Non girarsi dall'altra parte per uccidere e girarsi dall'altra parte per non salvare
Aggiornamento: 27 feb 2023
di Menandro
Da ieri si piangono quei poveri corpi di migranti che continuano a riempiere quell'enorme fossa d'acqua cimiteriale che è diventato il Mar Mediterraneo, il mare nostrum, il mare per primo imparato e amato sui libri di scuola. Sappiamo come è andata. Il tam tam dell'informazione ha rullato ininterrottamente fin dai primi avvisi del dramma. L'ennesimo. Nell'urto della chiglia contro una secca lungo la costa di Crotone, un barcone lungo almeno 20 metri si è spezzato, disintegrato, mentre le onde urlavano tempesta e trascinavano nei gorghi di schiuma matrigna decine di disperati. Se vi fosse stato un libro di bordo, si sarebbero letti i nomi di 180 esseri umani, un terzo dei quali è annegato. Tra questi, 13 bambini e 33 donne. I sopravvissuti sono 79. Niente libro di bordo, rimane la contabilità da morgue.
I migranti, partiti dalla Turchia, arrivavano da paesi devastati dalla fame, disastri naturali, conflitti, guerre civili, da Iran, Iraq, Afghanistan, Pakistan e Siria. Persone per le quali la disperazione ha di gran lunga superato l'asticella del timore della morte perché nei paesi da cui fuggono la morte sembra loro già una certezza. Per questo gli adulti accettano il rischio anche in nome dei figli. Anche se sanno che saranno i loro figli ad avere meno chance di salvezza nel caso di incidente in mare. I primi ad essere sacrificati. Come nelle guerre, in cui a morire sono i giovani, giovani soldati.
Non girarsi dalla parte! Per questi migranti quel grido, che dal 24 febbraio 2022 sentiamo crescere per difendere l'Ucraina, a quanto pare non vale. Forse non rende. Eppure, della condizione dei migranti ha parte rilevante di responsabilità l'Unione Europea. Responsabilità politiche e mancate assunzioni di responsabilità, se proviamo ripulso per l'ipocrisia. Bruxelles ha scelto dal 2016 di costruire una "enorme riserva indiana" in Turchia e di lasciare - in cambio di vagonate di euro - al signor Erdogan la gestione a propria discrezione. E, se possibile, senza fare rumore, in silenzio, per non turbare l'opinione pubblica europea da immagini crudeli.
Poi accadono le tragedie di Crotone, il naufragio di un'imbarcazione con a bordo centinaia di esseri umani, disumanamente trattati dagli scafisti e dalle organizzazione criminali che muovono i fili degli sbarchi, che si comprano un tanto di libbra umana trasportata come moderni Shylock della tragedia shakespeariana. E allora si scopre che c'è qualcosa che stride tra non girarsi dall'altra parte per l'Ucraina, gettando in quella immensa fornace, che è la guerra a qualunque latitudine, miliardi di euro per forniture di armi, accompagnati da parole d'ordine che evocano soltanto carneficine e lutti. Singolare asimmetria.
E allora, ci si chiede, dov'è la querula presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, sempre sorridente indipendentemente da chi incontra e da che cosa tratta? Perché non incita gli europei a non girarsi dall'altra parte anche per gli ultimi della Terra che hanno scelto di scappare dalle armi e non di usarle? I migranti non hanno peso. Non contano. E possibilmente devono essere invisibili. Ma visibili lo sono con le loro facce schiacciate sulla sabbia, il tempo sufficiente di un'istantanea per la prima pagina e per il titolo di un telegiornale, prima che li copra un velo pietoso.
I migranti disturbano e quindi ci si può girare dall'altra parte. E poi, non sono eroi che fanno lievitare l'audience, eroi da abbracciare e consumare in qualunque momento, perché tanto non c'è giornata in cui non salgano sul pulpito per chiedere sistemi d'arma, panzer, aerei, e presto, più presto di quanto si possa credere, se la tensione non demorde, armi nucleari tattiche per fermare e contrattaccare la Russia perché Occidente e Stati Uniti hanno stabilito che quel Paese deve implodere e trascinare nella crisi anche la Cina, al di là degli effetti collaterali per l'Europa, di cui i vertici di Bruxelles dovrebbero invece preoccuparsi.
In una recente intervista al Riformista, l'ex ambasciatore Sergio Romano ha dichiarato con la sua abituale signorile leggerezza d'analisi, scevra da vena politica: "non mi sorprende che gli Stati Uniti continuino a considerare la Russia un rischio, un pericolo, un Paese che potrebbe a certo punto ridiventare un rivale importante. C’è una parte della società politica americana che ragiona ancora come se il rischio russo potrebbe esserci ancora. È quella parte degli Stati Uniti che vorrebbe che l’America avesse ruolo ancora più elettivo di quanto già non abbia".[1]
Un calcolo che sconta però l'elemento demografico, perché la demografia e l'estensione territoriale sono ancora importanti. Anche se la geografia non è più materia scolastica, dovremmo sempre riflettere se un miliardo e mezzo di cinesi e 150 milioni di russi su complessivi 20 milioni di chilometri quadri non avrebbero un peso concreto, fisico, nello svolgimento e nei destini di una guerra. Un dettaglio? Da antico greco che ha visto le sue città unite battere l'immenso impero persiano sarei propenso a dire di sì. Ma sono passati millenni da quando erano soltanto il cuore e il braccio a contare nelle battaglie. Oggi non ne sono più così sicuro. Certo, noi greci eravamo stati aggrediti, ma non avevamo la prepotenza di invadere a nostra volta e di umiliare il nemico. A parte la guerra di Troia. Ma quella è stata davvero un'altra storia, soprattutto per Ulisse alla ricerca di Itaca.
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