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Maria Grazia Cavallo

“Non andrò al mare, i referendum sale della democrazia”

Aggiornamento: 5 nov 2022

di Maria Grazia Cavallo

Si può legittimamente scegliere di non andare a votare. Le regole, infatti, prevedono anche l’astensione. Questa – se ragionata e consapevole – ha dignità di scelta “politica” e, come tale, merita di essere rispettata e interpretata. Sarebbe però stigmatizzabile l’astensione per indifferenza alle problematiche proposte dai cinque quesiti. Criticità che – sia ben chiaro – non si risolverebbero nelle cinque risposte (sul punto, personalmente professo un sano benaltrismo). Ancor più deprecabile sarebbe l’astensione per una sorta (diciamola così, rozzamente) di “pigrizia mentale” che si accomodasse sulla eccessiva tecnicità dei quesiti. Non c’è “latinorum” – sia nella formulazione delle domande, sia anche e soprattutto nella scarsità e nella bassa “qualità” dell’informazione fornita dai media – che non possa essere superato dalla volontà di esercitare sempre i propri diritti e di manifestare le proprie idee quando è data una occasione in più per esprimersi. Questa sarebbe l’occasione, comunque la si pensi. Ma è diffusa la convinzione che i problemi “della giustizia” debbano riguardare soltanto chi ha problemi “con la giustizia” e gli “addetti ai lavori”. I “benpensanti” e coloro che si ritengono “benpraticanti” (forse perché mai attinti da qualche vicenda giudiziaria come imputati o vittime o quali familiari degli uni o delle altre) sembrano “chiamarsi fuori” rispetto all’opportunità di esprimersi andando a votare. Perché, ad esempio, sembrano disinteressarsi dell’uso o dell’abuso della carcerazione? Uso la parola cruda, che corrisponde alla realtà, piuttosto che l’eufemismo usato dal codice. Mi riferisco a cittadini, ma anche a rappresentanti politici. Eppure quante volte li abbiamo visti scatenarsi in estemporanei moti di indignazione su tali argomenti? Schierati – talvolta anche in maniera ondivaga – fra chi sempre stigmatizza la violenza non perseguita dallo Stato lassista e chi, al contrario, ravvisa sempre violenza intrinseca alla stessa istituzione giudiziaria. Fra chi protesta per la scarsa protezione delle vittime e chi sta sempre (a prescindere dalla conoscenza dei fatti e dalle risultanze delle inchieste) dalla parte di certi imputati, perché “vittime” di persecuzioni giudiziarie. Li abbiamo sentiti ironizzare su quanto sia più facile uscire dal carcere che entrarvi; ed anche schierarsi sostenendo la tesi opposta. Opinionisti da divano, certamente “esterni” rispetto a devianze altrui, avidi fruitori della spettacolarizzazione – alacremente alimentata dai media – di drammatiche vicende giudiziarie. Ebbene, è il momento: vadano a votare. Non si sentano indifferenti, proprio adesso. Esprimano, cittadini consapevoli, la loro idea di giustizia, quale essa sia. Non sprechino l’occasione. Vale anche per la giustizia ciò che nel mitico Sessantotto si diceva della politica “Se non ti interessi di politica, prima o poi la politica si interesserà di te”.



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