Punture di spillo: cercasi speranze nel futuro remoto
a cura di Pietro Terna|
Alunna di quinta elementare: “Prima il Covid poi la guerra. Mamma, si può dire che la nostra generazione sta vivendo anni difficili”?Mamma (dell’alunna di quinta elementare): “Sì direi di sì, non è un momento facile”.Alunna: “Ok, allora lo metterò nel curriculum”.
Che il momento non sia facile siamo tutti d’accordo, l’idea di metterlo nel curriculum, al di là del sorriso o della risata provocata dal dialogo in stile Peanuts di Schulz (dialogo rigorosamente autentico), spalanca una porta verso il futuro. Quanto peserà quello che sta accadendo sul futuro immediato e su quello remoto?
Sono nato nel 1944, le atomiche su Hiroshima e poi su Nagasaki esplosero nell’agosto 1945. Negli anni successivi, uno degli argomenti ricorrenti in casa probabilmente fu la “bomba A”, termine poi desueto1. Lo immagino perché è uno dei miei pochissimi ricordi dei primi anni di vita, conservato insieme all’immagine di una grossa sfera arancione scuro che mi faceva molta paura.
Sono cresciuto assimilando la convinzione generale che la guerra, per noi, fosse legata ai libri di storia; una vicenda toccata ad altri, anche se ne restavano ancora testimonianze dirette nelle famiglie, dal primo e dal secondo conflitto mondiale.
Ora la guerra è lì, ai confini della nostra casa europea, entra nelle nostre menti con una enorme evidenza, investe giovani e giovanissimi. Vediamo morire cittadini e soldati ucraini, come vediamo morire i soldatini mandati al fronte da Putin: chissà che cosa sanno e comprendono dello scontro in cui si sono trovati. Un mio zio era un “ragazzo del ‘99”, proiettato in prima linea nel 1917, dove perse una gamba. Era orgoglioso di essere stato insignito, nel 1968, dell’Ordine dei Cavalieri di Vittorio Veneto, ma mi sono chiesto molte volte che cosa potesse sapere della guerra e delle sue motivazioni quando, diciottenne, era stato mandato al fronte.
Abbiamo il dovere di ragionare su che cosa fare per il futuro immediato e per il futuro remoto, per alzare enormi barriere contro le guerre, in tutto il mondo.
Da economista, immagino che abbiamo due strade possibili. La prima, invocata da molti commentatori, è provare a chiuderci rispetto agli scambi internazionali, magari continuando a vendere i capi griffati del gusto italiano al mondo, oppure acquistandone gli orologi di extra lusso, ma evocando una economia del borgo, con gli orti di vicinato e, ad esempio per l’Italia, con l’accettazione di una sostanziale carenza di energia.
Mi pare una scelta che possa reggere per un tempo limitato, con qualche slancio coraggioso e poi con un lento scivolamento verso il ritorno degli scambi mondiali, riproducendo usi e abusi già visti, con disprezzo delle disuguaglianze e senza nessuna attenzione all’ambiente. Tanti affaristi, anche di “bassa lega” (gioco di parole del tutto voluto!) si troveranno benissimo in questa transizione e nel ritorno al passato recente.
Oppure, secondo scenario, reimpostare completamente le regole del commercio mondiale, con una nuova World Trade Organization, che diventi ben più importante dell’inutile Onu o dell’imbarazzante Nato. Un commercio mondiale che abbia come obiettivo prioritario quello di rinsaldare i rapporti tra i popoli del mondo, nel rispetto delle specificità e delle esigenze, ma alla scoperta delle convenienze reciproche. Un’utopia? No, direi una necessità.
C’è un evento, che considero possibile in un futuro non tanto lontano, che potrebbe spingerci in quella direzione, ed è l’afflosciarsi delle montagne di carta su cui si basa l’opulenza immaginaria degli ultraricchi del mondo, da Elon Musk a Jeff Besos a Larry Page o Sergey Brin, sino a Mark Zuckerberg, che rappresentano i picchi emergenti di una vasta platea di personaggi che godono dei vantaggi della sopravvalutazione di borsa delle mega aziende che posseggono.
Sarà uno scossone tale fa far dimenticare la bolla2delle dot-com del 2000 e la grande crisi del 2008, messe insieme. Menagramo? Non credo, provo solo a proiettare in avanti la situazione. Se si guarda alla storia dell’economia, è sempre stato così: crescite e crolli. La grande svolta, provo a dargli un nome, potrebbe corrispondere a una nuova fase di crescita della democrazia, anche accompagnata da una accresciuta capacità di governo dell’economia, la cui programmazione non può stare in mani private con lo strapotere degli oligopoli.
Concludo annotando che queste riflessioni sono state accelerate da una notizia3 letta da poco, rimbalzata tra numerose fonti: “Starlink aiuta le unità d’élite dell’Ucraina a colpire e distruggere i carri armati russi con i droni”. Un servizio commerciale direttamente in battaglia! Chi lo gestisce può anche decidere se venderlo a una parte oppure all’altra, o anche a entrambe. Per chi non lo sapesse, Starlink4 è un sistema di satelliti messi in orbita da Elon Musk per realizzare una rete di colleganti mondiale, secondo lo standard dell’internet.
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