top of page
Mercedes Bresso

Ombre (tante) e luci (poche) nel ritorno al dibattito sul nucleare

di Mercedes Bresso


A volte ritornano... L’ultimo in ordine di tempo a rilanciare la ripresa del nucleare in Italia è stato di recente Bruno Vespa, sere fa, nel suo salotto di Porta a Porta. Certo, Vespa non pare proprio un esperto della materia, comunque non alla portata di tutti, per onestà. Tuttavia, forse per accreditarsi un ruolo, ha ricordato di aver votato a favore del nucleare al referendum del 1987. Per poi rivolgere alla platea del piccolo schermo, con guizzo un po' luciferino, una sorta di rimprovero su perché nel nostro Paese si pagano bollette salate per i consumi di energia, a differenza di altri paesi europei... Ora, fermo restando che sono in molti a parlare di ritorno al nucleare, spesso senza sapere bene di che cosa si tratti, vale quindi la pena di provare a riassumere la situazione, a partire da quando, dopo l’incidente della centrale di Chernobyl, all'epoca in Unione Sovietica, l’Italia abbandonò tutti i progetti di siti nucleari a seguito di un referendum e chiuse l’unico che in quel momento era in funzione a Caorso, in provincia di Piacenza.

In quegli anni, in Piemonte avevamo una piccola centrale chiusa a Trino Vercellese che dai primi anni ‘80 è in smantellamento, operazione ben lungi dall’essere finita, il che va ricordato, quando si parla di costi. Ma avevamo anche in corso di progettazione una nuova centrale, sempre a Trino.

In quel periodo insegnavo al Politecnico e mi ero specializzata in "Valutazioni di impatto ambientale" e fui quindi coinvolta nello studio che, per conto della Regione realizzammo con docenti di tutte le facoltà scientifiche, che doveva valutare il progetto dell’Enel e scegliere la localizzazione più adatta fra Trino e un’altra possibile in provincia di Alessandria, sempre sul Po, in un posto chiamato Alluvioni Cambiò.

Il lavoro imponente che facemmo non era finalizzato a decidere se costruire o no la centrale, ma doveva indicare la localizzazione migliore. Che decidemmo fosse Trino (l’altra opzione era una zona esondabile, come indica anche il nome.) C’erano tuttavia gravi controindicazioni anche per Trino, perché il Po in quell’area è soggetto a siccità sempre più frequenti, allora in inverno, oggi anche d’estate. Per garantire quindi l’acqua necessaria al raffreddamento dell’impianto occorreva conservare importanti riserve nei bacini della Valle d’Aosta, con il rischio che l’acqua rilasciata fosse prelevata dagli agricoltori e non arrivasse alla centrale.

Alla fine fu scelto comunque il sito di Trino, che fu abbandonato solo dopo l’incidente di Chernobyl, quando con il sopra ricordato referendum l’Italia rinunciò al nucleare.

Sarcofago costruito sul reattore della centrale nucleare di Černobyl' per evitare che si disperdano ulteriori radiazioni
@Tim Porter - Sarcofago costruito sul reattore della centrale nucleare di Černobyl' per evitare che si disperdano ulteriori radiazioni, in Wikipedia

Sulla base degli studi fatti allora e della dinamica dell’incidente in Ucraina mi sento di fare due osservazioni. In primo luogo, una localizzazione nella pianura padana, piuttosto all’inizio, presenta un rischio enorme in caso di incidente perché inquinerebbe il Po e tutta la pianura a valle per un tempo lunghissimo, oltre al gravissimo  inquinamento atmosferico in un’area a bassa circolazione dell’aria. Chi ha dei dubbi vada a controllare l’estensione spaziale e temporale dell’incidente di Chernobyl (ad oggi stanno ancora gettando cemento sulla parte più radioattiva della centrale per evitarne la dispersione.). Se proprio si volesse costruire una centrale nucleare sarebbe meglio evitare di metterla in mezzo all’area più fertile e più sviluppata del paese, anche se non è facile trovare un’area adatta, non sismica, in riva al mare ma in zona non di pregio e poco popolata. Senza contare che comunque ci sarebbe una fortissima opposizione della popolazione (si ricordi che cosa è successo per dei semplici rigassificatori).

In secondo luogo, se è vero che l’energia delle centrali nucleari già costruite costa di meno di quella prodotta con i combustibili fossili, ciò è meno vero per quella fornita dalle rinnovabili, i cui costi sono in continua diminuzione. Inoltre viene sempre trascurato l’enorme costo per lo smantellamento di una centrale nucleare dismessa. Ad oggi si calcola che sia almeno il due/tre volte il costo per costruirla, anche se nessuno è ancora riuscito veramente a completare uno smantellamento. Per questa ragione le centrali in funzione sono sempre più vecchie (e pericolose), perché nessuno ha il coraggio di affrontarne la dismissione. In sostanza per spendere di meno oggi vengono spostati costi e pericoli verso il futuro, non diversamente da tante altre attività inquinanti. Con la differenza che nessuna altra tecnologia produce rischi così estesi nel tempo e nello spazio.

E’ evidente che chi le centrali nucleari ormai le ha costruite, continuerà ad usarle, e sperare che durino più a lungo della vita prevista e a ricostruirne di fianco alle vecchie per ammortizzare i costi della dismissione, ma è sensato ricominciare a costruirne adesso, in un momento di forte sviluppo delle rinnovabili con relativa riduzione dei costi e, forse, di nuove e migliori opportunità offerte dalla fusione nucleare, che almeno non produce rifiuti, ad oggi impossibili da stoccare in via definitiva?

Mi è recentemente capitato di discutere del nucleare a Bruxelles con rappresentanti dell’Enel e dell’Eni oltre che del mondo industriale italiano dei settori energivori, che quindi soffrono particolarmente del costo troppo elevato dell’energia nel nostro paese (che peraltro deriva anche da accise più alte che negli altri). Sia l’Enel che l’Eni calcolano in almeno vent’anni i tempi per poter costruire una nuova centrale, sempre che le opposizioni siano modeste. Ma per allora è  molto probabile che ci saranno soluzioni migliori con le rinnovabili; ad esempio siamo lontani dall’avere sfruttato appieno il potenziale della geotermia.

Dunque, mi pare poco sensato tornare indietro, invece di guardare avanti. La tesi che si fa strada è piuttosto quella di puntare, almeno in questa fase, sulle piccole centrali nucleari di nuova generazione che avrebbero il pregio di spegnersi da sole in caso di guasto o incidente. Inoltre, essendo piccole potrebbero essere collocate all’interno degli stabilimenti, incontrare meno opposizione  e fornire  energia autonoma e a costo contenuto per le imprese che soffrono di più per i differenziali di costo. Ovviamente occorre verificare che la sicurezza di questi impianti sia effettivamente tale, ma può valere la pena di farlo. Potrebbero rappresentare una buona soluzione per gestire la transizione, sempre dopo avere valutato attentamente i rischi e i futuri costi di dismissione.

19 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


L'associazione

Montagne

Approfondisci la 

nostra storia

#laportadivetro

Posts Archive

ISCRIVITI
ALLA
NEWSLETTER

Thanks for submitting!

bottom of page