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OMS: criticabile e da ripensare, ma se ne ha comunque bisogno

Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi

di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi

 

Per decenni l’OMS ha rappresentato il più alto livello d’integrazione sanitaria per lungo tempo, un’aurea d’incontestabilità che si è però incrinata, lasciando aperti alcuni problemi: dopo la pandemia, è ancor più indispensabile e cruciale un organismo internazionale che s’interessi dei problemi sanitari a livello globale. La fondamentale necessità di predisporre organismi in grado di gestire problemi complessi a livello internazionale presuppone che questi acquisiscano e mantengono una credibilità ineccepibile erga omnes. Gli organismi internazionali, Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) compresa, non si sono però sempre caratterizzati per comportamenti irreprensibili. Risultato che anziché affrontare la questione in termini concreti, cercando di migliorare l’esistente, si preferisce dividersi tra difensori degli organi internazionali a prescindere dagli errori che questi hanno compiuto e chi approfittando di questi ritengono opportuno chiuderli o non più finanziarli. 

Il primo riferimento va, naturalmente, agli Usa e al presidente Donald Trump,[1] che ha annunciato l'intenzione di far uscire il suo Paese dall'organizzazione alla scadenza dell'accordo, 22 gennaio 2026, salvo ventilare, come ha fatto di recente a Las Vegas, una possibile retromarcia a patto di ridurre i finanziamenti Usa all'Oms, che oggi sono pari al 18 per cento del totale.

Tuttavia, se proseguiranno i processi d’integrazione (ed è difficile ipotizzare il contrario, anche se non conosciamo le tempistiche del loro progredire) sarà ancor più indispensabile disporre di un’autorità e prima ancora di un laboratorio su cui convogliare le conoscenze che si andranno ad acquisire nel settore.

 

Raffica di critiche sulla gestione

La perdita di credibilità degli organi internazionali non riguarda solo la sanità, ma in questo settore il problema è ancora più acuto. Ignorare la questione per anni, ha indotto una riduzione della fiducia senza che si elaborassero valide alternative e oggi ci troviamo davanti a contrasti in apparenza insanabili da parte del maggior finanziatore dell’OMS. Sicuramente dei ritardi imbarazzanti e sospetti sul loro comportamento si sono concretizzati allo scoppio della pandemia del Covid, quando si è faticato a rilevare la presenza del virus in alcune aree della Cina, permettendo l’esplodere della virulenza senza adottare tempestive misure.

A ciò si aggiungono gli alti, e per alcuni versi sproporzionati, costi che hanno raggiunto alcuni enti internazionali in rapporto agli scarsi benefici prodotti, al punto di essere attaccati per aver generato apparati più costosi dei servizi erogati. Il che ha favorito, per esempio, la soluzione estrema di uscire dall'OMS, ma non di comprendere, e rimuovere, gli elementi di crisi.

In particolare sono state le critiche al protocollo dell’OMS, Zero Draft, a esacerbare la situazione: il documento proponeva sostanziali modifiche al Regolamento Sanitario Internazionale (RSI) con l’obiettivo di accrescere il ruolo dell’OMS nella gestione diretta delle emergenze sanitarie, senza però definirne oggettivamente i parametri, fino al punto di far pensare ad una violazione dell’art. 55 del testo dello stesso Regolamento Sanitario Internazionale quando recita “ogni proposta di emendamento dovrà essere comunicata a tutti gli Stati dal Direttore generale almeno quattro mesi prima dell’Assemblea della Salute in cui viene posto in discussione”. Il nuovo testo, reso disponibile il 17 aprile 2023, dopo quattordici mesi di negoziati a porte chiuse e poi proposto come “urgente” da approvare in assenza di consenso e di approfondita conoscenza.

Il nuovo documento prevede l’istituzione di costosi organi proposti da chi poi non avrebbe dovuto sopportarne i costi, anzi la sostenibilità finanziaria veniva rinviata al “futuro”, così come dubbio era il coinvolgimento di molteplici soggetti privati e ONG (sempre più determinanti nel sostentamento) interessati alla produzione e alla distribuzione di prodotti.

 

Una nuova governance

Se gli attuali organismi internazionali non soddisfano più le esigenze attuali, ciò non esclude che si debbano riprogettare enti in grado di gestire un settore complicato condizionato da un’infinità di situazioni contingenti non facili da governare. Del resto, i programmi dell’OMS sono ancora distanti da gestire al meglio le situazioni complesse che, in alcun limitati casi, aprono sospetti non solo sull’utilizzo delle risorse (con sprechi e duplicazioni, finanche all’accusa di essere complici in aiuti ai terroristi), ma anche sulla possibilità d’indirizzare ricerche e risultati. Si tratta di accuse che ne inficiano la credibilità e che andranno dimostrate, ma il vero problema è la creazione di un super-potere a destare perplessità da parte di molti, specie sulla possibilità d’imporre trattamenti medici contro la volontà dei singoli individui o degli Stati.

L’OMS aveva ottenuto ottimi risultati nell’eradicare la poliomielite e nell’affrontare tante altre emergenze sanitarie, ma nonostante ciò, già agli inizi degli anni Novanta, gli Stati membri decisero di ridurre i contributi, lasciando a soggetti privati come La Fondazione Bill & Melinda Gates l’onere di finanziare l’organizzazione (primo finanziatore gli USA 900 milioni di dollari, la Fondazione Gates seconda, con 531 milioni di dollari e poi la Cina).

Al di là delle inevitabili preoccupazioni, nel ritornare in chiusura a Donald Trump, non ci resta che sperare che la sua mossa estrema induca ad uscire dai vecchi meccanismi per tornare a ragionare su come, a livello mondiale, occorra darsi delle regole nel settore della tutela della salute, valide e sostenibili allontanando ogni sospetto di malversazione. Si potrà anche cambiare il nome all'Oms, ma di un ente sovranazionale che s’interessi di sanità in forme efficienti e credibili vi è un disperato bisogno e a questo bisogna mirare.


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