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Stefano Marengo

Pd, verso il congresso delle "mancanze"

di Stefano Marengo


Non sono in contraddizione l'ulteriore rafforzamento del partito dell'astensione e l'affermazione (e conseguente rafforzamento rispetto alle politiche del settembre scorso) della destra-centro nelle elezioni regionali in Lombardia e in Lazio. Nelle due regioni, in cui vive oltre il 25 per cento della popolazione italiana (oltre 15 milioni di abitanti), su una superficie che non supera il 15 per cento della superficie italiana (301mila chilometri quadrati), hanno partecipato al voto il 37,2 per cento dei laziali e il 41 per cento dei lombardi.

Altrettanto, non è in aperta contraddizione la "resa incondizionata" del Pd, al di là delle affermazioni del segretario uscente Enrico Letta, principale partito penalizzato dalla fuga dalle cabine elettorali, quanto dalla partecipazione al voto nei circoli per la chiusura della prima fase del suo congresso. Infatti, secondo i risultati parziali diffusi dal Nazareno, i pronostici sono stati rispettati: Stefano Bonaccini ottiene il consenso del 52,5% degli iscritti ed Elly Shlein si attesta al 35%, mentre significativamente distaccati sono Gianni Cuperlo, al 7,8%, e Paola De Micheli, al 4,6%.


Circoli e voto disertati

Se le prestazioni dei singoli candidati hanno seguito fedelmente le previsioni iniziali, ciò che è rilevante dal punto di vista politico è appunto la partecipazione al voto dei militanti dem, che ha di poco superato le 45mila unità. Anche tenendo conto dalla sua parzialità (mancano i dati relativi al 12 febbraio e quelli di diversi circoli del Lazio e della Lombardia che, impegnati nelle elezioni regionali, potranno votare fino a domenica 19), si tratta con ogni evidenza di un risultato piuttosto magro per un partito che sta compiendo un percorso “rifondativo” all’insegna dell’”apertura”.

A leggerlo in prospettiva storica, il dato sulla partecipazione al congresso non solo conferma, ma rende più acuta la crisi in cui da tempo si dibatte il Pd. Se al momento della sua costituzione il partito poteva contare su un bacino elettorale di 12 milioni di elettori e su 800mila iscritti, le cifre odierne sono impietose: alle elezioni del 25 settembre scorso i dem hanno di poco superato i 5 milioni di voti, mentre i tesserati, secondo quanto riferito dal Pd stesso lo scorso 1° febbraio, si sono ridotti ad appena 150mila.


La disillusione e il distacco dei militanti

In attesa di capire chi, tra Stefano Bonaccini e Elly Schlein, la spunterà alle primarie del prossimo 26 febbraio, i 45mila votanti di oggi ci restituiscono la fotografia di un partito che stenta a coinvolgere i suoi stessi militanti storici. A predominare è un sentimento di disillusione e distacco che ha radici profonde e al quale il congresso in corso non è in grado di dare risposta. Infatti, appena al di sotto della patina delle enunciazioni di principio, la realtà concreta ci parla di una classe dirigente che, nonostante le innumerevoli sconfitte di cui è stata artefice, appare unicamente interessata alla propria autoperpetuazione e indisponibile, al netto degli slogan, a una vera rottura rispetto al passato.

Questo congresso, più di quelli che lo hanno preceduto, sarà probabilmente ricordato per le sue mancanze. Mancanza di un’approfondita analisi critica della realtà (quali sono i limiti e le ingiustizie prodotte dall’attuale modello di sviluppo?); mancanza di una visione strutturata dei compiti del partito (quale modello di società si vuole perseguire?); mancanza, infine, di un pensiero e di un piano d’azione strategico (chi si intende rappresentare? E come?). In altre parole, il prossimo 27 febbraio il Partito democratico avrà senz’altro un nuovo segretario, ma i suoi problemi politici saranno ancora tutti sul tappeto, privi di risposta.

Viviamo in un mondo che, a livello nazionale come a livello globale, è in tumultuosa e profonda trasformazione. Avremmo bisogno di un partito progressista all’altezza delle sfide che il tempo ci impone. Il Partito democratico, tuttavia, sembra aver scelto ancora una volta di abbandonare il campo. Un po' come i suoi numerosi segretari, da Veltroni a Letta, la cui durata media non ha superato i due anni...












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