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Punture di spillo: l’Epilogo di Guerra e Pace, una guida in questa oscurità

a cura di Pietro Terna|


Provate pure a credervi assoltiSiete lo stesso coinvolti Fabrizio De André, La canzone del maggio1

Si avvicinano il compimento di tre mesi dal 24 febbraio, quando la guerra è iniziata. Come sarà la situazione il 24 maggio? Quella data ci riporta gli echi di un’altra guerra, tragica e terribile, in cui l’Italia decideva di iniziare il massacro dei propri fanti, colpiti dagli avversari e dalle decimazioni ordinate da Cadorna, dopo la ritirata di Caporetto. L’orrore, ora e allora, è lo stesso. Con il finale di Guerra e pace, Epilogo, Parte seconda – VII capitolo, ci interroghiamo su che cosa e come si possa generare tali accadimenti. Alla fine del suo romanzo corale, lo scrittore russo Lev Tolstoj (1828-1910) pone la grande questione di chi decide e che cosa nelle vicende che maturano in lunghi o lunghissimi periodi. Processi come quelli che precedettero la prima o la seconda guerra mondiale o, più recentemente, la guerra Russo-Ucraina, anch’essa con una gestazione assai lunga. La riflessione contenuta nell’Epilogo non può essere riassunta, ma mi azzardo a richiamare l’attenzione su un passaggio del ragionamento.

Michail Illarionovič Kutuzov (1745-1813)

Prima però annoto il motivo per cui ho riletto, pochi anni fa, Guerra e pace. Della prima lettura mi era rimasto il ricordo di una riflessione sulla storia e quello d’uno straordinario personaggio letterario. Non Napoleone, che smarrisce il controllo del suo esercito, o il comandante dell’esercito russo, Kutuzov, rassegnato alla disobbedienza dei generali, ma Pierre Bezuchov: dopo enormi vicissitudini che vanno dal tentativo di uccidere Napoleone, alla ricerca della libertà universale, alla filantropia estrema, sarà nella prigionia che trova se stesso. Pur confermando quei ricordi, la rilettura è stata anche fonte di una vera scoperta. Mi occupo di modelli cosiddetti agent-based: costruiti nel computer, fanno operare agenti virtuali2allo scopo di studiare conseguenze di ipotesi o di possibili azioni. Ad esempio, negli ultimi due anni ho lavorato a un modello di quel tipo per studiare la diffusione della pandemia3. È stato uno studioso di cui mi onoro di essere amico – Enrico Scalas4 – che mi ha consigliato di rileggere Guerra e pace come se fosse un modello di quel tipo, con alcuni (molti) personaggi scolpiti a tutto tondo, ma soprattutto con una moltitudine di persone, anonime o quasi, da cui in realtà dipende lo svolgersi degli avvenimenti. Aveva perfettamente ragione. Ecco ora la citazione, tratta dalla pagina 1423 della versione online5. 1) Che cos’è il potere? 2) Qual è la forza che produce il movimento dei popoli? 1) Il potere è il rapporto tra una data persona e le altre persone nel quale la suddetta persona tanto meno prende parte all’azione quanto più esprime opinioni, supposizioni e giustificazioni riguardo all’azione collettiva in via di compimento. 2) Il movimento dei popoli non è prodotto dal potere, né dall’attività intellettuale e nemmeno dall’unione dell’uno e dell’altra, come hanno pensato gli storici, ma dall’attività di tutti gli uomini che prendono parte all’avvenimento e che si raggruppano sempre in modo che quelli che prendono maggiormente parte diretta all’avvenimento si assumono la minore responsabilità di esso, e viceversa. Dal punto di vista morale, causa di un avvenimento appare il potere; dal punto di vista fisico, coloro che si assoggettano al potere. Ma, poiché l’attività morale è impensabile senza quella fisica, la causa dell’avvenimento non si trova né nell’una, né nell’altra, ma nell’unione di entrambe. Difficile aggiungere commenti, ma richiamo una frase della lettera di don Milani6 scritta durante il processo avviato contro di lui nel 1965 a seguito della denuncia di un gruppo di ex combattenti: aveva difeso i giovani obiettori di coscienza dall’accusa di viltà. Non poteva recarsi in tribunale per via delle gravi condizioni di salute e scrisse7 ai giudici per chiarire i motivi, individuali e universali, della propria azione. Un passaggio che trovo molto importante e che collego a Tolstoj: “Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto”. Sentirsi ognuno l’unico responsabile di tutto, tremendo peso. _______

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