Punture di spillo: un sovversivo di nome… Bitcoin in Kazakistan
Aggiornamento: 18 lug 2023
a cura di Pietro Terna
Una causa non marginale della tragedia avvenuta in Kazakistan è il Bitcoin! Con la maiuscola, perché è invalso l’uso di scrivere Bitcoin se ci si riferisce alla tecnologia o alla rete e bitcoin se ci si riferisce alla (sedicente) valuta. Leggiamo sul Manifesto1 dell’8 gennaio: “Benvenuti in Kazakhstan, il primo paese al mondo ad aver svelato, parafrasando Marx, il «feticismo» delle criptovalute. La virtualità dietro cui si nascondono sfruttamento intensivo di risorse naturali ed estrazione di plusvalore da lavoro vivo, «spossessamento» di beni comuni e di diritti collettivi”.
Negli accadimenti degli ultimi giorni in Kazakistan si sono sommati: una rivolta popolare contro l’aumento del prezzo del gas liquefatto, con momenti anche molto violenti; un colpo di stato vero o pilotato; una brutale repressione. Per ora non è facile distinguere i diversi aspetti e forse non lo sarà mai, essendo verosimile un intreccio quasi inestricabile tra le diverse vicende.
Quel che è certo è che nell’immenso paese2 vivono 19 milioni di persone, di cui un milione in assoluta povertà, mentre le élite di potere si spartiscono un’enorme ricchezza mineraria: dall’uranio, ai combustibili fossili, tra cui il carbone, ai minerali rari.
Recentemente si è trasferito in Kazakistan il 10%, o più, dell’attività mondiale relativa ai bitcoin, la prima tra le cosiddette monete virtuali, che però tanto virtuale non è in quanto si basa su giganteschi consumi di energia, in questo caso fornita dal carbone e da chi lavora in condizione di povertà nelle miniere. Sul motivo della corsa al Kazakistan da parte delle unità che gestiscono e producono i bitcoin – veri e propri conglomerati di potenti computer energivori – rimando a un mio articolo3 sulla Porta di Vetro del maggio scorso, quando la Cina ha scacciato i produttori di bitcoin dalla Mongolia interna, con metodi assai drastici.
Ora che cosa è successo? Già il 7 gennaio, l’Osservatore Romano4 segnalava: “Kassym-Jomart Tokayev, presidente del Kazakistan scosso dalla rivolta accesa dall’aumento dei prezzi di carburanti e gas, ha richiesto l’intervento della Russia, la quale, il 6 gennaio corrente, ha avviato un’operazione di peace keeping delle Forze dei Paesi del Trattato Collettivo di Sicurezza (Cspo), inviando nel Paese circa 2.500 militari.
E attorno ad uno Stato chiave della produzione energetica mondiale, la cui destabilizzazione inciderebbe sulle forniture globali, si alza anche uno scudo di reazioni internazionali compatto ed inequivocabile. Dalla Russia, alla Cina — colossi confinanti con la sterminata e ricca ex repubblica sovietica — fino all’Iran, la voce è una. Solidarietà con la guida del Paese che sarebbe sotto attacco di «attori stranieri» (dice Teheran) o di «forze esterne» (Pechino)”. Terrificante quel che si fa per il controllo delle fonti energetiche. Cito Osservatore Romano e Manifesto perché, pur nella loro estrema differenza, sono accomunati dall’essere i due giornali in lingua italiana più internazionali.
Torniamo alle fonti energetiche. Il consumo di energia per la gestione e la produzione dei bitcoin è stato molto probabilmente il detonatore che ha fatto esplodere equilibri già molto precari, con l’aumento del prezzo del gas. Esiste un motore di ricerca che ho individuato da poco, https://you.com, molto utile nell’aggregare i risultati: indicando “kazakhstan riot bitcoin mining” si trovano sia riferimenti agli effetti della sospensione dell’internet in Kazakistan, con la messa fuori circuito del 10 o forse addirittura 20% dei gestori della rete del Bitcoin, sia riferimenti all’attività di quei gestori5 che, con il loro centri energivori, hanno causato la crisi dei prezzi. I secondi riferimenti sono più rari, quindi lode al Manifesto per aver ben colto lo “svelamento”.
Che cosa comportano le transazioni in bitcoin? Tantissima confusione causata da pessime conoscenze economiche e anche da strani amori della destra reazionaria statunitense verso quella pseudo valuta (la denuncia6 del premio Nobel dell’economia Paul Krugman è molto chiara). Che cosa hanno dunque combinato gli anarco-hackers, nascosti dietro al nome fittizio del presunto creatore del Bitcoin, Satoshi Nakamoto? Hanno prodotto una pseudo moneta, di fatto non usata nelle transazioni del mondo reale se non per fini speculativi, il cui prezzo oscilla enormemente. Immaginavano una moneta perfetta e si trovano ora ad aver generato un mostro che, nel mondo iper-connesso in cui viviamo, produce anche sovvertimenti mondiali e morte.
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Note
1Il lavoro dei miners e il feticismo delle criptovalute – Luigi Pandolfi, 08.01.2022, https://ilmanifesto.it/read-offline/544965/il-lavoro-dei-miners-e-il-feticismo-delle-criptovalute/pdf
2 Per rendersi conto della dimensione del Kazakistan è utile la visione al link che segue, dove è possibile effettuare uno zoom indietro e poi scorrere l’immagine per paragonare l’area con India e Cina: https://atlante.unimondo.org/Paesi/Asia/Asia-centrale/Kazakistan/(livello)/mappe
3 https://www.laportadivetro.org/la-mongolia-interna-si-e-scoperta-allergica-ai-bitcoin/
4https://www.osservatoreromano.va/it/news/2022-01/quo-004/tenaglia-sul-kazakhstan.html
5https://www.datalounge.com/thread/30043865-bitcoin-behind-kazakhstan-crisis
6 https://tinyurl.com/52f2uzyx
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