SETTIMANA FINANZIARIA Bce: industriali più coraggio!
a cura di Stefano E. Rossi
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I rischi di risalita dell’inflazione e la contrazione del credito bancario sono i due campanelli d’allarme che mercoledì scorso Bce e Banca d’Italia hanno fatto risuonare per allertarci sullo stato dell’economia. Il Governatore Panetta, partecipando alla riunione del Comitato Esecutivo dell’ABI, l’associazione che raccoglie gli istituti bancari italiani, si è soffermato sulle cause di una debolezza già a noi familiare. Attraversiamo una crisi da domanda strutturale, caratterizzata dall’insensibilità dei consumatori persino ai prezzi più bassi. Uno dei tanti esempi è quello delle immatricolazioni di auto elettriche, in picchiata nonostante le offerte molto competitive praticate dai produttori cinesi. Panetta segnala anche una forte riduzione delle concessioni creditizie. La riconduce alla carenza di richieste di finanziamento, dovuta più all’attuale ritrosia delle imprese ad avviare nuovi investimenti produttivi, che al cosiddetto credit crunch, cioè la volontà del sistema bancario di abbattere gli affidamenti ai loro clienti.
La sferzata di Isabel Schnabel
Dal Board della Bce si è espressa, lo stesso giorno, l’economista Isabel Schnabel, fautrice di una politica monetaria restrittiva, che conduca a un maggior controllo dell’inflazione e al rafforzamento della moneta unica. I due alti rappresentanti delle autorità monetarie esprimono approcci diversi. Da un lato, quella del banchiere centrale italiano, ci porta ad auspicare scelte economico-monetarie espansive, che servirebbero a sostenere i consumi interni, per compensare le minori vendite dell’export verso gli Usa, causate dai dazi minacciati da Trump e attesi per il prossimo mese di aprile. Dall’altro, ritroviamo le convinzioni di Schnabel, che insiste ad invocare una competitività non fondata su un mercato drogato dai tassi bassi e inflazione in salita, ma sul maggior coraggio degli industriali per un impiego più diffuso dei capitali privati nell’innovazione e lo sviluppo aziendale.
Segnali di allerta inflazione
Intanto, in Italia, l’inflazione di dicembre rialza la testa. Anche se di poco: dall'1,3 al 1,5%. Quella delle future dinamiche dell’aumento dei prezzi è diventata un’opinione controversa. Le attese e le speranze sono di averla sotto controllo, ma ovunque, negli uffici deputati a prendere decisioni sull’argomento, prevale la prudenza e l’attesa dei dati successivi. È così in America, ma ora anche in Europa. Ci attendiamo una discesa dell’inflazione in Germania, da 2,8% a 2,6%, e in Francia, la quale, essendo riuscita a intervenire sulle tariffe energetiche, potrebbe vederla scendere dal 1,8 al 1,3%. Ma le incertezze su rapporti commerciali tra le due sponde dell’Atlantico e l’incertezza che potrebbe derivare dagli esiti elettorali tedeschi potrebbero spingere a rinviare le prossime decisioni di riduzione del tasso di sconto.
D’altro canto, per effetto dell’inasprimento dei dazi, si calcola che negli Usa l’aumento dell’inflazione importata per il rincaro delle merci potrebbe aggirarsi tra il 1,7 e 2,1%, a seconda che l’Europa e la Cina applichino o meno ritorsioni commerciali. Lo stesso scenario prevede una perdita del valore d’acquisto sulle retribuzioni delle famiglie americane per circa 3.000 dollari.
Borsa: permane l'ottimismo
Piazza Affari, come molte altre borse in giro per il mondo, continua a crescere nonostante i campanelli d’allarme. C’è da chiedersi ancora per quanto tempo. La domanda è da porre a broker e analisti, per capire se stiano guardano ai segnali dell’economia reale oppure solo ai grafici e, quindi, se stiano semplicemente cavalcando tendenze che potrebbero portarci a un brusco risveglio per una bolla annunciata.
I guadagni della settimana che si è chiusa si riferiscono alla guerra o con la paura che possa avvicinarsi. Le buone prospettive di incremento delle spese militari spingono verso l’alto, con progressi settimanali a due cifre, ST Microelectronics e Leonardo. Quest’ultima proveniva già da una stagione di record della quotazione del titolo. In poco meno di due anni, infatti, aveva addirittura visto triplicare il valore dell’azione. Tra i motivi del successo figura anche il business dell’aerospazio, riaffacciatosi ora in gran spolvero, dopo le dispute europee sulle relazioni pericolose con le società del gruppo Musk, prefigurate nelle scorse settimane.
In flessione Recordati, già sotto pressione per l’appartenenza al fattore farmaceutico, penalizzato dall’annuncio dei dazi americani. In questo caso, però, il movimento al ribasso è scaturito dall’uscita di un socio, il fondo Cvc, per il 5% del capitale, una quota consistente se si tiene conto dei volumi mediamente trattati sul titolo.
Il Borsino della settimana – rassegna dei migliori e dei peggiori titoli
I Tori: ST Microelectronics +14,62%, Leonardo +10,95%
Gli Orsi: Recordati -9,23%, Amplifon -6,21%
FTSE MIB: +1,39% (valore indice: 38.421)
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