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Michele Corrado

Senza l'ombrello Nato, quale difesa per l'Unione Europea?

di Michele Corrado  


Oggi, 20 gennaio, con l'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, le questioni militari legate alla Nato, di cui molto si è discusso in questi ultimi mesi, cominceranno ad uscire dal seminato per così dire "accademico" per diventare estremamente concrete. Così per le riflessioni su una ipotetica Difesa europea che dovrebbe consentire all’Unione di svolgere un ruolo politico sulla scena internazionale adeguato ai suoi trascorsi storici ed alle sue potenzialità attuali. Un ruolo indirettamente effetto di un possibile disimpegno americano in ambito Nato, come paventato da Donald Trump. Questo scenario, da molti auspicato, dovrebbe sganciarsi dalle politiche di contribuzione dell’Alleanza atlantica richieste ai Paesi firmatari, al fine di poter “spendere” quello che si ritiene opportuno, quando lo si ritiene necessario. Quindi una motivazione economica che poco ha a che fare con le reali capacità militari; un tema che si ritiene poco compreso e comunque indigesto per le variegate "opinioni pubbliche continentali".

Per una qualche comprensione del “problema difesa” europeo è in ogni caso necessario esemplificare che cosa è la Nato e da dove viene.

Cominciamo dal passato e ricordiamo che l’idea di una difesa atlantica (non europea) è un “prodotto” inventato da zero dagli Stati Uniti sul finire degli anni Quaranta del Novecento, quando fu chiaro, e l'esplosione della bomba atomica sovietica - 29 agosto del 1949 - lo chiarì ulteriormente, che la Guerra fredda era entrata in una nuova fase. Il che per gli Usa aveva un preciso significato: il nemico doveva essere contenuto il più lontano possibile dalle coste americane ed esso era identificato nell’Unione Sovietica di Stalin. Da qui il Patto Atlantico che fu firmato qualche mese prima a Washington, il 4 aprile 1949, inizialmente da dodici stati: USA, Canada, Belgio, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Portogallo.[1] Oggi sono 32 i Paesi aderenti al trattato che ha sempre mantenuto la sua finalità originaria: mettere in sicurezza il territorio americano il più lontano possibile dall’origine della minaccia, in forza del concetto che la sicurezza è sinonimo di maggiore distanza. Non a caso, nella home del sito NATO vi si può leggere: Può diventare membro della NATO "qualsiasi altro Stato europeo in condizione di soddisfare i principi di questo trattato e contribuire alla sicurezza dell'area nord-atlantica".[2]

Riunione Nato @natohq/photos_232139.htm
Riunione Nato @natohq/photos_232139.htm

In tale disegno era e rimane l’Oceano Atlantico a recitare il ruolo fondamentale, come spazio di completo e totale uso e controllo da parte americana in chiave difensiva. A ciò veniva unito un ”avamposto” terrestre costituito dalla penisola europea, Regno Unito unito compreso. Alcuni Paesi vennero “invitati” a partecipare, come l’Italia e la Germania, più tutti coloro che vedevano in tale Alleanza anche una opportunità a lungo termine.

Gli Stati Uniti rimanevano leader dell’organizzazione, con un patto strettissimo con la Gran Bretagna (principale potenza navale europea), per il controllo della parte atlantica (fondamentale), nel quadro del disegno strategico dei compiti affidati all’Alleanza. Naturalmente, in alcuni Paesi europei, come Italia e Germania (potenze sconfitte della Seconda Guerra Mondiale), venivano installate numerose basi militari americane, con dispiegamento permanente di truppe americane e britanniche (con capacità nucleari), ed un piano per l’arrivo di riserve (Divisioni organiche) aerotrasportate in tempi brevissimi in caso di crisi. Ciò per ingaggiare, logorare ed arrestare il “nemico”, il più avanti possibile. L’area delle operazioni definita per l’esigenza era un rettangolo chiamato AttU (Atlantic to the Urals).

Per quanto riguarda la natura della struttura la Nato si può considerare come un prodotto difensivo americano ideato per proteggersi da un nemico in espansione, che utilizzava parte del territorio europeo come parte di un avancorpo difensivo, come se fosse una immensa Operazione Anfibia tradizionale dotata di una “testa di ponte” permanente.

Ora, nel tempo, gli equilibri si sono evoluti: la “testa di ponte” si è ampliata e consolidata, e la minaccia individuata oggi, la Russia, si è rimodulata e, non potendo esprimere le capacità offensive terrestri sul territorio europeo per mezzo dell’allora Patto di Varsavia, si accontenta di qualche riordinamento territoriale (l’Ucraina), secondo la visione della geopolitica europea del Presidente Putin e di conduzione ed espansione di forme avanzate di Guerra ibrida.

Pertanto è possibile affermare che la Nato, priva della forza militare americana, non avrebbe senso di esistere, mentre nella pratica, i Paesi europei non avrebbero la capacità economica e di realizzazione di una struttura difensiva alternativa a quel modello.

Ora, è bene comprendere che il passaggio a una Difesa europea dovrà avvenire prima o poi nel tempo, ma è altrettanto bene sapere che non sarà mai come la Nato o come essa si è sviluppata ed espansa. La Nato è la più ampia e complessa organizzazione politico-militare di sempre. La sua forza risiede in un corpo dottrinale costantemente aggiornato e nella disponibilità di una moltitudine di assetti e riserve sia di livello tattico, che operativo-strategico frutto di decenni di continua crescita a trazione Usa.

La futura Difesa europea quindi dovrà essere qualcosa di diverso e non necessariamente complementare o alternativa alla Nato; non è soltanto una questione di fondi, di percentuale di PIL o di contribuzione di truppe, ma di che cosa si vuole realizzare e per quale scopo.


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