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Pierino Crema

Scontri a Torino. L'antidoto alla violenza è soltanto il dialogo, senza preconcetti tra le parti

Aggiornamento: 2 giorni fa

di Pierino Crema


Ho letto con attenzione gli articoli pubblicati su La Porta di Vetro, dal commento del fatto di cronaca all'intervento del consigliere comunale di Fratelli d’Italia Ferrante de Benedictis.[1] Non si può che essere d’accordo su quanto scritto da de Benedictis: “quanto accaduto durante la manifestazione in memoria del giovane Ramy è certamente da condannare senza se e senza ma, ed al contempo evitando strumentalizzazioni e divisioni calcistiche. La città è luogo della complessità e governare la complessità richiede in primis il superamento dei propri steccati ideologici”.

Tuttavia, per onestà intellettuale e senza pregiudizio alcuno, mi sembra che, nella pratica quotidiana e nelle modalità con cui si discute in Consiglio Comunale, prevalga la logica che punta alla contrapposizione: noi (il centrodestra) siamo per la sicurezza e l’ordine e solidali con le forze dell’ordine a prescindere, mentre dall’altra parte voi (il centrosinistra e talvolta anche i 5 stelle) siete per il buonismo, mostrate riserve sull'operato delle forze dell’ordine e di fatto, al di là delle dichiarazioni di condanna di ogni forma di violenza, sostenete e fate accordi con chi fomenta disordini e scontri in questa città. Questo è lo schema che si ripete ogniqualvolta nella città c’è un incidente o uno scontro anche minimo tra manifestanti e forze dell’ordine.


Il progetto Askatasuna non è da demonizzare

L’esempio che viene portato da oltre un anno è quello relativo all’immobile di Corso Regina n. 47, immobile occupato da quasi 30 anni dal centro sociale Askatasuna e oggetto negli ultimi dodici mesi di un Patto di collaborazione tra la Città e un gruppo di cittadini, garanti di un percorso che dovrà portare al rilascio dell’immobile e al superamento dell’occupazione. Tale progetto vedrà il coinvolgimento anche di chi ha occupato per anni l’immobile. L’obiettivo, a mio avviso totalmente condivisibile, è di rendere l’immobile un bene comune a disposizione di associazioni e dei cittadini per attività sociali, culturali e ricreative, il tutto senza irruzioni e sgomberi. Nel fare questo esempio si chiede alla Città e al sindaco di interrompere tale percorso e di procedere allo sgombero immediato di corso Regina Margherita, 47.

Più volte il Sindaco Stefano Lo Russo, intervenendo in Sala Rossa, ha ricordato che Askatasuna non è un’associazione formalmente costituita con tanto di Presidente e Comitato Direttivo, che il Patto di collaborazione è con un gruppo di cittadini che hanno avanzato una proposta, accettata dalla Città, e su cui si sta lavorando. È inoltre stato ricordato che le responsabilità penali in questo Paese sono responsabilità individuali e che è compito delle forze dell’ordine denunciare chi commette dei reati e della magistratura perseguirli. Nonostante più volte queste dichiarazioni siano state fatte dal Sindaco, al primo disordine le minoranze partono alla carica chiedendo per l’ennesima volta le sue comunicazioni in aula, con alla testa l’assessore Regionale Maurizio Marrone (Fratelli d’Italia) che non perde occasione sui giornali per invocare sgomberi, guerra agli spacciatori, più galera per tutti…, in una logica esclusivamente sicuritaria di più legge e ordine.

Appurato che tutti condanniamo ogni forma di violenza, e anche fatti gravi come la morte di Ramy non giustificano le violenze in piazza e contro le forze dell’ordine, vogliamo domandarci perché questo accade?

Da anni vediamo che il disagio, soprattutto dei giovani, sta aumentando nelle nostre città; la difficoltà di trovare lavoro, l’aumento del lavoro povero e mal pagato, gli ostacoli che si frappongono a molti giovani di costruirsi una vita autonoma determinano situazioni di degrado, di piccola delinquenza, di contrapposizione con il resto della città, che talvolta sfociano nell’aggregazione in bande giovanili, autrici di piccoli furti e di atti di violenza di gruppo totalmente ingiustificati. Parallelamente troppo spesso manifestazioni che nascono su temi e problemi concreti si trasformano in episodi di teppismo e di violenza contro le persone e le cose, con momenti di scontro con le forze dell’ordine.


Il valore dell'integrazione

Se poi fatti di questo genere riguardano figli di immigrati, nati in questo Paese o che comunque sono in Italia da quando erano bambini, si solleva il coro che chiede loro di rispettare le nostre leggi e le nostre tradizioni. Ma noi che cosa facciamo per garantire a loro gli stessi diritti dei coetanei? L’integrazione passa attraverso il riconoscimento degli stessi diritti a chi da più anni studia o lavora nel nostro Paese. Non poter avere la cittadinanza vuol dire non poter decidere chi governa la città dove abitano e vivono; vedersi rifiutare una abitazione in affitto perché si è immigrati non aiuta sicuramente a integrare e ad evitare o ridurre attività che possono sconfinare nell’illegalità. Capire cosa sta succedendo nelle nostre città, nelle nostre periferie è il primo passo per affrontare i problemi che ci sono. Costruire progetti nei territori, risanare le periferie, avere servizi di welfare che funzionino sono il primo passo per superare i problemi.

In passato chi si occupava dei problemi di disagio presenti nelle nostre città ci insegnava che la prima verifica da fare era quali risposte eravamo in grado di dare su casa, scuola e lavoro, bisogni e beni primari senza i quali ogni integrazione o progetto di recupero sarebbe impossibile. Ritengo che ciò valga ancora oggi. Per cui condanniamo insieme quando ci sono episodi di violenza, ma poi lavoriamo insieme per affrontare i problemi esistenti; per far questo servono dialogo, confronto, politiche inclusive e, se qualche volta le forze dell’ordine sbagliano, avere il coraggio di dirlo. Se il progetto per corso Regina Margherita, 47 dovesse avere un risultato positivo sarebbe un bene per tutta la città e quindi vale la pena lavorarci.

 

PS. A proposito della condanna di ogni forma di violenza ho visto le dichiarazioni del presidente regionale Alberto Cirio per la bomba carta al Circolo Arci "Antonio Banfo" di via Cervino[2]; invece, ho notato il silenzio assordante di Marrone e di altri esponenti del Centrodestra del Consiglio Comunale di Torino; faccio ammenda preventiva nel caso opposto.


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