Pier Giorgio Frassati, santo nella Torino degli anni Venti
Aggiornamento: 2 giorni fa
di Luca Rolandi

Sabato 29 marzo, alle ore 9.30 in Sala Colonne del Municipio di Torino un primo convegno storico promosso dal Centro Culturale Frassati in collaborazione le istituzioni cittadine e regionali farà un ulteriore passo di approfondimento e conoscenza sulla vita e l’opera di Pier Giorgio Frassati (1901-1925), figlio primogenito di Alfredo, fondatore e direttore del quotidiano La Stampa, beatificato nel 1990 da papa Giovanni Paolo II.
Era un ragazzo di buona famiglia, importante nella città dei tempi difficili dei primi anni Venti, Pier Giorgio Frassati. Un padre ingombrante Alfredo, deus ex machina del quotidiano La Stampa, ambasciatore e poi senatore, liberale, vicino a Giovanni Giolitti, neutralista allo scoppio della Grande Guerra, antifascista all'avvento di Mussolini. La madre Adelaide Ametis, artista e di nobile animo e provenienza, una sorella Luciana, che avrebbe speso la sua lunga esistenza per ricordare e promuovere la luce santa del volto del giovane fratello. Una vita breve, appena 24 anni, ma vissuta intensamente. “Vivere e non vivacchiare” una delle frasi che il giovane Pier Giorgio ripeteva agli amici dei tanti mondi che aveva vissuto, frequentato, animato con il coraggio e la vitalità di un giovane degli anni Venti. Un turbine di spiritualità e azione, contemplazione e studio, dinamismo e silenzio, ricerca dell’assoluto, verso l’Alto non solo fisico, l’amore per la montagna, ma verso Dio. Siamo nella Torino a cavallo degli anni Dieci e Venti del Novecento. La Prima Guerra mondiale, il Biennio rosso delle lotte operaie, la violenza come mezzo per conquistare il potere nell’ideologie massimaliste, anarchiche e nazionaliste, e poi l’avvento lugubre e ferreo del fascismo che preso il potere diventa dittatura nell’arco di pochi anni. Pier Giorgio Frassati vive tra Torino e l’estero Polonia e Germania, dove il padre è trasferito come ambasciatore, con le angosce e le speranze della gioventù: la carità della San Vincenzo, lo studio dai padri gesuiti, la conoscenza del mondo domenicano di cui diventerà terziario: tra san Tommaso, San Domenico e Il Savonarola.

Poi tanta montagna, festa, comunità, una gioiosa e insieme intensa vita sociale dalla Gioventù cattolica di AC, alla Fuci, ai primi scontri con le "spedizioni" fasciste a difesa della bandiera e della patria libera. La lettura e l’adesione al popolarismo sturziano, la diffusione del giornale cattolico Il Momento, la partecipazione alle conferenze internazionali di Pax Romana.
Italiano ed europeo, popolare e cristiano fino al midollo, ma senza integralismi futili. Le soffitte di Barriera di Milano e Porta Palazzo e le lussuose dimore della Crocetta. Frassati che muore per una poliomielite a 25 anni e tanto e di più per quello che è stato dopo, nei cento anni che lo hanno seguito. A uno sguardo superficiale – disse Giovanni Paolo II, il papa polacco che aveva conosciuto la fama di Frassati anche per aderenze famigliari in terra polacca della famiglia di Pollone, nell’omelia della Messa per la beatificazione - lo stile di Pier Giorgio Frassati, un giovane moderno pieno di vita, non presenta granché di straordinario. Ma proprio questa è l’originalità della sua virtù, che invita a riflettere e che spinge all’imitazione. In lui la fede e gli avvenimenti quotidiani si fondono armonicamente, tanto che l’adesione al Vangelo si traduce in attenzione amorosa ai poveri e ai bisognosi, in un crescendo continuo sino agli ultimi giorni della malattia che lo porterà alla morte.
Il gusto del bello e dell’arte, la passione per lo sport e per la montagna, l’attenzione ai problemi della società non gli impediscono il rapporto costante con l’Assoluto. Morì giovane, al termine di un’esistenza breve, ma straordinariamente ricca di frutti spirituali, avviandosi alla vera patria a cantare le lodi a Dio. Egli proclama, con il suo esempio, che è beata la vita condotta nello Spirito di Cristo, Spirito delle Beatitudini, e che soltanto colui che diventa uomo delle Beatitudini riesce a comunicare ai fratelli l’amore e la pace. Ripete che vale veramente la pena sacrificare tutto per servire il Signore. Testimonia che la santità è possibile per tutti e che solo la rivoluzione della carità può accendere nel cuore degli uomini la speranza di un futuro migliore”. Ora la canonizzazione a 100 anni dalla sua morte, ma la sua fama resiste e attraversa il mondo dalle Giornate mondiali della gioventù fino ai tanti movimenti e associazioni cattoliche che lo conoscono e ne esaltano le virtù. Un santo giovane, ordinario della porta accanto, ma soprattutto un giovane capace di andare verso l’Alto e controcorrente per dire che la strada era sulla terra per approdare in un tempo eterno.
Comments