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Resistenza e Governo Meloni: siamo stati facili profeti...


"Parole quantomai attuali ieri come oggi per il nostro Paese, che procede verso la celebrazione dell'80° della Liberazione, in cui circolano spinte mai tramontate a formulare assetti istituzionali che hanno parentela prossima più con l'ipotesi di Stato autoritario, che con la Resistenza, con la Costituzione e con il confronto parlamentare, e in cui alberga un palese desiderio di rivincita politica e nel contempo di autentica vendetta storica, da parte di chi continua a riabilitare in maniera surrettizia l'illiberalità del Ventennio fascista. E che non crede, ieri come oggi, alla spirito di riconciliazione, se non per i vantaggi e per i privilegi che se ne possono trarre".

E' quanto abbiamo pubblicato ieri mattina[1], ben prima dell'invito del consiglio dei Ministri a celebrare con "sobrietà" il 25 aprile, 80° anniversario della Festa di Liberazione, nel rispetto dei cinque giorni di lutto nazionale previsto dal Governo. Siamo stati davvero facile profeti, ma non ne siamo contenti. L'impone, paradossalmente per il discorso che andiamo ad affrontare, la nostra tendenza alla sobrietà, in qualunque circostanza. Anche le migliori a nostro favore.

Sobrietà, secondo Treccani, significa "nei limiti della necessità e della sufficienza" e si riferisce "a un comportamento, uno stile, o anche un oggetto che si caratterizza per la mancanza di eccessi, lusso o sfarzo, preferendo la semplicità, la frugalità e la misura". L'opposto di sobrietà, sempre secondo Treccani, è "eccesso, esagerazione, incontinenza, smodatezza, sfrenatezza".

Detto in tutta onestà, non solo intellettuale, è più che comprensibile la preoccupazione del Governo di destra, dacché poco note - per l'indifferenza provata nel passato, se non ostacoli posti (la canea sulla canzone "Bella ciao") ad ogni piè sospinto - sono le forme che hanno assunto le "feste" per la libertà del 25 aprile che accompagnano l'Italia dal 1946. All'epoca, un Paese distrutto e in ginocchio (anche morale) tra le macerie di una guerra accarezzata, voluta, cercata, preparata dal Regime Fascista con la complicità della Monarchia, spremendo fino all'inverosimile le classi popolari, le stesse mandate al macello sui fronti in Nordafrica, Etiopia, Grecia, Jugoslavia, Russia in nome di una Patria che coincideva soltanto con gli interessi di parte. Oltre 400 mila vittime.

Dunque, probabilmente, nel Governo di destra non tutti sanno. Del resto, dal 25 aprile 1945, chi era di destra (illiberale) ha vissuto con una sua precisa etica di rifiuto della guerra di Liberazione che si è tramandata alle successive generazioni. Anche se non lo si può giustificare appieno, proprio in nome della libertà che ha reso liberi anche chi quella libertà la vuole negare, lo si può e lo si deve comprendere, come abbiamo già detto: l'istruzione (e dunque il sapere) per quanto obbligatoria non si può imporre per decreto o per legge a tutti, soprattutto a coloro che della facoltà di essere ignoranti hanno preteso anche la libera docenza. E con la libera docenza, in anni passati i più manipolatori hanno preteso anche l'impunità di complottare contro la democrazia, organizzando strategie della tensione e colpi di stato, piazzando il tritolo in banche, treni e stazioni, armando le mani della manovalanza più fanatica per lanciare bombe a mano contro le forze dell'ordine, assaltare sedi di partito, uccidere avversari politici. E tanto altro ancora.

Ma non è certo per questo che sulle celebrazioni del 25 aprile incombe la raccomandazione di "sobrietà". Chi non sa non può realizzare che dal 1946 in avanti il 25 aprile è simbolo di un ricordo mantenuto sempre vivo nel popolo italiano delle vittime della ferocia nazifascista dall'8 settembre 1943: migliaia di patrioti italiani e di tante altre nazionalità che si opposero all'invasore ad essere passati per le armi, impiccati e torturati.

Il 25 aprile passa attraverso grandi e piccoli e minuti episodi di sacrifici, senso d'abnegazione e di solidarietà per fissare nel tempo il valore compiuto della parola libertà: dall'incendio di Boves ai militari della Divisione Acqui a Cefalonia, ai prigionieri politici e non di Regina Coeli sepolti alle Fosse Ardeatine, alle stragi di civili compiute nei piccoli comuni dell'Appennino tosco-emiliano.

Dinanzi a tanto orrore, ottant'anni dopo, si "raccomanda" solo sobrietà. Per ora.


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