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PUNTURE DI SPILLO. Qualche parola... su deficit, bonus 110% e altre storie d'Europa

a cura di  Pietro Terna


L’Europa sostiene che i nostri conti pubblici presentano seri problemi,[1] ma fa anche i conti in modo arcigno. Il bonus 110% e i suoi fratelli causeranno carenze nelle entrate dello Stato man mano che cittadini e imprese o banche o grandi colossi come le società multiutility scaricheranno dalle imposte i crediti fiscali accumulati. Il deficit 2024 è invece aggravato anche dalle mancate entrate future, perché l’ha detto l’Europa, senza se e senza ma. Anche, senza che qualcuno in Italia abbia affrontato il problema. Siamo solo bravi a strillare che non vogliamo il MES[2] (Meccanismo Europeo di Stabilità) oppure a non votare – con rara unanimità tra maggioranza e opposizione – il cosiddetto patto di stabilità,[3] dopo aver contribuito a riformarlo. Forse la conseguenza è anche che i capricci e le figuracce si pagano e che se i principi contabili astratti applicati dall’Eurostat ci danneggiano, tutti si voltano dall’altra parte e noi restiamo muti.

 

Confusione su Mes e dintorni

Immaginate di dover passare tutti i giorni, passeggiando sotto i portici di Torino, di fronte al negozio di un commerciante di cui criticate continuamente la vetrina e i prodotti e con il quale siete pure indebitati: pensate che al vostro passaggio sorrida e stenda il tappeto rosso per festeggiarvi? Il motivo per cui teniamo bloccato – attenzione: bloccato per tutti i paesi europei – il MES sono piuttosto confusi: Lega e Fratelli d'Italia hanno espresso forte opposizione al meccanismo perché temono che l'accesso ai fondi del MES comporti condizioni stringenti di austerità e riforme strutturali. È vero, ma lo si userebbe solo in casi drammatici per salvare banche a rischio di fallimento o per ottenere linee di credito nazionali in caso di gravissime difficoltà. Anche gran parte della sinistra italiana è contro il MES, ricordando il caso della Grecia e l’intervento di estrema austerità cui quella società fu sottoposta. In sé è giusto ricordarsene: purtroppo, la Grecia è stata la vittima che ha insegnato a tutti che interventi di quella portata non possono essere gestiti dai tecnici dell’FMI, della BCE e della UE – la cosiddetta troika,[4] che in quel caso agiva pure con il condizionamento della allora strabordante Germania – e che serve invece una direzione politica.

Motivi confusi, dicevamo, ma intanto quel commerciante sotto i portici di Torino vi osserva mentre passate, anche se cercate di stare accorti e a non voltarvi dalla sua parte, e dice ai suoi contabili nel retrobottega di cercare di essere massimamente severi con voi. Eccoci alla questione del deficit, che contiene l’elemento assai importante delle mancate entrate future, di cui nessuno parla. È da quando ha iniziato a operare il bonus 110% che il problema si pone massicciamente, ma non era così rilevante negli anni scorsi perché la pandemia aveva portato a un allentamento dei controlli europei sui conti dei paesi membri. Ora si ricomincia. Per il 2024 è possibile che almeno un punto e mezzo del deficit espresso in termini di PIL derivi dalla contabilizzazione di mancati gettiti negli anni a venire. Quando il controllo non era stringente, benissimo, in pratica azzeravamo, anticipandoli, degli addendi dei deficit futuri. Ora quel punto e mezzo diventa una determinante importante del richiamo che l’Europa ci fa, preparandosi ad aprire la procedura di infrazione nei nostri confronti.


Il modo peggiore di gestire la questione contabile

L’Eurostat, che prima di essere un controllore contabile era un mansueto produttore di statistiche europee, segue il Sistema Europeo dei Conti[5] (SEC 2010), che stabilisce le linee guida per la contabilizzazione delle spese e delle entrate pubbliche. Secondo queste regole, i crediti d'imposta e altri benefici fiscali devono essere contabilizzati nel momento in cui vengono maturati, piuttosto che quando vengono effettivamente utilizzati. Questo significa che, anche se i benefici fiscali del Superbonus 110% si estendono su un periodo di dieci anni, l'intero importo deve essere contabilizzato nell'anno in cui il credito d'imposta viene concesso.

Con buona pace di chi ha redatto quei principi contabili, è come se dicessimo, a una famiglia che ha sottoscritto un mutuo per l’acquisto della casa, di sottrarre subito dal reddito dell’anno in corso tutte le rate future: una scelta certo molto prudente, ma intanto quelle persone non mangiano e non pagano le bollette… Avremmo potuto gestire la questione contabile? Forse sì, con una azione del nostro governo sulla base di un'analisi tecnica dettagliata capace di dimostrare l’effetto economico e fiscale del bonus 110%, che ha generato: non solo contributi, ma anche entrate per lo Stato; benefici a lungo termine come l'aumento dell'efficienza energetica; creazione di posti di lavoro e sostegno al settore edilizio. Nulla è stato fatto in quella direzione; almeno, nulla che ci sia dato conoscere.

Scrivo lo spillo alla fine di una giornata in cui è chiarito che in Europa inizia un quinquennio in cui di Italia ce ne sarà poca o pochissima. Le decisioni attese dal Consiglio Europeo, dopo l’accordo tra socialisti, popolari e liberali, mettono al margine l’Italia di Giorgia Meloni. Non sappiamo neanche come si schiereranno i nostri deputati conservatori quando si voterà la fiducia bis a Ursula von der Leyen all’Europarlamento. Un bel goal per la partita dell’irrilevanza.


Libertà fa rima con coerenza

Consoliamoci con la musica che il nostro baccelliere – piccolo dice lui, facendo il verso a Guccini – ci propone, annotando che musica e regolarità dei conti pubblici sembrano aver poco a che fare. La regolarità è però un elemento della musica. Se ci allontaniamo per un momento dall’idea molto italica di privilegiare la melodia, si aprono davanti a noi le praterie del ritmo e dell’armonia. Tutte quelle cose che, come direbbe Ivano Fossati, stanno sotto la mano sinistra del suonatore.[6] Il ritmo, oltre ad essere ciò che permette ad un ensemble di suonare insieme, trasforma una successione di suoni in una frase musicale.

L’armonia ne governa la trama, la conduce a un senso complessivo. Ritmo ed armonia sono talmente importanti che anche la loro forzatura assume un significato. Dissonanze e off beat sono strumenti creativi i cui effetti si sono sparsi per tutta la storia della musica. Il discorso vale anche per la musica extra colta. I Balcani sono pieni di ritmi dispari. Dall’Africa vengono le note blue, basate su intervalli minori suonati su accordi maggiori. E poi c’è lo swing, un modo di portare il ritmo con accenti spostati sui tempi deboli, a cavallo fra le misure, irregolare ma anche inesorabile. Ognuno ha il suo swing. Miles Davis[7] è diverso da John Coltrane (nella foto).[8] Lo stesso Davis dal Davis di qualche anno dopo.[9] Tutta questa musica si ispira a un’idea di libertà sostenuta dalla coerenza. Grazie alla coerenza e alla sincerità, l’inaudito diventa una nuova forma di regolarità. Non male come suggerimento anche per i decisori pubblici.


Note

[6] La disciplina della terra, 2001, https://www.youtube.com/watch?v=gbvKA8G-GUU

[9] Miles run the voodoo down, https://www.youtube.com/watch?v=4QCOJo9YH9M 

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