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Senza fine la vendetta israeliana e il dramma palestinese di Gaza: esplosione in un ospedale

Aggiornamento: 22 nov 2023

di Maurizio Jacopo Lami



"Trionferemo perché ne va della nostra stessa esistenza in questa regione, che è piena di forze oscure".

Benjamin Netanyahu

"Gaza è un problema irrisolvibile, perfino più complicato di Gerusalemme. Non si può affrontarlo con un semplice trattato. Ho risolto il resto ma non questo. Vorrei avere delle chiavi per chiudere le porte della città. E poi buttare le chiavi nel mare"

Ariel Sharon


Gaza è in guerra da dieci giorni e ogni minuto vite umane e abitazioni svaniscono per sempre. Israele conta più di 1400 vittime e in ogni casa si piange un morto o si è in apprensione per un ferito. I palestinesi si ritrovano ad dover aggiungere alla miseria, il dolore di sentirsi gli ultimi del mondo, di non avere una patria e viversi come i paria dell'islamismo, di cui non si deve parlare per non ricadere nell'accostamento al terrorismo, ad Hamas, al jihad.

L'esercito israeliano con efficienza impressionante ha mobilitato 360.000 riservisti in appena 48 ore. Le Tsahal, che circondano la striscia di Gaza con aerei e droni, sono alla metodica caccia di dirigenti di Hamas da eliminare. Ma nel fobico desiderio di vendetta l'esercito uccide anche donne e bambini palestinesi, come riportano le agenzie di stampa.


Esplosione in un ospedale di Gaza: centinaia di morti

L'ultima azione israeliana, secondo una notizia di fonte palestinese, che ha avuto come obiettivo in serata una clinica improvvisata, nel centro di Gaza, sarebbe costata tra i 200 e 300 morti, dai primi resoconti, cifra salita poi a 500 nelle ore successive (vedi foto e video in basso). Ma, la questione presenta lati oscuri e, come spesso accade in questi casi dove vige la regola di accusare i nemici, si indaga per comprendere se l'esplosione dell'ospedale sia da attribuire a un missile a lungo raggio lanciato da Hamas. Da una prima un'indagine preliminare, Israele ha scartato qualunque ipotesi di responsabilità diretta.

La tragedia ha indotto Abu Mazen, presidente dell'Autorità nazionale palestinese (ANP) ad annunciare tre 3 giorni di lutto, le bandiere saranno abbassate a mezz'asta. Intanto, i palestinesi in tutta la Giudea e la Samaria stanno organizzando manifestazioni di protesta per l'ennesimo dramma di una guerra che non dà tregua alla popolazione civile. In questo contesto, l'Egitto, dopo aver chiuso le porte in faccia ai palestinesi in fuga dai bombardamenti, ha chiesto un intervento internazionale per fermare gli attacchi israeliani a Gaza.




Hamas è un'organizzazione che si trova a misurarsi con una ecatombe di capi di alto livello. Ad oggi sono sette: l'ultimo a morire è stato Asma Al Mazini, capo della Shura , in pratica il Senato di Hamas. Tra l'altro Mazini era proprio l'incaricato per tutto ciò che riguardava i prigionieri: un sinistro monito a chi propone scambi.

Intanto, nonostante gli annunci infuocati del premier Netanyahu, la grande operazione di terra prevista per invadere Israele non è ancora scattata perché c'è una grande novità: il presidente statunitense Joe Biden domani verrà a Gerusalemme per cercare di controllare la situazione. Cinque ore di colloqui ha fatto sapere Tel Aviv, probabilmente per cercare di strappare alla Casa Bianca, contraria ad attacchi senza freni, oltre misura, armi, concessioni e garanzie sul dopo. Quel dopo che Biden ha sintetizzato in una breve frase: "L'occupazione di Gaza dopo una vittoria su Hamas sarebbe un grave errore".

L' America chiede anche con insistenza di aprire corridoi umanitari per lasciare uscire i profughi e di concedere ulteriori dilazioni di tempo agli abitanti di Gaza. Si cerca insomma di moderare la reazione israeliana pur mostrando la massima comprensione verso di essa. Intanto però gli Stati Uniti hanno fatto una mossa che li coinvolge ancora di più: hanno inviato nella regione 2000 marines appartenenti a una forza di primo intervento. Gli Stati Uniti temono che l'Iran voglia, come ha ripetutamente minacciato, intervenire nel conflitto e si preparano "a qualsiasi evento".


I piani per Gaza dello Stato maggiore dell'IDF

"La nostra responsabilità" ha proclamato alle truppe schierate sul confine della Striscia di Gaza, Herzi Halevi, il capo di Stato Maggiore israeliano, "è quella di entrare e raggiungere le postazioni dove Hamas si sta preparando, sta pianificando, sta lanciando assalti e razzi. Attaccateli ovunque, ogni comandante, ogni operativo, distruggete le loro infrastrutture. In una parola: andate a vincere".

Non sono parole retoriche: da una settimana l'esercito israeliano sta sistematicamente "colpendo sui fianchi" le strutture di Hamas prima di passare a quella che è stata definita "la grande operazione di terra" cioè l'invasione della Striscia di Gaza.

