Se l'odio avvelena anche gli adolescenti
Aggiornamento: 23 giu
di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi
È talmente doloroso e traumatico l’accaduto che si cerca di rimuoverlo dalla memoria, ma quanto capitato ad una ragazzina di 12 anni di Courbevoie, nell'hinterland di Parigi non può passare inosservato, perché riflette una responsabilità sociale e culturale non più controllabile. La sua colpa: essere ebrea e non averlo detto al suo fidanzatino. E per questo è stata violentata dallo stesso e da due suoi amici. Dopo averla condotta in un hangar abbandonato, i tre l’avrebbero picchiata e ripetutamente violentata, prima di essere soccorsa dai pompieri e ricoverata all'unità medico-giudiziaria di Garches, nell'ovest di Parigi.
L’enfasi che è stata data a quanto avvenuto in Medio oriente ha portato l’odio a livelli difficilmente superati se non si torna alle pagine più buie del Novecento. I fatti del 7 ottobre 2023 hanno scatenato una serie di reazioni ormai fuori controllo e sempre più difficili da controllare. Ma se la guerra tra militari e terroristi è ormai una costante della nostra società, portare la violenza tra gli adolescenti è una aggravante sconvolgente, di cui tutta la società ne ha diretta responsabilità. I presunti colpevoli, tra i 12 e i 14 anni, già in stato di fermo, non possono ancora aver maturato una coscienza politico-sociale, ma agiscono a seguito di impulsi indotti da una parte della società in cui vivono e per questo, lungi da fornire giustificazioni, pone sul tavolo degli imputati un sistema di comunicazione e propagazione dell’odio preoccupante.
L'antisemitismo in Francia
Ed è innegabile che la crescita esponenziale dei casi derivanti dall’acuirsi delle tensioni diventi un problema di tutti. Così come sono, nel grave caso della dodicenne francese, estremamente pericolose sia la divulgazione delle foto della ragazzina, sia gli epiteti a lei rivolta con l'accusa di aver parlato male della Palestina.
In Francia lo sconcerto è stato unanime e generalizzato. Tuttavia i dati ufficiali del governo testimoniano come la dimensione dell'antisemitismo è fortemente aumentata nel primo trimestre 2024, con 366 episodi di odio anti-ebraico denunciati e recensiti tra gennaio e marzo, in aumento del 300 per cento in un anno. Cifre sottostimate, perché gli ebrei rinunciano spesso a denunciare i fatti consci che può prevalere più lo spirito di emulazione e il compiacimento, che il rammarico per l’accaduto. A gennaio, il Consiglio Rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia (Crif) aveva lanciato l'allarme sulla recrudescenza dell'antisemitismo, moltiplicatosi per quattro in un anno (da 436 atti antisemiti nel 2022 a 1.676 nel 2023) con una ''esplosione'' dopo il 7 ottobre, data dell'attacco terroristico di Hamas contro Israele che ha poi scatenato la reazione dell'esercito israeliano a Gaza.
Coltivare odio in una società multirazziale, come le nostre, non porta a conflitti frontali tra opposti schieramenti, ma un’ondata di micro episodi non più controllabili dalle forze dell’ordine. La Francia, che per bocca del suo Presidente, è pronto a difendere la libertà di altri Paesi aggrediti (Ucraina, in particolare), rischia di trovarsi impantanata in situazioni sociali che la rendono impotente: situazioni che sembrano ripetersi con una certa frequenza, vuoi per le proteste dei sans papiers, vuoi per le proteste contro la riforma delle pensioni.
Parafrasando Metternich che nel 1848, alla notizia dell'abdicazione di Luigi Filippo d'Orleans, sentenziò «quando Parigi starnutisce, l'Europa si becca un raffreddore», quello che succede Oltralpe riveste sempre una sensazione predittiva e i fenomeni da cui è investita possono facilmente propagarsi. Dunque, il problema, in Italia, come nel resto del vecchio continente, è come contrastare le degenerazioni violente.
Rifuggire da visioni maniche
Il premier francese, Gabriel Attal, ha commentato con estrema durezza i fatti di Courbevoie, esprimendo la propria ''determinazione a battersi, senza tregua e senza limiti, contro l'antisemitismo. Le parole hanno effetti, le idee hanno conseguenze. La lotta all'antisemitismo è la lotta di tutti i repubblicani". Parole condivisibili, ma che rimangono tali e non producono significativi effetti se l’intera società non smette di coltivare odio. La stigmatizzazione dei singoli fatti che negli ultimi mesi ha preso il sopravvento, in molti dibattiti, deve trovare un momento di riflessione che trascenda da visioni manichee e affronti con pacatezza i problemi, senza limitarsi a ricercare chi ha ragione o torto.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto alla ministra dell'Istruzione, Nicole Belloubet, di organizzare nelle scuole un'ora di lezione "un momento di discussione" dedicata alla lotta contro il razzismo e l'antisemitismo, nelle le scuole primarie e medie (per le superiori, il discorso è rimandato, in quanto si è in un periodo di esami). Il problema, in Francia come altrove, è chi tiene queste lezioni, perché con un’opinione pubblica e una classe di insegnanti propensa a dare più valore a certi episodi piuttosto che altri, si rischia di fornire giustificazioni all’episodio (come testimoniano anche certe affermazioni che circolano su facebook) piuttosto che di condanna, se non di facciata. In Francia si è già in periodo elettorale è quindi sarà difficile sviluppare un ragionamento. In Italia non sono previsti turni elettorali a breve, ma non ci si può arrendere all'idea che sarà lo stesso... L'odio non va in vacanza.
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