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Per non dimenticare ieri come oggi: 12 dicembre 1969, strage di piazza Fontana

di Menandro|

In un tweet pubblicato (poi rimosso) sulla pagina ufficiale del Senato della Repubblica Italiana, si è affermato che la strage di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre 1969 non fu opera di personaggi legati al milieu fascista, come è emerso da indagini e processi, ma va fatta risalire agli anarchici, all’area su cui gli inquirenti indirizzarono l’inchiesta (con l’arresto di Pietro Valpreda) nelle ore immediatamente successive lo scoppio della bomba nel salone della Banca dell’Agricoltura, che provocò la morte di 13 persone e decine di feriti, quattro dei quali morirono nei giorni successivi.

Ciò che è accaduto è grave ed è l’ulteriore conferma del tentativo sempre più ostentato di manipolare la storia, di coniugarla ad interessi contingenti per spostare l’attenzione dell’opinione pubblica e distrarla dai veri obbiettivi, come quello – uno a caso, sia chiaro – di (ri)costruire una verginità plastificata a chi culla ambizioni istituzionali con pedigree giudiziari e stili di vita a dir poco discutibili per quelle stesse cariche istituzionali. Quanto è accaduto oggi, 12 dicembre 2021, a cinquantadue anni di distanza da quel luttuoso episodio, s’inquadra perfettamente nel doppio, triplo, quadruplo gioco che qualcuno si propone, oggi come ieri, per destabilizzare soprattutto moralmente il nostro Paese.

Ieri, in quel lontano passato, il protagonismo fu scandito dal timer delle bombe. Fu il primo anello di una lunga catena di episodi violenti e sanguinari compiuto da autentici criminali, professionisti del tritolo, che avrebbe preso il nome di “Strategia del terrore”. Un piano eversivo studiato per bloccare l’avanzata del movimento operaio e la compiuta realizzazione della democrazia in Italia. Una strategia favorita di più settori reazionari e retrivi della società italiana che avrebbero messo in moto anche alcuni tentativi di colpo di stato, che guardavano con desiderio di emulazione a ciò che avveniva in Europa: le dittature di Franco e Salazar in Spagna e Portogallo, il regime militare dei colonnelli greci ad Atene. Così l’8 dicembre del 1970, un rovesciamento dell’ordine democratico fu perseguito dal principe Junio Valerio Borghese, comandante della X Mas nella Repubblica di Salò; quattro anni, in questo ritorno di pulsioni autoritarie, s’inserì anche un ex ambasciatore ed eroe della Resistenza, Edgardo Sogno, in combutta con esponenti delle Forze armate e dall’onnipresente piduista Licio Gelli, sostenute da esponenti di un atlantismo esasperato e ossessionato dal comunismo da combattere con ogni mezzo fuorché legale. Nel mezzo, i bombaroli con la dolce vita riversavano il terrore su treni e auto, avvelenando la società italiana con il supplemento di intimidazioni, ferimenti e omicidi ad opera di militanti di organizzazioni che si richiamavano espressamente al fascismo e inneggiavano a Mussolini. Fu un imbarbarimento della vita sociale che fagocitò una generazione di giovani illusa e tradita da cattivi maestri, da illusionisti dell’ideologia fascista che avrebbero trascinato quei giovani o alla morte o trascorrere anni e anni in prigione. Identica allucinazione in cui caddero migliaia di giovani di sinistra. Oggi, il protagonismo è affidato ai palinsesti televisivi che scandiscono i talk show in cui irrompono opinionisti modaioli chiamati a innaffiare con il loro narcisismo l’ambizione del potente, smaccatamente indifferenti al fatto di dire spesso il contrario di quanto affermato il giorno precedente. Una farsa che si ripete come in una giostra e su cui ruotano falsità autentiche condite da divertenti spunti autobiografici spiattellati a garanzia di verità. Ma, oggi come ieri, in gioco per gli italiani c’è ancora una volta la libertà. E, se vogliano, la libertà nella dignità di affermare con fermezza chi è degno di rappresentare il nostro Paese e chi no. E per farlo, è necessario riprendere la sana abitudine di non dimenticare, di conservare la memoria, di non rimuovere la storia in nome di complici e facili accomodamenti o peggio opportunismi dettati dall’insana e tendenza a minimizzare, purtroppo onnipresente nel nostro Dna. E, soprattutto, non si cada nell’errore di credere che a noi non potrebbe mai accadere di rischiare di perdere la libertà o ritrovarsi nella situazione di doverla nuovamente difendere con la Resistenza. Se si è nel dubbio, si pensi a che cosa è avvenuto a Washington il 6 gennaio del 2021. Si riguardino le immagini delle orde all’attacco del Campidoglio, sospinti dalle farneticazioni di Donald Trump, ancora presidente degli Stati Uniti. Dall’Atlantico al Pacifico, anche gli americani credevano di essere al riparo dai colpi di Stato. Ieri, però, la Commissione del Congresso, in 38 pagine in Power Point, ha spiegato loro che non è più vero. E non è finita.

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