SETTIMANA FINANZIARIA. Titoli del Tesoro Usa in caduta
- a cura di Stefano E. Rossi
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a cura di Stefano E. Rossi

Anche stavolta, tutti gli occhi sono puntati sull’altra sponda dell’Atlantico. Da quando il Presidente Usa ha avviato la sua guerra commerciale senza confini, l’impressione è che i titoli del tesoro statunitensi abbiano perso la loro qualità di bene rifugio. Gli investitori di tutto il mondo li avevano preferiti ad altri per decenni, durante le peggiori crisi finanziarie, economiche, sociali e sanitarie. Da inizio mese, invece, tra lo sbalordimento degli operatori, hanno preso ad oscillare con la stessa volatilità delle azioni, delle cripto-valute o, come ha dichiarato Lawrence Summer, il precedente Segretario del Tesoro americano, al pari del debito di un Paese emergente qualsiasi.
Dollaro sopravvalutato del 20 per cento
Stessa sorte e stessi scossoni per il biglietto verde. Le analisi sul brusco deprezzamento del dollaro, che stanno circolando tra gli operatori di Wall Street, però, tengono conto di altre considerazioni. Ci dicono che, almeno dal 2017, è sopravvalutato del 20%, grazie alla spinta dei super rendimenti del mercato azionario Usa. I guadagni degli ultimi dieci anni, che avevano attirato gli investitori sui titoli americani, denominati in dollari, stanno ora vacillando. Da inizio anno, i flussi d’acquisto degli investitori europei in America sono crollati e le vendite sono prevalse sugli acquisti per un controvalore di circa 10 miliardi di dollari.
Ma Donald Trump è imperturbabile. Contro la Cina, è impegnato ad alzare le puntate della più grande partita a poker della storia. A dirlo è l’edizione americana di Bloomberg, una delle maggiori e accreditate agenzie d’informazione finanziaria, forte dei suoi 15 mila dipendenti sparsi in tutto il mondo. Di questo gioco, l’ultima a farne le spese è Nvidia con un ribasso del 9% negli ultimi due giorni, a causa delle limitazioni imposte all’esportazioni in Cina dei super chip per l’intelligenza artificiale. Sorpresi gli azionisti, che non vedono riconosciuto l’impegno della società, da poco assunto, per la costruzione negli Usa di un’infrastruttura di intelligenza artificiale da 500 miliardi di dollari.
Il sentimento verso la Borsa da parte dei consumatori americani, raccolto a uso e consumo degli analisti di New York, è bearish, cioè ribassista (the bear è l’orso, che attacca buttandosi sulla preda dall’alto verso il basso). Prezzi e rendimenti vengono ritenuti sovra stimati e sono visti in riduzione per un lungo periodo.
Giochi pericolosi tra super potenze, armi evocate simbolicamente sul tavolo, altre armi, truppe e flotte, stavolta vere, che si continuano a muovere per terra e negli oceani, il tutto sulla testa di miliardi di persone ancora incredule della velocità con la quale lo scenario internazionale sia mutato in soli 88 giorni, dalle 12:00, ora orientale americana, del 20 gennaio 2025.
Tagli ai tassi della BCE
Sul fronte dei tassi, la novità arriva da Francoforte, dove la BCE ha abbassato il tasso sui depositi dello 0,25%, per portarlo al 2,25% con decorrenza 23 aprile. Le considerazioni del Consiglio Direttivo si basano sul deterioramento delle prospettive di espansione, causate dai dazi Usa, e sulla convinzione che la stabilità dei prezzi non verrà intaccata dalla manovra di riduzione. Sono attesi analoghi nuovi tagli, di 25 punti base, con cadenza trimestrale ad ogni prossima riunione sul tema e, quindi, il 5 giugno, a settembre e a dicembre. Per la fine dell’anno, le stime vedono il tasso ufficiale posizionarsi all’1,50%. Questo nonostante la Banca Centrale abbia abbandonato ogni giudizio sulla prospettiva espansiva o restrittiva che ci attende. Dovendo fare i conti con i frequenti shock economico-politici, talvolta di imprevedibile intensità, rimetterà le misure di governo della sua politica monetaria al mutamento dello scenario che di volta in volta si realizzerà.
Se in Europa c’è concordia e rispetto tra i leader degli Stati e le istituzioni finanziarie sovranazionali, la politica dei tassi americani perseguita dalla Fed è all’origine di uno scontro con toni sempre più accesi e della quale non si intravvede la fine. O meglio, finirà anche se non è ben chiaro quando e in che modo. Infatti, l’incarico del Presidente della Federal Reserve, l’autorità monetaria americana, andrà a termine a maggio 2026, sebbene il Presidente Trump resti fermo nella sua intenzione di destituirlo il prima possibile, come ha adombrato ancora l'agenzia Reuters. Non si può, ma lui ci ha abituato alle sorprese. Nel frattempo, Jerome Powell continua il suo lavoro e, mosso dai timori di ripresa dell’inflazione, si starebbe prendendo una pausa prolungata per la prima e forse unica riduzione dei tassi di quest’anno, che avverrebbe a settembre. Le motivazioni: senza stabilità dei prezzi non possiamo ottenere protratti periodi di condizioni del mercato del lavoro robuste, che avvantaggeranno tutti gli americani.
Della polarizzazione delle aspettative sull’inflazione da parte dell’opinione pubblica americana è significativo uno studio dell’Università del Michigan. Da inizio 2025, gli elettori Repubblicani hanno iniziato a pronosticare che, entro i prossimi cinque anni, l’inflazione scenderà intorno al 1,5%, mentre i Democratici la stimano oltre i 5%.
L'oro continua a volare
La quotazione dell’oro tocca nuovi massimi. Il picco questa settimana è andato oltre quota 3.350, per chiudere la settimana a 3.331 dollari l’oncia, cioè 94 euro il grammo. Le aspettative dei cambisti sono che la salita possa portarsi fino a fine anno, attestandosi a una quotazione di 3.700 dollari l’oncia.
In Italia, torna a calare la produzione industriale. La contrazione annua armonizzata, alla luce dei dati di febbraio, passa da -0,8% a -2,7%. Come avvenuto nel recente passato, si salva solo il comparto energetico, mentre la flessione dei settori automobilistico, tessile e abbigliamento è di ben oltre il -10%. È stato anche pubblicato il documento di Finanza Pubblica (DFP), che rivede le stime di crescita del PIL dal +1,2% allo +0,6%. Mostra un discreto ottimismo sull’obiettivo del rapporto deficit/Pil, che viene confermato al 3,3%. È una scommessa che si basa sulle previsioni di aumento del gettito fiscale, dovuto all’incremento occupazionale.
Piazza Affari adotta la settimana corta e, come ogni anno, chiude in occasione del Venerdì Santo. Le contrattazioni sono inizialmente state caratterizzate da due giorni di rialzi generalizzati, seguiti, sul finire, da un andamento con toni più smorzati. Pur tra i timori di un’escalation nei rapporti commerciali tra Usa e Cina, la sospensione temporanea dei dazi ha fornito il suo atteso contributo positivo. Il guadagno di questi giorni ha già consentito di recuperare metà di quanto perso da inizio mese. Complimenti a Maire, società operante nella chimica verde e nell’energia, che ha pubblicato ricavi e margini molto superiori alle stime.
Il Borsino della settimana – rassegna dei migliori e dei peggiori titoli.
I Tori: Maire +10,51%, Nexi +9,52%,
Gli Orsi: S. Ferragamo -10,05%, Amplifon -9,14%
FTSE MIB: +5,74% (valore indice: 35.980)
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