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Oggi e ieri, i "bau, bau, bau" di Augusta Montaruli

La Porta di Vetro

Aggiornamento: 4 giorni fa


Augusta Montaruli ‘abbaia’ in diretta tv, è il titolo che circola sui social a proposito di un esilarante episodio raccontato da La Presse, che ha visto protagonista la parlamentare di Fratelli d'Italia, già consigliera regionale del Piemonte, ospite a Tagadà, il salotto politico pomeridiano in onda su La7 condotto da Tiziana Panella.

L'antefatto. In un acceso confronto con Marco Furfaro, parlamentare dell'opposizione del Pd, la deputata Augusta (un nome, un destino) Montaruli, supponiamo esasperata dall'incalzare del suo contradditore su "effetti collaterali" della sua carriera politica non pertinenti alla discussione, ha unilateralmente sospeso il confronto con un ridondante "bau, bau, bau". Che ricordiamo essere un simpatico e famigliare suono onomatopeico, che nella circostanza però ha finito per mortificare più di ogni altra cosa l'amore che riserva all'uomo il suo più fedele amico, prima ancora di mortificare chi crede nel dialogo politico e, soprattutto, i tanti cui è sembrato di ritrovarsi in un canile, mentre erano convinti di assistere a un programma televisivo. Che, probabilmente, immaginiamo, aveva preso una deriva intellettuale e cognitiva non rispondente agli standard di Augusta Montaruli cui premeva, altrettanto evidentemente, riportare nell'esclusivo interesse dei telespettatori il linguaggio su un piano più comprensibile, diretto, immediato e non mediato dai ragionamenti, a volte ellittici, che tendenzialmente ispirano le persone normali, in particolare quelle votate a migliorarsi all'ascolto.


Ai tempi di "Rimborsopoli"

La stessa reazione, è lecito domandarsi ora, se Augusta Montaruli l'avesse avuta anche anni fa dinanzi ai magistrati che l'interrogavano su una vicenda giudiziaria che i media classificarono d'istinto "Rimborsopoli". Si trattava, qualcuno ancora la ricorderà nella selva di scandali vecchi e nuovi che imperversano in Italia, di storia non edificante di rimborsi molto arbitrari con soldi pubblici gestiti da Gruppi consiliari, nella cui rete di una mutandina, rigorosamente colore verde, era caduto anche l'allora presidente della Regione, il leghista Roberto Cota. Da quei verbali, la maggioranza di centro destra, che aveva vinto le elezioni del 2010 sul centro sinistra guidato dalla uscente Mercedes Bresso, ne uscì schiacciata nell'immagine e travolta dal giudizio etico e morale dell'opinione pubblica. Non abbastanza, tuttavia, per spingere nel limbo tutti i suoi condannati...

A farne le spese, letteralmente oscurato, fu Roberto Cota, che sembrava destinato a una infermabile ascesa. Ma non fu Rimborsopoli, contrariamente alla vulgata corrente, la ragione che lo costrinse alle dimissioni anticipate all'inizio del 2014. Al contrario, le sue sorti furono decise dalla sentenza del Consiglio di Stato e dalla successiva del Tar Piemonte, epilogo del ricorso presentato da una ostinata Mercedes Bresso contro le liste farlocche che si erano rivelate fondamentali per assicurare la vittoria al centro destra. Nel segno del peggio del peggio per chiudere il cerchio giudiziario penale e amministrativo.

I faldoni giudiziari di Rimborsopoli sono andati all'archivio nel febbraio del 2023 con l'ultima sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato le condanne decise dalla Corte d'appello di Torino a dicembre del 2021. Cota è stato condannato in via definitiva a un anno e 7 mesi. Un mese in più di quanto ha ricevuto Augusta Montaruli, condannata per peculato (25mila euro di spese non funzionali all'attività istituzionale), che evidentemente o non ha voluto o non ha potuto abbaiare abbastanza.




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