Sanità digitale: vigilia di una rivoluzione con grandi incognite
di Giuseppina Viberti e Germana Zollesi
Il 5 e 6 settembre scorsi si è tenuto a Oporto, in Portogallo, il 2° Congresso Internazionale organizzato dall’OMS dal titolo “2nd WHO Symposium on the Future of Health Systems in a Digital Era in the European Region”, a cui hanno partecipato i massimi esperti europei di sanità digitale coordinati dal Direttore dell’Ufficio Europeo dell’OMS, Hans Henri P.Kluge. Da questo congresso sono emersi argomenti fondamentali ancora da risolvere che coinvolgeranno i sistemi sanitari europei a breve.
L'attuale situazione
La rivoluzione digitale in sanità è un fatto concreto con il quale dobbiamo confrontarci; mentre corriamo verso questo futuro dobbiamo porci domande importanti.
1) I suoi benefici saranno inclusivi e tutti ne beneficeranno in ugual misura?
2) I dati saranno sicuri e protetti?
3) Come influirà sul personale sanitario?
Il rapporto presentato al Congresso mostra che, a livello europeo, ci sono stati notevoli progressi e la Regione Europea potrebbe essere leader in questo settore anche se ci sono ancora molti aspetti da definire. Solo 19 Paesi hanno sviluppato una guida su come valutare gli interventi di salute digitale. Con la rapida ascesa dell’Intelligenza Artificiale e dei Big Data, il rapporto dell’OMS mostra che solo il 60% del Paesi ha sviluppato una strategia sui dati che regoli l’uso di IA e Big Data per gestire tutte le informazioni in modo equo e trasparente.
La pandemia Covid, obbligando ad un isolamento forzoso, ha accelerato l’adozione di strumenti digitali, ma in modo disomogeneo e senza una strategia a lungo termine: si è risposto ad esigenze immediate perfezionando le risorse disponibili che il genio italico ha contribuito a migliorare.
Superata la fase contingente (e dimenticati gli sprechi perpetrati) occorre fare i conti con la cronica carenza di risorse economiche per finanziare la sanità digitale, monitorizzare e valutare gli interventi di salute e quindi l’assistenza ai pazienti. Purtroppo le persone con minori competenze digitali (anziani, disabili, comunità montane e rurali o sulle isole e soprattutto basso livello culturale) potrebbero trarre i maggiori vantaggi dalla sanità digitale e quindi affrontare questo squilibrio fra le persone è indispensabile.
Di che cosa ha bisogno la sanità digitale?
Le criticità da affrontare sono ancora molte.
1) È necessario garantire la banda larga affidabile e a basso costo che deve arrivare in tutte le zone della regione europea. Attualmente non è così e questa è la prima necessità.
2) La sanità digitale deve essere considerata dal Governi un investimento strategico a lungo termine e non un lusso per pochi.
3) È necessario creare fiducia nella sanità digitale sia nei cittadini che negli operatori sanitari che devono ritenere i loro dati sicuri e protetti e devono ritenere questo sistema non sostitutivo del rapporto medico-paziente ma integrativo e migliorativo di questo rapporto.
4) È importante condividere le conoscenze a livello internazionale e creare una cooperazione europea sempre più stretta. Ad esempio le cartelle cliniche elettroniche dovrebbero essere in grado di comunicare attraverso i confini nazionale e internazionali e siamo ancora molto lontani su questo tema.
L'analfabetismo informatico in Italia
Adriano Olivetti cominciò a costruire macchine da scrivere, quando la maggioranza degli italiani era ancora analfabeta, ed oggi la storia sembra ripetersi: il livello di analfabetismo informatico in Italia, per usare un termine sanitario, è endemico. A ciò si aggiunge la scarsa propensione del Bel Paese ad effettuare investimenti strutturali preferendo una rincorsa ai piagnistei.
I medici di famiglia usano WhatsApp per comunicare con i pazienti, le ricette mediche viaggiano su email non protette, in ospedale la sanità informatica forse è più avanti: laboratorio analisi e radiologia utilizzano l’informatica e popolano il fascicolo sanitario, la cartella clinica è informatizzata, ma i referti di anatomia patologica non popolano ancora il fascicolo sanitario. La consapevolezza politica di adeguare i comportamenti, non in funzione delle esigenze reali, costituirà la chiave di svolta dell’approccio al paziente: non più una serie infinita di prescrittori, ma embrioni di coordinamento in grado di mettere insieme tutte le potenzialità offerte per massimizzare l’utilità del paziente e contenere i costi nei limiti imposti dal sistema.
L’intelligenza artificiale non è più un miraggio
Si può così delineare una specie d’intelligenza artificiale (IA) in grado di sintetizzare un insieme di studi e tecniche presenti in un determinato contesto, attraverso l’elaborazione di grandi masse di informazioni, simulando, in brevissimo tempo, le attività cognitive dell’uomo (oltre a creare esoscheletri e robot chirurgici che stanno permettendo grandi progressi). Non si è trattato solo di raccogliere ragguardevolissime quantità di informazioni e dati, ma predisporre le basi per una loro autonoma elaborazione concettuale, in grado di addivenire a nuove conoscenze. Solo con adeguati strumenti informatico-gestionali diventa possibile disporre in termini immediati delle informazioni necessarie per poter predisporre interventi corretti.
La nascita dell’intelligenza artificiale, non è però da intendersi come capacità di creare una vita artificiale senziente, bensì come una macchina intelligente in grado di supportare i ragionamenti gestendo i big data.
Il concetto d’intelligenza artificiale può, infatti, spiegare come, da una visione simultanea di più informazioni, possa derivare una più coerente interpretazione della società sanitaria. L’efficacia dell’azione sanitaria è, di conseguenza, collegabile al grado di interfunzionalità e interdisciplinarità raggiunta, permettendo all’intelligenza artificiale di sintetizzare i dati ed individuare rapidamente nuove soluzioni operative grazie alla tempestività di predisporre indagini epidemiologiche.
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