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La Porta di Vetro

Paolo Griseri non c'è più

Aggiornamento: 5 giorni fa


Editorialista de La Stampa, di cui è stato vicedirettore, Paolo Griseri è morto improvvisamente nella notte. Avrebbe compiuto 68 anni il prossimo 17 novembre. Lascia un figlio, Gabriele, e la moglie, Stefania.


Si fa fatica ad accettare la realtà. E si rimane increduli poi nello scoprire al mattino che qualcuno che conosci e che leggi da tempo, come nel caso di Paolo Griseri, non ci sia più. "Se ne vanno sempre i migliori", si è abituati a dire per sdrammatizzare o esorcizzare la morte, o più semplicemente per giocare con il fato, ma nel caso di Paolo Griseri è vero. Lui era diventato di anno in anno, di giorno in giorno, sempre più bravo nell'essere giornalista e nel fare giornalismo.

Una crescita continua. Erano gli anni Ottanta, prima metà di quel decennio che ha rappresentato uno spartiacque tra le speranze di cambiamento sociale e la progressiva involuzione di valori solidali e principi anche morali, quando Paolo Griseri appariva sul piccolo schermo di VideoUno, l'emittente televisiva di un circuito nazionale, emanazione del settore "Stampa e propaganda" del Partito comunista italiano, diretto da Mario Zanoletti.

In quel palazzo di via San Francesco da Paola 16, dove conviveva anche ciò che rimaneva dell'Unità torinese (Piergiorgio Betti, Michele Costa, Nino Ferrero, Claudio Mercandino, Michele Ruggiero e qualche altro collaboratore sopravvissuto alla chiusura delle redazioni locali) e Diego Novelli, non più sindaco di Torino, al quale era stato riservato un ufficio personale, VideoUno era diventata il simbolo di un giornalismo controcorrente, con un aperto desiderio di slegarsi dai vincoli della politica che l'aveva partorito e lo sosteneva.

In quella redazione televisiva, Paolo aveva costituito un "duo" di punta, grintoso e brioso nei servizi, con il collega Marco Gregoretti, che avrebbe trovato poi altre soddisfazioni professionali in prestigiose testate della carta stampata e televisive. Al governo di quell'emittente battagliera, vi era Enrico Buemi, destinato a diventare parlamentare dell'Ulivo e senatore nelle liste del Pd, morto nell'aprile scorso, mentre l'amministrazione era stata affidata (come quella del Pci torinese) a Primo Greganti, che nel '92 sarebbe stato per tutti il "Compagno G".

Oltrepassata quell'avventura ricca di entusiasmi, ma breve e complicata per gli affanni finanziarie in cui precipitava regolarmente il Pci, Paolo Griseri divenne un cronista puntiglioso e militante del Manifesto, che aveva avuto tra le sue prestigiose firme l'operaio, poi operatore sindacale Fim-Cisl Gianni Montani, la cui redazione torinese era affidata alla penna seria e brillante allo stesso tempo di un giornalista tra i più competenti di Torino, il marchigiano Loris Campetti.

Negli anni Novanta, Griseri fu assunto da Repubblica, inviato nella redazione torinese diretta da Salvatore Tropea, fino a completare il suo brillante percorso professionale nel 2020 a La Stampa, culminato durante la gestione di Massimo Giannini con la nomina a vicedirettore. Ti sia lieve la terra, Paolo.


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