreddamento (+2,9% annuo, +0,3% mese). Per contro, i consumi al dettaglio dei privati nel mese di gennaio sono scesi del -0,9%, mentre le attese degli analisti guardavano a un più contenuto -0,2% mensile. Vedremo più in là quanto questi dati saranno da considerare a sé stanti o se delineeranno l’inizio di un trend di declino, con l’inflazione sopra gli obiettivi e una riduzione dei consumi.
Ue: la produzione industriale è scesa a gennaio del -1,1% mensile, -2,0% annuo. Il Pil 2024 aveva chiuso con un dato definitivo al +0,9% annuo. L’economia europea si conferma debole e, anche per il 2025, è previsto un Pil poco sotto il punto percentuale.
Italia, produzione industriale a dicembre: -3,1% su base mensile, che aggrava ulteriormente la contrazione, già presente su base annua, portandola al -7,1%. Questo dato rappresenta il calo più vistoso degli ultimi tre anni. È ampiamente inaspettato nelle sue proporzioni, benché ci siano timori che, a comprimerlo oltre le attese, siano le interferenze di procedure di destagionalizzazione. I prossimi dati, quelli del mese di gennaio, risolveranno i dubbi di una dinamica che, nei termini attuali, si confronta solo con quella del luglio 2020, quando eravamo nel pieno del guado della crisi pandemica.
La produzione arretra in tutti i comparti, anche quelli tradizionalmente più promettenti, come l’agroalimentare, il farmaceutico e quello dei componenti elettronici. L’unico settore anticiclico è l’energia, che segna un +5,5%, manifestandosi come ulteriore fardello a carico del già depresso scenario industriale complessivo.
Di conseguenza, sembra ora compromessa la crescita del Pil italiano per il 2025, sia per i cali della produzione, ma anche per l’andamento dei consumi interni e il contesto internazionale. Perciò, la stima iniziale del +1% potrebbe già risultare troppo ottimistica. In proposito, occorre ricordare che proveniamo da un Pil 2024 che si era fermato allo 0,5%.
Siamo davvero distanti dagli effetti originariamente sperati sulla crescita della nostra economia, per la valanga di Euro che l’Ue ci aveva assegnato tre anni fa con il Recovery Fund, poi tradotto nel PNRR.
A Piazza Affari la settimana finanziaria è stata caratterizzata da una forte attrazione del settore della moda e del lusso. Spiccano le azioni di Moncler, Campari e anche Ferrari. Il fenomeno è di portata internazionale e vede come capofila il gruppo francese Hermes, forte di aumenti di fatturato e di risultato netto a due cifre percentuali. Le performance italiane si riferiscono sia alle pubblicazioni dei bilanci 2024, molto favorevoli in termini di vendite e di redditività, sia alle dinamiche di crescita dell’export verso la Cina.
Anche il cosiddetto risiko bancario si conferma sempre avvincente e pieno di novità. Più che nuove mosse di attacco, stavolta si sono viste contromosse a difesa. Come si è sentito dire, le prede stanno provando a scappare. Così fa Commerzbank che rafforza il valore di azioni fortemente volute da Unicredit. Aumenta i dividendi e dà il via a un piano di esuberi da 3.900 dipendenti, con tagli drastici dei costi del personale. Ci prova anche Popolare di Sondrio che, però, contro Bper Banca trova sulla propria strada Unipol, anch’essa favorevole all’ops ostile lanciata nelle scorse settimane. Infine c’è il rafforzamento della proposta di Banca Bpm per il Fondo Anima Sgr. Ha migliorato i termini dell’offerta, portando il prezzo per azione da 6,2 a 7 Euro, per convincere gli investitori ad aderire al suo progetto di acquisizione.
Purtroppo, dalla pubblicazione dei bilanci 2024 non arrivano solo notizie confortanti. È il caso di Interpump, azienda del settore delle pompe a pressione, che ha diffuso utili in forte calo (-18%) e una contrazione del fatturato di quasi il 10%. Venerdì, da metà seduta, il titolo è crollato compromettendo in poche ore i guadagni degli azionisti di un intero semestre.
Le prospettive di pace alleggeriscono il prezzo del petrolio, il cui deprezzamento si riflette sui titoli energetici, e in più tendono a deprimere il comparto europeo della difesa. Dalla tendenza al ribasso si sfila Leonardo, che regge sulle dichiarazioni del Ministro della Difesa a sostegno dell’aumento della spesa militare italiana.
Infine, il settore delle telecomunicazioni, che è in fibrillazione. Tim registra la sua peggiore prestazione da inizio anno. Non sono gradite le notizie sul riassetto azionario, che vede Poste Italiane subentrare alla quota di Cdp, oltre alle indiscrezioni di un progetto per la posa della fibra in Kuwait, sull’opportunità del quale il Consiglio di Amministrazione si è spaccato.
Il Borsino della settimana – rassegna dei migliori e dei peggiori titoli.
I Tori: Moncler +11,22%, IVECO +10,71%
Gli Orsi: Interpump -10,05%, Telecom Italia -8,24%
FTSE MIB: +2,50% (valore indice: 37.982)
Comentarios