Alcuni aggiornamenti in proposito: L'IDF ha annunciato che è stato eliminato il capo dell' intelligence di Hamas. L'uccisione sarebbe avvenuta con un attacco aereo nella città di Khan Younis, a sud di Gaza. L'eliminazione di questo dirigente islamico viene considerata particolarmente importante perché aveva fatto parte dello staff che aveva pianificato la grande ondata terroristica che il 7 ottobre ha sconvolto Israele, causando morti e feriti, e scatenando quindi la guerra che rischia concretamente di allargarsi sempre di più. Due giorni fa l'esercito aveva annunciato l"eliminazione di Ali Qadi, comandante di compagnia dell' unità d'élite" "Forza Nakba" dal nome arabo "la catastrofe " usato per indicare l'esodo palestinese durante la guerra del 1948. Si tratta di un'unità del tutto particolare, di circa millecinquecento uomini, addestrati anche all'estero, in Iran, ma anche in altri Paesi. Il loro compito specifico è uno dei più difficili: infiltrarsi nello Stato di Israele. Nel 2014 alcuni suoi uomini erano stati inviati in Malesia per addestrarsi con parapendii a motore. Come si vede l'idea di superare le barriere protettive di Israele non è stata affatto un'improvvisazione dell'ultimo momento. Emergono dalle ricostruzioni sempre più indizi che fanno comprendere una lunga ed accurata programmazione da parte di Hamas . È stato ucciso in questi giorni anche Abu Murad, che si occupava della cosiddetta forza aerea di Hamas e che quindi aveva programmato parte del progetto, quello che riguardava appunto l'uso dei parapendii. Ieri è stato invece annunciata la morte del capo distretto meridionale della sicurezza nazionale di Hamas, Ma'tez Eid, considerato anche un obiettivo di grande importanza Tutti questi colpi, a cui bisogna aggiungere naturalmente i numerosi militanti di Hamas uccisi in questi giorni così intensi e sanguinosi, non possono però nascondere le enormi difficoltà che si presentano davanti all'esercito di Israele: entrare a Gaza, questo insieme spaventoso di povertà e sovrapposizione, presenta enormi rischi militari ed anche di natura etica. I generali di Tel Aviv sanno benissimo che uno degli scenari peggiori per un esercito moderno è proprio di dover combattere in uno scenario urbano: i colpi possono arrivare da qualsiasi parte, specie attraverso mine e IED , "ordigni esplosivi improvvisati" che sono quelli che in Afghanistan per esempio hanno causato più vittime fra i militari statunitensi.

Per questo da giorni gli israeliani tempestano di avvisi la popolazione di Gaza intimando di lasciare la città. Lo scopo militare è semplice da spiegare: se la maggioranza (che se vadano tutti è chiaramente al di fuori della realtà e gli israeliani lo sanno) abbandona la città, l'esercito potrà attaccare senza remore le strutture, radendo al suolo ogni cosa per colpire le gallerie sotterranee dove si nascondono i miliziani di Hamas. Queste gallerie, a cui i palestinesi stanno lavorando da anni, sono ben costruite ma non sono affatto indistruttibili: bombe di grande potenza (e gli israeliani le hanno in grande quantità e sono riforniti dagli americani con un ponte aereo) possono penetrarle e distruggerle.


La manovra militare prevista e i proclami di Netanyahu

Se non ci fossero tanti civili a fare loro malgrado da scudi umani, una vera e propria tempesta di fuoco (la spada di acciaio evocata da Israele) decimerebbe in maniera terribile le milizie di Hamas. E se tentassero di uscire per loro sarebbe ancora peggio. Ha proclamato Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano che ha grandi colpe per questa situazione terribile: "Sradicare Hamas, non può più esistere vicino ai nostri confini. Hamas credeva di spaccare Israele, e invece saremo noi a spaccare Hamas" . Per fare questo Israele si sta impegnando davvero a fondo: i carri armati hanno accerchiato i 42 chilometri di lunghezza e gli 8-9 di larghezza della Striscia, un vero e proprio assedio totale per non dare scampo ai terroristi. I soldati che si stanno ammassando attorno al corridoio di Sabbia che si stende fra i deserti di Israele e le onde del Mediterraneo sono ben 320mila. L'assalto sarà su più fronti. I tank e i blindati avanzeranno da Nord, mentre forse (non bisogna illudersi di prevedere tutto, sul terreno i piani cambiano in un attimo) e una seconda imponente colonna taglierà a metà la Striscia con una manovra all'altezza di Kissufim (se la cercate su una cartina è leggermente nella parte inferiore della Striscia, poco sotto la metà in lunghezza, abbastanza vicino a Khan Yunis, considerata una dei fulcri della resistenza palestinese) per poi affrontare i mortai e i razzi di Hamas. I corazzati apriranno un fuoco coordinato e poi avanzeranno con grande lentezza per farsi accompagnare e proteggere dai genieri e dai corpi specializzati della fanteria che dovranno rintuzzare gli agguati, cercare gli ingressi dei tunnel e assicurare il dominio sul terreno. Con ogni probabilità gli uomini di Hamas useranno la novità tecnologica delle guerre degli ultimi anni: i droni. Si sa con certezza che gli iraniani gliene hanno fornito molti. Comunque il divario di forze è tale da rendere certa la vittoria di Israele, anche se restano tante terribili incognite, specie su cosa farà la disgraziata popolazione civile. Perché se stiamo già assistendo a un imponente esodo (almeno settecentomila persone hanno abbandonato Gaza) è ovvio ed anche umanamente comprensibile che molti civili palestinesi non vorranno o non potranno andarsene.

Netanyahu, nella sua disumanità, sta già ottenendo un grande successo politico nel far andare via così tanti palestinesi. Resta da una parte il grande pericolo che i rimasti siano stritolati fra i due fuochi, dall'altra la grande incognita di come gestire i palestinesi rimasti dopo la fine della guerra. Forse si potrà tentare con una missione delle Nazioni Unite affiancata dai Paesi arabi moderati, dagli Americani e gli alleati. Ma per pensare a questo bisogna prima attendere la fine della guerra.

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